Cap. XXIX

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Fidarsi di qualcuno è come tenere dell'acqua
nelle mani chiuse a coppa: è facile
perderla irrimediabilmente.
(Ken Follett)

- Dobbiamo... dobbiamo tornare in classe - iniziai a balbettare, provando ad alzarmi dalle gambe di Luca, ma la sua presa salda sui miei fianchi me lo impediva.

- Sofia, non siamo in ritardo. E nessuno ci ha scoperto - mi ripeté, mantenendo una calma decisamente snervante.

Una sua mano mi accarezzò la guancia, passando accanto alle labbra. - Ora, tu ti rimetti quella fantastica maglietta e vai in classe. Io ti raggiungo fra poco - disse, autoritario. Mi piaceva quando faceva la voce grossa.
Dio...ma cosa mi stava succedendo?

Annuii, incapace di fare altro, e mi infilai la maglietta, sentendomi già più calma ora che non ero mezza nuda. Ma avevo ancora le gambe che tremavano a causa del mio.. orgasmo. Diavolo, avevo avuto un orgasmo.
E mi era piaciuto.

- Io.. io vado in classe - dissi, imbarazzata. Come potevo affrontare il resto della giornata, rimanere concentrata sulle lezioni, se nella mia testa c'era spazio solo per Luca e quello che era appena successo. Oltre a una fame terribile, una voglia matta che mi urlava che volevo più di un semplice... qualsiasi cosa fosse.

Luca si alzò, trovandosi a pochi centimetri da me. - Ti consiglio di andare in bagno.. - replicò, divertito, portando una mano verso la spallina e abbassandomela, per poggiarci sopra le labbra e iniziare a baciarmi.

- Luca.. ti prego - sussurrai, quasi una preghiera. Non volevo saltare inglese, anche se avrebbe interrogato chi era andato male nella verifica, quindi non avrei fatto nulla tutta l'ora.

- Come sta la tua caviglia? -

Merda.. ecco perché ero in infermeria.

La mettevo perfettamente a terra e anche se sentivo un leggero bruciore, non faceva più male come prima. Diciamo che la mia mente era annebbiata da un altro genere di neurotrasmettitore. - Meglio, ma se non mi lasci andare potrei arrabbiarmi -

- Adoro quando ti arrabbi - commentò, ritornando a baciarmi il collo e facendomi chiudere gli occhi per i brividi che mi procurò.

- Sei un idiota -

Sogghignò contro la mia pelle ma mi lasciò tornare in classe, in modo da precederlo. Molto probabilmente sarebbe entrato in ritardo con la scusa di essere in bagno; usava sempre quella e nessun professore poteva obbiettarla. Anche perché non sapeva di fumo.

Mentre camminavo verso la classe mi accorsi che, anche se una parte di me voleva raccontare quello che mi era appena successo ad Arianna, un'altra parte voleva tenerlo segreto, come se avessi paura che quel ricordo potesse rompersi se lo avessi detto ad alta voce.

- Ehi, come sta la tua caviglia? - chiese Erika, quando mi sedetti accanto a lei. Era un fascio di nervi ma continuava a sorridere.

- Bene. Non vedo l'ora dell'intervallo. E di andare a casa - ammisi, sincera. - In bocca al lupo per l'interrogazione -

- Grazie - sospirò, visto che era entrata la prof e si era già sistemata per le sue interrogazioni.

Luca entrò poco dopo, senza che la prof gli chiedesse nulla. Rimasi leggermente delusa quando non mi sorrise e non alzò lo sguardo passandomi accanto.

Decisi di non farci caso e passai l'ora seguente a leggere e tradurre i brani in inglese della professoressa, avvantaggiandomi con i compiti.

Quasi non mi accorsi che era suonato l'intervallo, se non grazie alla folla di gente che si affrettava a lasciare la classe, ed Erika che tornava trionfante a posto, con un dignitoso 7+.

- A dopo, vado dal mon amour - disse, sorridendo. Il suo ragazzo faceva la quinta del liceo linguistico e, anche loro, approfittavano dell'intervallo per passare un po' di tempo assieme.

Io, come d'abitudine, aspettai i cinque minuti con lo stomaco attorcigliato al solo pensiero di quello che era successo solo un'ora prima, e poi mi alzai per raggiungere il nostro posto.

Pensavo che nulla avrebbe potuto togliermi il sorriso dalle labbra, la felicità che, dopo tanto tempo, sentivo forte e potente dentro di me.

Naturalmente mi sbagliavo.

Mi ritornò in mente la canzone Wearking ball, più che altro il video musicale dove c'era quella palla da demolizione che distruggeva il muro che la circondava.

Io mi sentivo come il muro, così forte prima di incontrare la palla, ovvero Luca.

Non avevo la più pallida idea di chi fosse quella ragazza, troia mi suggerii la mia mente. Sapevo solo che era spiaccicata contro il muro e che Luca aveva una mano appoggiata sulla parete accanto alla sua testa e stavano ridendo.

Non volli identificare il sentimento che si impossessò di me, ma faceva decisamente male e sembrava rodere ogni speranza che quell'Idiota mi aveva dato. Bruciarmi lo stomaco peggio di un acido.

Era ovvio, pensai acidamente, non aveva ottenuto da me quello che voleva e allora andava a cercarlo sulle altre ragazze.

E io che avevo anche iniziato a fidarmi, che l'avevo fatto arrivare... oddio, dopo quello che era successo stamattina aveva il coraggio di flirtare con un'altra ragazza. Probabilmente si era anche dimenticato che dovevamo incontrarci nel posto delle bici.

Tornai in classe, ignorando le lacrime che stavano cercando di uscire.

Volevo andarmene a casa, non avrei sopportato di restare altre tre ore insieme a quel coglione.

No, decisamente. E odiavo il fatto di sentirmi così, per colpa sua. Sapevo che era una pessima idea.
Tutto... Dall'uscire con lui a raggiungerlo al parcheggio settimane prima.

Chiamai mia zia, dicendole che non mi sentivo bene e se poteva venirmi a prendere. Mio padre non me lo avrebbe mai permesso e non mi ricordavo che turno avesse, quindi era meglio non disturbarlo.

Mi passai le mani nei capelli, massaggiandomi le tempie e decidendo che non avrei pianto nemmeno una lacrima per quell'idiota.

Era appena suonata la campanella quando la bidella entrò in classe per avvisarmi che mia zia era arrivata.

Sospirando, come se mi avessero appena tolto un sasso dai polmoni, salutai i compagni che c'erano in classe ( e grazie al cielo Luca non era fra questi) e uscii il più in fretta possibile dando una risposta veloce del perché andavo a casa.

- Ehi Sofi! - chiamò quella voce irritante.

Strinsi i pugni e mi girai, costringendomi a non provare nulla per lui. Era come cercare di ignorare il sole. - Cosa? -

- Dove stai andando -

- Non sono affari tuoi - replicai fredda.

Luca superò la classe, raggiungendomi. No, ti prego, fermati pensai con tutte le forze. Non lo volevo vicino. - Cosa cazzo ti è preso? Non c'eri al parcheggio -

Seriamente aveva avuto il coraggio di chiedermelo? - Va a cagare Luca - sbottai, voltandomi.

- Ehi! Ma che cazzo ti ho fatto? - urlò, rinunciando a seguirmi.

Non voltarti. Non voltarti. Non voltarti per niente al mondo.

Svoltai l'angolo, sentendo ancora le lacrime salire. Come poteva chiedermelo?

Raggiunsi la zia che mi guardò perplessa, ma non disse nulla e uscimmo in silenzio verso la macchina.

Come Neve D'EstateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora