Capitolo 6

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Quando Louis aprì gli occhi, l'unica cosa che riuscì a distinguere era il viso angelico di un Harry completamente assorto dal sonno. Era strano constatarlo, ma era davvero riuscito a dormire.
Harry, durante la notte, si era spostato. Si era messo di fianco a suo padre, una gamba posata pesantemente sul bacino del più grande e una mano a ricoprire il suo cuore. Sembrava quasi che per dormire, necessitava di sentire il battito cardiaco del suo papà.
Louis sorrise inconsciamente, quasi stranito. Non pensava di poterci riuscire. Ma forse era così: Harry era l'unico ad avere questo potere, l'unica ragione del suo sorriso.
Gli accarezzò una guancia, ormai abituato a farlo ogni mattina. Solo che quella mattina, quella mattina era diverso. Harry aveva dormito con lui, gli aveva parlato normalmente, lo aveva abbracciato, si era preso cura di lui dopo ben tre anni di totale dolore per il medico. E si, magari Harry era davvero tutto ciò che serviva a Louis per stare bene, la sua medicina.
Quest'ultimo sospirò e si abbassò per poter baciare una guancia del riccio prima di alzarsi, preoccupandosi di non svegliarlo.
Si diresse in bagno per lavarsi la faccia e mentre guardava il suo riflesso trasandato nello specchio, le sue labbra si dischiusero a cuore e iniziò a fischiettare una melodia. Aggrottò la fronte prima di chiudere la bocca. Che diamine...?
Non era davvero il momento adatto per fischiettare, ne tanto meno una melodia così... così...ah diamine!
Si strofinò la faccia e scese giù con l'unico intento di preparare la colazione.
Sperava soltanto che il comportamento della sera precedente di Harry non fosse dettato dalla scossa e dallo sconcerto iniziale della situazione. Sperò che le ultime parole sentite prima di cadere tra le braccia di Morfeo, fossero una promessa e che Harry la mantenesse. Perché arrivato a questo punto, era l'unica cosa a cui poteva aggrapparsi per non cadere nuovamente sul fondo. Uno scoglio trovato per caso. O semplicemente Harry.
Con attenzione, preparò una montagna di pankaiks, solo per ammazzare il tempo. Non era molto bravo in cucina, ma si impegnava per non mandare qualcosa a fuoco.
Osservò il piatto pieno di pankaiks e i suoi occhi iniziarono a pizzicare. Jay glieli preparava sempre, ogni mattina, per colazione.
No, no, no e ancora no! Non doveva pensarci.
La sua bocca si curvò nuovamente a cuore e quella melodia iniziò nuovamente ad irrompere nella quiete della casa. Aggrottò nuovamente le sopracciglia. Perché? Non aveva mai sentito quella melodica, gli era nuova. In quel momento si accorse che derivava unicamente dalla sua testa e non riusciva a smettere proprio di fischiettare.
Sbuffò, c'era solo un modo per impedire al suo cervello di esplodere.
Coprì con della pellicola i pankaiks e salì nuovamente di sopra. Camminò a passo felpato e deciso verso la sala e quando ci arrivò, sospirò.
Quella sala...era praticamente una sala registrazione, con tanto di strumenti di tutti i generi.
L'aveva fatta allestire quando Harry aveva appena dieci anni e voleva imparare a suonare la chitarra.
In più, la sala registrazione, perché il riccio aveva sempre avuto una voce meravigliosa e Louis, be' si era fatto qualche film mentale su suo figlio su un palco, davanti a milioni di persone, con un microfono in mano. Ma sono solo futili dettagli.
Si avvicinò al piano e prese in mano una penna e degli spartiti vuoti.
Fischiettò nuovamente e provò le note prima di scriverle. Pensava che così si sarebbe tolto quella melodia dalla testa e invece...ne uscì una canzone.

Desiderava svegliarsi con suo padre al suo fianco, ma probabilmente non era destino.
Era così scosso, sopratutto per il maggiore, che neanche si rese conto di alcuni rumori.
Doveva chiarire con suo padre. Ne aveva bisogno.
Ne aveva parlato con Niall e Liam, doveva. Non ce la faceva più e l'unica soluzione era parlarne col maggiore. Magari lo avrebbe preso per pazzo o magari tutto il contrario, ma Louis aveva il diritto di sapere.
Harry ci stava così male. Se solo ripensava a come aveva trattato suo padre negli ultimi tre anni, gli veniva da piangere. Ma non lo faceva di proposito, aveva solo paura.
Sospirò, passandosi una mano sul viso prima di sobbalzare dal letto al suono del pianoforte.
Aggrottò la fronte. Perché suo padre stava suonando il pianoforte?
La stanza era insonorizzata e quindi se lo sentiva, significava che non aveva chiuso la porta.
Strano.
Harry allora si alzò e dopo aver stirato i muscoli, camminò lentamente per tutto il corridoio fino ad arrivare all'ultima stanza.
Si morse il labbro e fece per entrare ma si bloccò.

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