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Dicembre 2017
Sto leggendo un libro distesa sul letto quando sento la porta della mia stanza aprirsi, producendo un rumore fastidioso e orribile.
"Johnson, sei richiesta giù" dice la figlia della signora Turner, la direttrice bastarda di questo schifo di posto.
"Che cavolo volete ancora?" Le domando scocciata per aver interrotto il mio stato di 'concentrazione e immersione' nella storia

"E io cosa ne so...c'è una donna che chiede di te. Muovi il sedere e scendi giù, accidenti" replica alterata Mary e io, sbuffando mi alzo dal letto. Quando arrivo al piano di sotto una donna bionda che sembra quasi una ragazza mi si fionda addosso e comincia a piangere
"Tea, ti ho trovata" sussurra mentre mi stringe a sè. Mi allontano, confusa e non sapendo bene come reagire a quella strana dimostrazione d'affetto
"Sono tua zia Charlotte, la sorella di tua madre" mi dice sorridendo e accarezzandomi il volto.
A sentire la parola "madre" mi allontano, correndo su per le scale. Mi chiudo a chiave in camera e comincio a piangere a diritto, mentre la mia mente è incasinata e confusa.
Che diavolo vuole quella tipa? Dove vuole portami? Ormai questa merda è diventata la mia casa e nonostante l''enorme quantità di schifo che ci sia qui mi risulterebbe abbandonare il collegio.
"Voglio che esci da questa stanza, Tea" dice quella donna bionda, cercando di aprire la porta
"Vai via, io non ti conosco!" Urlo, cominciando a lanciare a terra i cuscini dal letto
"Tea, apri la porta e lasciami parlare un attimo. Ti prego..."
Intimorita giro lentamente la porta e lei si fionda subito dentro. Con calma, perbacco.
"Ciao, intanto" mi dice sorridendo. Accidenti, è davvero bella nonostante credo abbia più di trent'anni.
La guardo senza esprimere alcuna espressione, aspettando che parli.
"Se vieni con me, ti racconto tutto. Tea, per favore, vieni con me"
"Pensi davvero che io possa fidarmi di te? Non ti conosco nemmeno!" Esclamo sconvolta.
"Cerca di capire...sai quanto ho faticato per trovarti, Tea? Dal giorno della tua sparizione da New York fino a ieri sera, in cui finalmente ho scoperto dov'eri. Ho prenotato il primo volo per ritrovarti, dopo 16 anni" mi dice, mentre una lacrima le scorre sul viso "Sono sicura che tua madre sarebbe contenta di saperti viva"
"E perché mi ha abbandonato? Non aveva un motivo valido" rispondo. È la prima volta che parlo con qualcuno di mia mamma.
"Ti racconterò tutto, ti chiedo solo di venire con me" ribatte, quasi esasperata.
Mi alzo dal letto
"Mi arrangio a fare la valigia" replico e lei annuendo esce dalla stanza. So che sta nascondendo un sorriso. Ho le mani che tremano mentre metto dentro al borsone blu i pochi vestiti che ha riciclato da sua figlia ormai grande la signora Turner. Ad un certo punto, quando penso di aver messo tutto, mi accorgo che il mio peluche preferito è rimasto sopra il letto. Lo infilo velocemente nella borsa ed esco dalla stanza.
La zia Charlotte mi aspetta nel grande salone del collegio con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia
"Beh, cara Tea, è stato bello averti qui e crescerti come una figlia. Guarda che magnifica ragazza stai diventato" dice commossa la signora Turner. Solo ieri mi ha dato della "fannullona" perché mi ero rifiutata di andare a pulire lo scantinato, dopo mesi che facevo sempre la stessa cosa.
I bambini del collegio sono tutti in camicia da notte e mi guardano con occhi tristi, chiedendosi probabilmente che ne sarà di me. I ragazzi invece hanno un'espressione infastidita e fossi io al loro posto sarei uguale. So che non è facile vedere una ragazza che viene portata via da sua zia mentre loro resteranno lì, con chissà quale futuro davanti
"È ora di andare, Tea" dice la zia e insieme ci avviamo fuori da quel lugubre collegio del South Dakota. Salgo nella gigantesca macchina di zia Charlotte e poco dopo entra anche lei
"Riposati pure" mi passa un plaid rosso e io abbasso un po' il sedile del passeggero.
"Mi racconterai tutto l'indomani, quando arriveremo" mi dice zia Charlotte
"Ma non prendiamo l'aereo?" Le chiedo
"Si, ma sarà un viaggio lungo fino all'areoporto".
Chiudo gli occhi, cercando di immaginare quello che mi aspetta. È stato strano andarmene dal collegio della signora Turner e nonostante non mi sia mai affezionata così tanto non so quanto bene riuscirò ad ambientarmi in un altro posto, tantomeno se si tratta di New York.

Il viaggio in aereo non dura molto e nel giro di tre ore sono a New York. Sopra di me scorre l'ernome città e nonostante siano le due di notte sembra che sia giorno. Le luci dei grattacieli illuminano anche il cielo e il frastuono è a livelli estremi
"Ti ci abituerai" sussurra la zia, seduta nel taxi accanto a me.
"Ma scusa la domanda, la macchina dove l'hai lasciata?" Le chiedo, sperando di cambiare discorso. È ben diversa la cosa, non so se voglio ambientarmi.
"Oh era una macchina a noleggio" ridacchia lei. Sorrido anche io, ma dentro di me sento un grande vuoto.

L'arrivo nella casa di New York è a dir poco spiazzante. Pensavo di trovarmi davanti un appartamento monolocale non di certo una gigantesca villa ultra moderna, con tanto di piscina e Spa.
Non mi piace questo posto, è tanto superficiale ed è come uno schiaffo a chi ha tutto e non dà penso a niente.
"Ti piace la tua nuova Camera?" Mi chiede la zia, sedendosi sul letto a baldacchino. Annuisco, accennando un lieve sorriso finto "Tea...." dice prendendomi la mano
"So quanto sarà difficile e quanto è stato difficile crescere senza una madre e un padre ma voglio che tu sappia che tu per me sei sempre stata come una figlia e credo sia arrivato il momento che io mi prende cura di te."
"Okay, grazie. Ora sono....sono un po' stanca, vorrei riposars"
"Oh..ehm certo! Vado anche io....ci vediamo domattina" esclama ed esce dalla stanza, visibilmente a disagio. Non mi è piaciuto questo primo impatto con la casa e spero vivamente che la zia non sia una di quelle troppo appiccicose e iper protettive, insomma da quando sono arrivata non ha smesso un attimo di chiedermi se volevo qualcosa. "Sono a posto così" le ho risposto ogni volta.
Comincio a guardare i vestiti che mi ha messo sulla scrivania la zia: sembrano davvero inadatti e mi viene quasi da ridere ad immaginarmi con quelle cose addosso. Non posso negare che non siano belli ma sono di gran lunga troppo vecchi e credo siano quelli che usava lei alla mia età. La differenza di epoca però, mi costringe a non scegliere nemmeno uno di quegli abiti, così mi stendo a letto e provo ad addormentarmi.
Ad un certo punto mi sento mancare l'aria e poco dopo sto piangendo e mi sto dimenando sul letto come una pazza psicopatica. Voglio tornare in South Dakota, mi mancano già quelle notti dove il Cielo era pieno di stelle. Ricordo anche che un giorno, una bambina che se n'è andata il mese scorso, mi aveva accompagnato con lei in un posto speciale.
Era il balcone della sua cameretta e da lì  si potevano osservare ancora meglio le stelle e tutte le costellazioni.
Con quei pensieri che mi annodano lo stomaco, mi addormento.


Ricordami che esisto (Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora