Dark nights

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CAPITOLO 11: DARK NIGHTS

In the blink of an eye
I can see through your eyes
As I'm lying awake I'm still hearing the cries
And it hurts
Hurts me so bad

And I'm wondering why I still fight in this life
Cause I've lost all my faith in this damn bitter strife
And it's sad
It's so damn sad

Oh I wish it was over,
And I wish you were here
Still I'm hoping that somehow

In un battito di ciglia
Posso vedere attraverso i tuoi occhi
Mentre giaccio sveglia
Sentendo ancora le grida
E fa male
Fa così male

E mi chiedo perché
In questa vita combatto ancora
Perché ho perso tutta la fiducia
In questo maledetto amaro conflitto
Ed è triste
È così dannatamente triste

Oh vorrei che fosse finita,
E vorrei che fossi qui
In qualche modo lo spero ancora


Tre giorni.

Erano trascorsi tre giorni, durante i quali Clarke era rimasta chiusa in camera sua, studiando e ristudiando tutti quei maledetti documenti.

Più volte sua madre le aveva chiesto se stesse bene, ma lei l'aveva sempre liquidata dicendo che si stava preparando per l'esame di ammissione o che in quel momento non poteva scendere per il pranzo o per la cena. Non mangiava da tre giorni, non dormiva da tre giorni. Non riusciva a pensare ad altro da tre giorni. Non capiva.

Quando quella mattina era tornata a casa, ignara di tutto, e la scatola era caduta da sopra il mobile nello studio di suo padre, la ragazza era rimasta basita dal contenuto.

Test scientifici, forse esperimenti, ad ogni modo nulla che avesse mai visto in sei anni di medicina ad Harvard.

Quei dati erano troppo controversi, troppo assurdi, semplicemente... troppo. Aveva persino consultato tutti i testi accademici che potessero essere correlati a quei documenti, ma non aveva trovato nulla che potesse esserle d'aiuto. Si trovava davanti ad una situazione che non comprendeva e non le era mai capitato prima di allora.

Questo la innervosiva.

Sapeva che, in qualche modo, tutta quella roba aveva a che fare con suo padre, ma non riusciva a spiegarsi come.

La testa le scoppiava, sapeva di essere pallida e di avere delle occhiaie e un aspetto orribili, d'altra parte... appunto, non mangiava da tre giorni.

Si prese il volto tra le mani e rimase immobile, in quella posizione, alla tenue luce azzurrina della lampada a cera posata sulla sua scrivania.

Era stanca... era così stanca. Ed era tutto così triste, lei era triste. Voleva semplicemente che finisse. Perché, semplicemente, combatteva ancora? A quale scopo? Suo padre ormai non c'era più e non sarebbe tornato.

Fuori era buio, doveva essere tardi. Negli ultimi giorni ormai aveva confuso la notte con il giorno, non si rendeva più conto di che ora fosse, non si rendeva conto della fame, della sete o della stanchezza.

Guardò l'orologio, era quasi mezzanotte.

Dopo qualche minuto si alzò dalla sedia, ripose tutti i documenti nella scatola in cui li aveva trovati e li infilò sotto il suo letto, dove era certa che sua madre non li avrebbe trovati.

Yeti le gironzolò intorno ai piedi, aveva capito che ultimamente qualcosa in lei non andava, così continuava a tenerla d'occhio con aria attenta. Aveva sempre pensato che quel gatto fosse estremamente intelligente, nonostante spesso e volentieri alquanto permaloso.

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