Capitolo 7

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Erano ormai passate due settimane da quella sera. Quella sera che Louis e Harry si erano ritrovati, grazie alla mancanza di Jay. Il giorno dopo Louis aveva scritto quella magnifica canzone e quella stessa sera Niall, Liam, Louis, Harry e Ed -un amico del biondo- si erano ritrovati nella sala registrazione in casa Tomlinson per dare le condoglianze e per aiutare a registrare il pezzo.
La mattina dopo, al funerale di Jay, Louis aveva cantato quella magnifica canzone prima che la mamma venisse sotterrata. Harry, al suo fianco, gli sorrideva tristemente. Ma anche quel sorriso triste fu d'aiuto e di supporto per suo padre che cantò senza nessun intoppo, ma quell'ultima maledetta nota era pur sempre accompagnata dalla voce spezzata e tremante. Erano sicuri che Johanna avesse apprezzato lo sforzo, il coraggio, l'amore messo per mettere su quella canzone da suo figlio.
In queste due settimane, Louis era convinto che, nonostante la mancanza di Jay, lui ormai avesse trovato la sua ancora di salvezza, ancora una volta. Harry non faceva che stargli accanto, asciugargli le lacrime nei momenti di crollo totale e si faceva forte per mostrarsi forte, per dare forza a suo padre. Ma Louis non sapeva che, durante la notte, Harry piangesse. Accoccolato al petto di suo padre, aspettava che quest'ultimo prendesse sonno prima di lasciarsi andare al dolore. Stava male, forse più di suo padre. Stava male perché aveva perso sua nonna. Ma stava ancor più male perché aveva paura che, a causa di ciò, potesse perdere suo padre. Non faceva che odiarsi sempre di più per aver passato gli ultimi tre anni lontano da suo padre. E ora che l'aveva ritrovato, non voleva perderlo. Louis, d'altro canto, non era solo amareggiato e quasi depresso, ma era enormemente frustrato.
Il fatto era che, per anni era riuscito a trattenersi, perché insomma, Harry era pur sempre un bambino. Ed aveva continuato a vivere con la costante paura di se stesso e di ciò che provava. Forse, con l'allontanamento di questi tre anni, quei sentimenti li aveva accantonati, sopraffatto dalla tristezza. Ma ora che suo figlio era nuovamente accanto a lui, un ragazzo in piena pubertà, così bello e maturo per la sua giovane età, non sapeva più cosa fare.
Si sentiva sporco, si faceva schifo da solo. E questo ancora di più quando si ritrovava in bagno a segarsi, pensando ad Harry.
Si faceva schifo. Si credeva uno sporco pervertito, maniaco stupratore. Anche se non aveva ancora stuprato nessuno, ma a quello mancava davvero poco.
Negli ultimi anni, precisamente da quando Harry era un dodicenne, Louis iniziò ad avvertire qualcosa nei confronti del minore. Lo vedeva così bello, così...
Ma pensava che ciò era causato dalla mancanza di sesso, perché non faceva sesso da molto, troppo tempo.
Negli ultimi tre anni aveva accantonato la cosa, si, ma ora che Harry gli era vicino, più grande, con le spalle larghe e le braccia possenti, con la sua bellezza inaudita, si faceva davvero schifo. Non poteva davvero provare attrazione fisica per il minore. Non poteva davvero sentire il desiderio di possederlo, di accarezzarlo in punti dove nessuno era arrivato. Perché, per quanto ne sapeva lui, Harry era ancora vergine. In tutti i sensi: non aveva mai baciato nessuno e non era ancora andato a letto con qualcuno. E lui si faceva schifo. Togliere ad un sedicenne, per giunta tuo figlio, la bellezza di queste prime volte solo perché non fai sesso da anni? No!
Quel giorno aveva la giornata libera in ospedale. Quindi, approfittando di ciò e della mancanza del figlio ch'era a scuola, chiamò un suo vecchio amico, decidendo di arrivare dritto al punto. Non poteva rischiare di impazzire per suo figlio. Doveva fare sesso e subito.
Josh arrivò un po' troppo tardi per i gusti di Louis, ma almeno era arrivato.
Il castano lo afferrò dai fianchi e iniziò a baciarlo come se non ci fosse un domani. Si staccò solo per avvisare il suo ospite che avevano poco tempo, poi suo figlio sarebbe rientrato da scuola.

Harry amava passare del tempo con Niall.
Il biondo era stato la sua cotta quando avevano tredici anni, ma dopo qualche mese, Harry si accorse che la sua era solo attrazione fisica, niente di più. Ne parlò anche con Niall e il biondo non si fece problemi, solo uno: non voleva far soffrire il suo migliore amico. Così cercarono di accantonare la cosa e dopo che al riccio fu passata la cotta, il loro rapporto si solidificò ancora di più, anche grazie alla presenza di Liam.
I tre passavano quasi tutti i pomeriggi a casa di Niall, sempre con il frigorifero e le dispense imbottiti di schifezze, a giocare a FIFA o a cazzeggiare. Poche erano le volte che studiavano seriamente, perché finivano sempre per chiudere il libro e giocare come bambini.
Ad Harry piaceva un sacco tutto ciò, ma aveva paura che lasciando suo padre da solo, nelle condizioni in cui era, potesse trovare, al suo ritorno, cose spiacevoli e dolorose. Si fidava di Louis, ma voleva stargli accanto, almeno fino a quando non si sarebbe ripreso quel tanto che bastava.
Così quel pomeriggio, all'uscita di scuola, declinò l'invito dei suoi amici e si avviò verso casa a piedi.
Ma appena mise piede dentro essa, si pentì amaramente di non essere andato via con Niall e Liam. La scena che gli si parò davanti era qualcosa alquanto disgustoso per lui, tanto da fargli accapponare la pelle e sentire il suo cuore spezzarsi. Suo padre, un uomo sotto di lui, sul divano, mezzi nudi, labbra che sembravano incollate e non intenzionate a staccarsi. Si capiva chiaramente cos'erano in procinto di fare.
La sua copia di chiavi cadde a terra con un tonfo che fece spaventare i due.
Louis, finalmente, si staccò da Josh e alzò la testa. Anche quello che vide lui, non lo fece mica saltare dalla gioia.
Suo figlio era in piedi, poco distante dal divano, gli occhi lucidi e le labbra schiuse dalla sorpresa. In quel momento si sentì così in colpa che quasi scoppiò a piangere.
"Haz" sussurrò, la voce traballante e raschiata.
Harry si ridestò ed incontrò gli occhi colpevoli di suo padre, il sangue a ribollire dentro di lui "Non chiamarmi Haz" sorrise amaramente prima di salire di sopra. Solo quando si chiuse a chiave nella stanza, scoppiò a piangere.
"Merda!" sbottò Louis, alzandosi dal corpo di Josh e rivestendosi.
"Mi dispiace Louis, non volevo" si giustificò rammaricato il rosso, dopo aver assistito alla scena.
"Non scusarti, qui la coppa è mia" la voce del medico era così tetra e raschiata, il dolore represso che voleva a tutti i costi uscire dai suoi occhi sottoforma di lacrime.
Josh tolse immediatamente il disturbo e Louis non perse tempo a correre di sopra. Provò ad entrare nella stanza di suo figlio ma la porta era chiusa a chiave.
"Harry! Harry ti prego, apri la porta! Posso spiegarti!" che poi, cosa doveva spiegare? Harry, in realtà non doveva essere arrabbiato. Anzi, doveva essere felice che suo padre si stesse facendo una vita, avesse trovato un compagno. Ma Harry era arrabbiato e Louis immaginava il perché: gli aveva promesso, sin dall'inizio, che non avrebbe amato nessuno al di fuori di lui, che avrebbe dedicato tutto se stesso a lui. E se Louis non pensava male, Harry allora aveva fottutamente ragione ad essere arrabbiato. O più che altro, deluso, geloso.
Si, perché Harry era arrabbiato per il motivo che pensava Louis. Ma in parte. Il riccio era geloso marcio! E si sa, quando gelosia e rabbia si provano insieme, scoppia una guerra interiore dolorosa.
"Va via!" urlò quindi il minore "Mi fai schifo! Non voglio più vederti!" i singhiozzi che gli scuotevano il corpo e il cuore.
"Ti prego Harry, posso spiegarti" lo implorò Louis, un pugno stretto sulla porta.
"Non voglio sentire ne scuse, ne cazzate. Va via, va da lui" e quello, be'...fece più male di tutto. Ad entrambi.
Si erano persi di nuovo.
Louis si coprì la faccia con entrambe le mani, si lasciò andare giù per il muro fino a ritrovarsi col culo per terra, in lacrime.

I love you [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora