Tamburella con le dita. Ancora ed ancora. Fisso quel movimento ripetitivo fino a quando non si blocca. Con lo sguardo salgo oltre la mano, per passare sul braccio, arrivando al collo. Noto una grande vena blu , è nervoso e tutto il suo corpo sembra seguire il suo stato d'animo. Le labbra sottili sono secche sotto il naso perfetto, con lo sguardo sto per raggiungere la parte del corpo che temo di più, gli occhi. Duri, impersonali. Sento il cuore scheggiarsi alla vista di quelle due biglie luminose. Non so come iniziare il discorso, non so se scusarmi sia appropriato, perché comunque non ho fatto nulla di male, credo di essere offesa dal suo comportamento, ma posso capirlo. Rimane li, seduto immobile come una statua. Mentre raggi vivaci del sole di fine agosto, lo irradiano di una luce quasi aurea. L’orgoglio non deve intromettersi in questo rapporto!
- Scusa - quasi lo urla. Il suo corpo sembra alleggerirsi al suono delle sue stesse parole, lo guardo sbigottita,
- Mi hai tolto le parole di bocca - dico ridacchiando nervosamente. Amos mi guarda con fare interrogativo, come se non si aspettasse quella risposta.
- Tu cosa hai fatto? Sono io che non so difenderti. Dovevo spaccargli io la faccia, mi hai stupito, probabilmente sono io quello che non conosce nulla su di te. -
Lame, che mi squarciano la pelle. Ha ragione, chiedevo a lui di raccontarmi la sua storia, mentre sono io quella che sta nascondendo qualcosa. - Probabilmente si -
- Se non vuoi parlarmene lascia stare - è deluso glielo leggo negli occhi, ma non posso parlargli del mio passato, mi guraderebbe con quello sguardo che odio o peggio lo perderei, ma sento che lo sto perdendo comunque.
- Ero una ragazza violenta - Cerco una reazione nei suoi occhi, qualcosa che mi chieda di smettere, ma nulla. Continuo...
- Verso i 15 anni avevo preso una strada sbagliata, iniziai a spacciare per entrare nelle discoteche ed ubriacarmi. Poi iniziarono le risse e le continue sospensioni da scuola. Essendo di buona famiglia ero la vergogna di mio padre, quindi mi aveva mandato da diversi strizza cervelli, per capire quale fosse il mio problema. In quel periodo ho conosciuto Davide, ma continuai a cacciarmi nei guai per un altro anno fino a quando… - Amos si alza dalla sedia e mi abbraccia, lo allontano, asciugandomi le lacrime.
- Lascia stare, davvero -
Odio parlare di questo argomento, devo continuare non per lui ma per me, quindi gli sorrido singhiozzante,
- … quando, in una rissa avevo picchiato un ragazzo più grande. Dopo avergli tirato un pugno sotto al mento, cadendo picchiò la nuca sul marciapiede. Dalla testa gli usciva un sacco di sangue. Non era grave, ma a quella scena mi è scattato qualcosa e da quel momento ho rigato dritto. Avevo chiuso con la droga e le risse. A scuola ero diventata una delle migliori ed a quel cambiamento mio padre aveva smesso di mandarmi da un professionista, anche il nostro rapporto era cambiato, in meglio ovvio. Mi andava tutto bene, avevo amore ed amicizia, ma la reputazione quella non la cancelli. Odiavo lo sguardo della gente. Allora sono scappata, venendo qui. -
Rimane in piedi di fronte a me, mentre io con lo sguardo rimango fissa sulle sue Vans grigie e blu. Sento le mani pesanti sulle ginocchia, la pressione della conversazione appena avvenuta mi pesa sulle spalle. Il dito di Amos mi alza leggermente il mento, per incatenera i miei occhi dentro i suoi, che ora sono dolci e docili. Mi sento come un gatto randagio, non riesco a reggere il suo sguardo, quindi lo sposto verso la vetrata del bar che si affaccia su di un piccolo giardino di un verde quasi finto.
- Guardami - scandisce lentamente, mentre con la mano ora ricerca la mia attenzione.
Quella sensazione di bruciore negli occhi, che ormai provo spesso in presenza di Amos, mi infastidisce più del solito. Le lacrime si appoggiano violente sull’orlo dei miei occhi, minacciando di buttarsi sulle guance, mi guardo intorno per non piangere di nuovo. Dovrei essere fiera del mio cambiamento, sono riuscita a cambiare vita ed essere serena con me stessa, non c’è motivo di tanta tristezza.
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Amos
Romance"È ironico pensare a come il fato, ti mostri le cose peggiori nei momenti che potresti definire migliori."