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Non che Jimin lo facesse apposta, ovviamente.
E nemmeno di continuo.
È che ogni tanto, quasi involontariamente, i suoi occhi si posavano sul profilo del ragazzo, durante le monotone spiegazioni dei professori, e tutto diventava sottofondo.

Rimanevano lui, e il profilo del maggiore, a volte addormentato, a volte annoiatamente rivolto verso la lavagna, altre volte impegnato nello scrivere su quel suo taccuino nero che Jimin si rese conto di star pensando per la prima volta.

"A domani, Jimin."
Si voltò, riuscendo solo a vedere Yoongi varcare il cancellino di una villetta che spariva tra i cespugli.

Poteva esser stato così stupido?

Aveva avuto l'occasione di parlare con Yoongi, di chiedergli ogni cosa, e invece era rimasto in silenzio tutto il fottuto tempo, a pensare al suo profilo e a quel maledetto taccuino inutile.

Qualche minuto dopo arrivò davanti casa, estrasse le chiavi ed entrò.

Jimin viveva in un'appartamento di una palazzina in periferia con la madre e la nonna, da quando il padre era morto.
Era successo così tanti anni fa che Jimin quasi non se lo ricordava più; l'unico aiuto alla sua memoria era la foto di famiglia fatta al suo quarto compleanno, adagiata in bella vista sul camino.

Posò lo zaino a terra togliendo le scarpe e andando poi a salutare la nonna in cucina.
Chissà cosa stava facendo Yoongi in quello stesso momento?
Jimin pensò non lo avrebbe mai saputo.

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