Cap. XXX

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Amati. Seriamente, smettila
di cercare scuse
per cui tu non sei abbastanza.
Tu sei abbastanza.
Imagine Dragons


Il citofono suonò e, molto lentamente e svogliatamente, mi alzai dal divano per andare ad aprire.

– Chi è? – domandai con voce rauca.

– Ciao splendore. Sono qui per farti stare meglio – esclamò Arianna, facendomi accennare un sorriso. Se non avessi avuto lei non avrei proprio saputo come fare.
Anzi, lo sapevo: sarei rimasta a piangere e autocommiserarmi per un paiondi giorni, poi sarei tornata a scuola e avrei finto che non fosse successo niente.

Avrei eretto un muro di protezione,

– Hai portato il gelato? – le domandai appena aprii la porta.

Mi sorrise raggiante alzando una busta della spesa. – Gelato, caramelle e qualsiasi cosa che per un diabetico segnerebbe la morte –

– Ti adoro –

– Lo so cara. Prima, dimmi se ti piacciono – esclamò, voltandosi e facendomi vedere la coda da cavallo. Si era lisciata i capelli, ma non era quello che mi stupiva.

– Stai benissimo – commentai prendendo fra le mani le meches rosa che si era fatta. Ed era vero, le stavano veramente bene. – Come mai questa innovazione? –

– Ieri ho visto una con alcuni ciuffi azzurri. Lei avevi i capelli neri però. E non volevo che anche le mie fossero azzurre. All'inizio ci avevo pensato ma quando sono andata dal parrucchiere non mi piacevano quelle tonalità. Poi ho visto il rosa e.. taadaa! –

Presi la busta lasciando che si togliesse la maglia e le scarpe, infilandosi quelle con la faccia da Cip e Ciop che anni prima avevo comprato apposta per lei.

Posai il contenuto sul tavolo e presi dei cucchiaini per mangiare vaniglia e cioccolato, aggiungendoci le praline di cioccolato. Le caramelle le avremmo mangiate dopo.

– Piace a Peppe.. il tuo nuovo colore? – chiesi, passandole la sua ciotola. Si era già accomodata sul divano, sfogliando Netflix in cerca di qualcosa di suo interesse.

– Bho. Non l'ho ancora visto. Dice che è sommerso dai compiti e dallo studio... sono cinque giorni che non ci vediamo – fece un lungo sospiro, per poi fare un sorriso. Non avevo mai capito quale fosse il suo segreto per tornare a essere allegra e spensierata da un secondo all'altro, ma sembrava meglio dell'acqua dell'eterna giovinezza.

– Ti ricordi di Kevin? Il mio compagno di classe, con cui sono uscita in prima per un paio di settimane? – chiese, sistemandosi e mettendosi comoda mentre io mi rannicchiavo contro il bracciolo.

Annuii, anche se non era del tutto vero. Mi ricordavo di un Kevin, ma niente legato a lui.

– Bhe, questa mattina quel pirla è venuto a scuola completamente fatto. Te lo giuro, aveva due occhi rossissimi e non connetteva nulla! – iniziò a ridere, contagiandomi. – E aveva l'interrogazione di storia. La prof non si è accorta di nulla! Quello a momenti parlava di Tom e Jerry alla corte di Carlo Magno e la prof rideva! –

– Certo che i tuoi compagni sono strani. E com'è andata l'interrogazione? –

– Bhe, gli ha messo quattro. Probabilmente solo per la simpatia –

A interrompere quel momento di pace ci pensò il mio cellulare che, per la centesima volta dal giorno prima continuava a suonare.

Grazie al cielo mio padre non aveva insistito troppo quando gli avevo detto che non me la sentivo di andare a scuola e così mi aveva lasciato in santa pace sul divano tutto il giorno a farmi la maratona di FRIENDS, alternata da qualche puntata in originale di Riverdale.  Almeno avevo riso un po' e Luca non era stato il mio pensiero principale. Almeno fino a quando non provava a chiamarmi.

Come Neve D'EstateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora