Alea iacta est ~ Parte prima

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"Take a breath, take it deep
Calm yourself, he says to me"


Il vicolo era angusto e stretto. Tra i palazzi c'era a stento un metro, e dalle finestre di quello di destra si poteva sbirciare in quello di sinistra. Insomma, la parola privacy lì non esisteva.

— Dio, come si fa a vivere così? — sussurrò Mattia, incredulo. — Nemmeno fossimo nel dopoguerra.

— Già — concordai. — Sembra tutto meno che la residenza di un clan di lupi mannari camorristi.

— Non ti fermare alle apparenze — mi avvertì lui. — A Secondigliano tempo fa sequestrarono la villa di un boss. Esternamente era una topaia, ma dentro faceva invidia alla Reggia di Versailles.

— Voglio crederti — replicai scoraggiata. — Non vorrei essere venuta qui inutilmente.

Mattia esitò un attimo, poi mi passò il braccio attorno alle spalle e mi strinse teneramente. — Ehi, andrà tutto a meraviglia.

— Non dovrei essere io quella preoccupata — osservai. — Tu piuttosto come stai?

— Abbastanza bene — gracchiò grattandosi la nuca. — Il pugnale d'argento è a portata di mano?

— Sì, tranquillo — lo rassicurai tirandogli scherzosamente un pugno alla mascella. — Andiamo, dai.

Tracciai una runa d'Apertura sulla serratura di un portone di legno che si aprì cigolando. Entrai per prima e Mattia mi seguì trepidante.

Ci trovammo in un ampio atrio adibito a casinò: lungo le pareti c'erano file e file di slot machine, di fronte alle quali diversi tavoli da poker e da biliardo davano bella mostra di sé. Proprio al centro della stanza era stata scavata una grossa piscina piastrellata in ceramica verde e blu, ai cui angoli svettavano delle fontane in stile romano raffiguranti uomini lupo che versavano l'acqua dalle fauci.

Ogni cosa era stata lucidata alla perfezione; non c'era nemmeno un granello di polvere.

— Ed ecco dove vanno a finire i nostri soldi — sospirò Mattia. — Che vergogna.

Feci per replicare, ma un rumore pericolosamente vicino mi mise in allarme. D'istinto avvicinai la mano alla tasca dei pantaloncini dove avevo infilato il pugnale.

Tre tizi sbucarono da una porta nascosta nel muro. Quello al centro era chiaramente di parecchi gradini della scala sociale più in alto degli altri due, che invece parevano essere lì controvoglia.

Gli scagnozzi vestivano di nero: camicia e pantalone di fattura sartoriale dall'aria molto costosa, ma un po' stropicciati e consumati.

Al contrario il boss era decisamente più colorato, e al suo confronto avrebbe fatto impallidire persino zio Magnus e Chrysta. Lo smoking crema era abbinato a una camicia a fantasie geometriche rosse e arancioni; nel taschino della giacca c'era un fazzolettino di seta che richiamava i colori dei calzini marroni a pois rossi. Al collo aveva l'immancabile croce d'oro, gigantesca e a dir poco pacchiana, e al polso un orologio Cartier da almeno trentamila euro. Come tutti i capiclan che si rispettino era grasso e pelato, e sulla testa calva spiccava un paio di Ray Ban modello classico.

— Shadowhunter — esclamò con un ghigno sprezzante nella mia direzione. — Avevo sentito che in città erano arrivati dei Nephilim. Di dove siete? Inghilterra? Stati Uniti?

— Idris — chiarii. — Alicante. E veniamo in pace.

— Ragazzina, hai fatto irruzione nella nostra dimora, non credo proprio. — Il boss gonfiò il petto, ed ebbi seriamente paura che l'unico bottone superstite potesse abbandonarlo. — E per di più portando con te un ostaggio.

Shadowhunters ~ Seeing the FutureDove le storie prendono vita. Scoprilo ora