Ero riuscita a superare una settimana ignorando totalmente Aven, senza nemmeno vederlo. Probabilmente se l'avessi visto l'avrei ammazzato, quindi meglio cosí. Lui non moriva di certo dalla voglia di vedermi e nessuno dei due faceva nulla per cercare di trovarci insieme.
Voglio dire, io ero semplicemente stata una parte del diabolico piano che aveva architettato con il padre per prendere anche il mio regno, quindi cosa avrei dovuto fare? Correre da lui e baciarlo, dirgli che lo perdonavo e che sapevo che sotto sotto, ma proprio sotto sotto, lui mi amava da morire e aveva solo mentito al padre quando aveva detto che fare finta di amarmi era difficilissimo? Piuttosto avrei mangiato venti piatti di cibo andato a male.
Certo, avrei potuto fare qualcosa contro di lui, ma la verità era che non avevo la voglia nemmeno di vederlo, quindi avrei semplicemente aspettato il momento buono e poi gliel'avrei fatta pagare.
Dicevo, ero riuscita a superare una settimana intera senza vederlo, andando nei luoghi dove ero sicura di non vederlo, fingendomi malata per mangiare separati e mi trovai proprio di fianco a lui, a quel corpo muscoloso ma non troppo, quei capelli biondi favolosi, quegli occhi verdi... dovevo assolutamente smetterla di pensare a lui in quel modo. Era lí. Vicino a me. Io ero lí. Vicino a lui.
Okay, questo era ovvio. Voglio dire, non è che se lui è vicino a me, io sono lontana da lui. Dovrebbe essere una cosa reciproca.
«Cosa ci fai qui?» chiesi, con una voce che speravo risultasse minacciosa, ma che in realtá suonó roca e simile a quella di una vecchietta di novant'anni.
«Mi hanno convocato» rispose, senza nemmeno degnarmi di un'occhiata.
«Oh, benissimo. Hanno convocato anche me» dissi, anche se lui non mi aveva chiesto nulla.
Okay, lui mi aveva trattata malissimo e ora si comportava come se fosse stato offeso? Stava scherzando?
«Eccovi qui» disse mio padre, sbucando da una porta in modo cosí silenzioso da farmi prendere un colpo.
«Sí, sire» disse Aven inchinandosi.
Io alzai gli occhi al cielo e gli dissi: «fai bene ad inchinarti a degli uomini veri, verme»
Lui si alzó e fece finta di non avermi sentito, ma aveva sul volto un'espressione infastidita. Come se io fossi stata una mosca fastidiosa.
«Vi ho fatto chiamare perchè devo affidarvi una missione». Mio padre riportó la mia attenzione su di lui. Una missione? Io e Aven? Oh no. Oh no. No. No. Enne. O.
«Il regno di Freres si trova in pericolo, e hanno bisogno di noi. Ho pensato a voi per due motivi: siete giovani e svegli, e sarete utili in modi diversi. Tu Adley potrai fidanzarti con Maximillien, il principe di Freres, e garantire cosí un'alleanza duratura; mentre tu, Aven, sarai utilissimo per aiutarli a combattere contro il loro nemico. Cosa ne dite?»
Per qualche secondo nessuno dei due disse nulla. Io ero talmente scioccata da non riuscire nemmeno a chiudere la bocca, che era rimasta aperta dopo "missione" "tu" "Aven".
«Quando dovremmo partire?» chiese Aven, dopo qualche secondo. Sembrava che non gliene importasse nulla, ma si capiva che stava recitando. Come aveva fatto con me.
«Domani mattina» disse mio padre sorridendo. «Quindi è tutto tranquillo?»
Io fissai mio padre. «No che non è tutto tranquillo. Come puoi pensare di farmi sposare un uomo che non ho mai nemmeno visto solo per una stupida alleanza? E come puoi farmi andare con questo... questo... individuo?» chiesi, guardando disgustata Aven. «Trova qualcun'altra disposta ad andare lí, ma non pensare nemmeno che io sia disposta ad una cosa del genere».
Aven mi guardó e disse: «È a questo che servono le donne, alle alleanze. Fattene una ragione».
«Ah sí? E sai invece a cosa servi tu? A niente. Assolutamente a nulla. Potresti morire in questo preciso istante e a nessuno importerebbe. Invece, secondo le tue idee, se io morissi, non potrebbe più esserci un'alleanza».
«Adley! Ti proibisco di parlare cosí ad Aven!» disse mio padre.
«Non vi preoccupate, sire. Domani partiremo.»
Un momento. "Domani partiremo". Al plurale. Se Aven voleva andare io di sicuro non l'avrei fermato, ma non doveva mettere me in mezzo.
Aven mi prese per un braccio e mi fece andare verso l'uscita. Io gli tirai uno schiaffo sulla mano e guardai mio padre. «Non pensavo che fossi capace di tanto» dissi, poi aprii la porta e la chiusi dietro di me.
Aven mi corse dietro e si piantó davanti.
«Cosa vuoi ancora?»
«Adley, io non muoio dalla voglia di fare un viaggio solo soletto con te, e lo sai, ma dobbiamo. Freres è un regno importante e la sua alleanza sarà utile ai nostri regni. Smettila di fare la bambina e pensa da regina.»
Fare la bambina?
«Scusami Aven, se non voglio andare in viaggio con uno che un giorno dice di amarmi e quello dopo mi rivela che in realtà voleva solo prendere il mio regno. E scusa se non voglio essere solamente una pedina nelle mani di altri sovrani. Potró pensare ad essere una regina e al mio regno, ma questo non puó farmi smettere di essere una persona che ha dei sentimenti.
E poi cosa ti importa di me e del mio regno, se vado nelle mani di un altro uomo? Vuoi metterti con lui dopo che si sará impossessato del mio regno? È questo il piano diabolico di Aven 2.0?»
Aven sorrise, un sorriso vero. Non quei sorrisetti arroganti, ironici. Un sorriso. Oddio era cosí carino mentre sorrideva.
«Potrebbe essere un'idea. Magari sarai felice con Maximilien». Mi guardó in modo strano, poi disse: «domani partiamo. Che tu voglia o no.»
Nemmeno morta. Non sarei partita con lui per andare a fidanzarmi con un uomo che non conoscevo. Non ci sarei andata. Fine.
STAI LEGGENDO
The Prince
RomanceAdley Hillsy è stata lasciata in due giorni da due ragazzi. Il che no, non è esattamente una cosa che la rende davvero felice. Tantomeno se uno dei due ragazzi ha finto di amarla solo per rubarle il regno di cui è principessa. E ancora meno se suo p...