Cap. XLV

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"Ho paura. Ho paura per quanto
ti voglio, eppure eccomi qui che ti voglio
a ogni costo. E se ho paura significa
che ho qualcosa da perdere, giusto? E io
non voglio perderti"
Grey's Anatomy

Luca era lì da qualche parte, nascosto fra le macchine e nel buio della notte inoltrata.

– Mi dispiace – sbiascicò, facendomi stringere il cuore.

Iniziai a camminare seguendo quel tono e appena lo individuai mi fiondai fra le sue braccia, schiacciando la guancia contro la stoffa morbida del giubbino e ignorando l'odore di alcool e fumo che aleggiava intorno a lui.

Dopo un attimo di incertezza anche le sue braccia mi strinsero in un abbraccio, mentre una mano mi accarezzava i capelli. – Non sono ubriaco fradicio, ma non credo di poter guidare –

– Per quello ci sono io – urlò Mirko, facendo pendolare le chiavi della Giulietta davanti a noi. – Forza piccioncini, vi riposto a casa. Mirko express al voatro servizio! –

Gli sorrisi e salutammo gli altri, prima di salire tutti sulla macchina; io e Luca dietro e Arianna davanti.

Avremmo riportato prima lei, visto che era la più vicina, Luca e infine me. Poi mi accorsi di un problema.

– E te come torni a casa? – chiesi rivolta a Mirko.

Lui sorrise, uscendo dolcemente dal parcheggio. – Mia madre finisce il turno fra mezz'ora. Viene a prendermi a casa di Luca –

Annuii, sentendomi improvvisamente in imbarazzo quando Luca si girò, stringendomi con le braccia più vicino a lui e premendo le labbra contro al mio collo.

– Hai un profumo così buono – mugugnò, e per fortuna non tanto forte da far si che anche Mirko e Arianna lo sentissero.

– Ti voglio. Ti fermi da me? – continuò, mentre una sua mano si spostava verso i miei pantaloni mandando al mio cervello segnali contrastanti.

Gli presi la mano e la riportai al suo posto. – No. Uno ci sono i tuoi, e due sei ubriaco. E tre sono arrabbiata –

– Quel tizio ti avrebbe toccata. Tu sei solo mia – continuò contro la mia pelle, mentre la sua mano tornava all'attacco.

– Non per questo dovevi prenderlo a cazzotti –

– Ne ho presi un paio anche io – ammise, e mi girai di scatto.

Diego mi aveva avvertito ma quando lo avevo visto me ne ero completamente dimenticata.

Con la torcia del cellulare gli illuminai il volto, facendogli chiudere gli occhi e girare la testa dall'altro lato.

Una smorfia mi si formò sul volto quando vidi una chiazza violacea iniziare a formarsi attorno all'occhio destro.

Approfittando della strada dritta, allungai la mano libera e gli sfiorai la pelle sensibile facendogli emettere un sobillo sommesso.

– Fa male? –

– No. Sicuramente l'altro è messo peggio – ridacchiò, tornando a risistemarsi contro di me, la testa fra le mie spalle e le labbra premute sul mio collo.

Avevo il cuore a mille e non sapevo se essere arrabbiata o sollevata, alla fine optai per il silenzio.

Era inutile arrabbiarsi quando era in quelle condizioni.

Dopo una decina di minuti arrivammo davanti a casa di Arianna, che si girò a guardarmi sorridente. – A domani tata –

– A domani – sbiascicai, con la bocca impastata per il sonno.

Come Neve D'EstateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora