Cap. XXXIV

146 11 0
                                    

L'amore arriva quando meno te l'aspetti, e non puoi
sceglierlo, arriva e basta. Ti entra dentro e se
ne frega se lo volevi biondo, moro, alto, basso, con gli
occhi azzurri o verdi. L'amore prescinde da tutto
e da tutti e ti sfascia il cuore
Cit.


Finii di farmi la doccia e uscii mettendo i piedi sul tappetino del piccolo bagno della nostra camera.

Avremmo fatto lo scambio durante la notte e fino a quel momento dovevo tenermi Silvia in stanza, non che fosse poi così male.

Avevo scoperto che sapeva essere spiritosa e non era poi così cattiva e ipocrita come pensavo.

Mi facevano male i piedi dopo aver visitato parecchie basiliche, insieme a una guida che ci aveva spiegato quando erano state costruite e cosa rappresentavano gran parte dei disegni.

Avevo ascoltato si e no una parola ogni tre, troppo distratta dalla mano di Luca intrecciata con la mia, il suo pollice che si muoveva provocandomi scintille. E il pensiero di quello che sarebbe successo la notte non aiutava di certo la mia concentrazione.

Avevo iniziato a seguire verso la fine, quando Luca si era stancato di restare in prima fila e, dandomi un bacio sulla guancia, aveva raggiunto gli altri in fondo.

Non che fosse cambiato qualcosa, ma ero riuscita a capire due parole su tre. Un grande miglioramento.

Mi asciugai con l'asciugamano e indossai il paio di jeans scuri che mi ero portata di cambio, insieme al reggiseno nero di pizzo che mi aveva suggerito Arianna. Aveva praticamente fatto lei la mia valigia e se non l'avessi fermata su certe cose probabilmente sarei uscita in minigonna quella sera.

Legando i capelli ancora bagnati con il mollettone, infilai la maglietta larga verde scuro e uscii dal bagno in ciabatte.

– Finalmente! Pensavo non uscissi più da quel bagno. Il phone è sul comò – disse, alzandosi dal letto e mettendo in mostra le lunghe gambe fasciate in legging neri e una maglia semitrasparente a maniche lunghe che non le copriva nemmeno il sedere.

Si era asciugata i capelli, ma doveva aver usato la piastra perché erano troppo perfetti.

– Emm... grazie –

Alzando gli occhi al cielo e ridacchiando, non riuscendo ancora a credere che fossi veramente in stanza con Silvia, mi andai ad asciugare i capelli e mi infilai le scarpe, annunciandole che scendevo.

Iniziava a essere soffocante stare in una nuvola di profumo, troppo dolce per i miei gusti, mischiato all'odore dello smalto.

Saltellando per le scale, eravamo al primo piano e quindi non avevo nemmeno problemi con l'altezza, scesi verso l'enorme salone all'ingresso e andai spedita verso il pianoforte lucido a coda che avevo visto quando ero rientrata.

Era da così tanto che non suonavo, anche perché il vecchio piano che avevamo era scordato e da quando la mamma era morta ( era lei che suonava ) e papà non si era nemmeno preso la briga di portarlo ad aggiustare.

Io avevo continuato a suonare ma quando vedevo che non veniva ai miei concerti.. avevo smesso poco dopo e non ne avevo più toccato uno fino a quel momento.

Ero quasi eccitata all'idea di suonare dopo tutto quel tempo e speravo che fosse come andare in bicicletta, perché mi ricordavo poco e niente.

Con le mani leggermente tremanti dall'emozione mi sedetti sul piccolo sgabello imbottito e suonai un semplice "MI– FA– SOL", sorridendo sentendo il suono dolce e delicato che producevano.

Anche se non suonavo più, la passione per la musica mi era rimasta e avevo imparato le note di diverse canzoni.

E una di quelle l'avevo ascoltata poco prima sul pullman del ritorno, quindi era fresca nella mia mente come l'immagine di Luca a petto nudo. E l'avevo già suonata anni prima, quindi dopo aver strimpellato per un po' iniziai a ricordare meglio le note e le mie dita si fecero più fluide sui tasti bianchi e neri.

Come Neve D'EstateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora