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"A un sospiro, un lamento, a un incontro per caso."
                                    -Diverso

L'aereo atterra all'aeroporto puntuale.
Sveglio mamma e papà, i quali ancora un po' assonnati slacciano la cintura e iniziano a raccogliere le borse, poste al di sopra dei sedili.

Carico il mio zainetto a spalle e scendo dall'aereo seguendo i miei genitori.

All'uscita dell'aeroporto troviamo un taxi, che ci porta fino alla casa che abbiamo affittato per questa vacanza.

Il sole splende nel cielo e un odore di mare si insinua nelle mie narici.

Scarichiamo le valige dal taxi, che subito dopo essere stato pagato riparte.

A primo impatto, la casa è molto bella e mi pare soprattutto molto luminosa.

È presente un giardino, con qualche albero e qualche cespuglio sparso.

Legata a due alberi vicini, c'è un'amaca, molto colorata.

Salgo le scale di legno bianco, fino ad arrivare di fronte alla porta d'ingresso, che mia mamma apre delicatamente.

Un salotto molto luminoso e moderno collegato ad una cucina dai toni chiari, ci accoglie.

Raggiungo la mia camera, per iniziare a disfare la valigia.

Decido di mettere un po' di musica, così da non sentire il silenzio che mi rimbomba nelle orecchie.

Questo momento di pace, viene interrotto dalla voce di mia madre che mi invita ad andare a salutare dei suoi amici.

Esco dalla camera, cercando di essere presentabile e raggiungo il salotto, dove trovo una signora, più meno dell'età di mia madre è un signore leggermente più vecchio.

Lei indossa una gonna stretta color pesca e una camicetta bianca.
Ai piedi un paio di scarpe con il tacco.
Lui invece un paio di pantaloni normali, con una giacca elegante.

Suppongo siano una famiglia benestante.

"Tesoro, ti presento Elisabetta e suo marito Giacomo, loro sono dei miei amici d'infanzia. Giocavamo insieme d'estate."
Dice mia madre interrompendo i miei pensieri.

"Salve." Saluto io entrambi dandogli la mano.

"Tesoro, abbiamo pensato di andare a fare un giro. Quindi, preparati."

Annuisco e torno in camera mia a prendere il mio cellulare.

Dovrebbe essere figo avere amici italiani, mi ritrovo a pensare.

Chissà se conoscerò qualcuno.

Esco dalla mia stanza e raggiungo i miei.

Passeggiamo sul lungomare e devo ammettere che non mi sto annoiando.

Il mare è limpido e una lieve brezza mi sfiora la pelle.

Il paesino è abbastanza vuoto e tranquillo, questo sì, ma so che apprezzo più questo che un posto affollato e pieno di gente.

A Londra non mi sono mai trovata benissimo, infatti. Sono i miei amici ad aggiustare tutto: mi fanno ridere e mi aiutano.

"Allora, come mai qua di nuovo?" Chiede con un sorriso Elisabetta alla mamma.

Lei sorride. "Siamo tornati qua dopo tanto, eh! Abbiamo segnato questo posto pieno di ricordi nel cuore, ci siamo trovati bene nelle altre vacanze, e volevamo farlo conoscere a Sofia.." dice indicandomi.

"Conosci già qualcuno qui?" Mi chiede Giacomo con gentilezza.

Scuoto la testa abbozzando un piccolo sorriso che non ha nulla di sincero.

La sua espressione si fa cupa, dispiaciuta. "Qui i ragazzi della tua età sono simpatici, e ce ne sono. Legherai per forza con qualcuno."

Annuisco. Sembro così disperata?

Loro continuano a parlare e nel frattempo adocchio un piccolo bar vicino alla spiaggia.

"Io vado a prendere qualcosa di fresco a quel bar!" Avviso gli altri allontanandomi dai loro discorsi d'infanzia.

La vista dell'insegna blu e gialla si fa sempre più chiara, man mano che mi avvicino.

"Paradiso di stelle"

Quando entro, la musica si fa strada nelle mie orecchie, e vedo un sacco di ragazzi che giocano al calciobalilla, mentre altri sono tranquilli a parlare ai tavoli.

"Una granita al limone", ordino al barista la mia bevanda preferita.

Adoro bere le cose ghiacciate d'estate, mi rinfrescano.

Mi guardo intorno, notando alcuni ragazzi che mi osservano perché non mi hanno mai vista in giro.

È proprio il classico paesino dove tutti conoscono tutti.

Pago la granita e nel momento in cui mi giro, vado a sbattere contro qualcuno, sporcandogli di granita gran parte della maglietta nera di cotone che indossa.

"Dio! Scusa scusa scusa scusa" borbotto un po' imbarazzata, non guardando la persona in faccia e iniziando a pulirgli la maglia con il gomito.

Ad un certo punto sento una risata cristallina provenire dalla persona davanti a me, così decido di alzare gli occhi per guardarla: è un ragazzo castano con gli occhi azzurri, e deve avere circa la mia età.

"Stai tranquilla" mi dice con un sorriso bianchissimo. "Te ne offro un'altra."

Sbianco. "No, no.. Non c'è bisogno, scusami."

"Andre, mi fai un'altra granita?" Domanda al barista, che subito acconsente e si mette a prepararla.

"Ma..." provo a dire.

"Non preoccuparti", ride di nuovo. "Lui non te l'avrebbe rifatta se non gliel'avessi chiesta io."

Sorrido. "Grazie."

"Io sono Riccardo, per gli amici Riki", mi tende la mano.

"Riki, vieni a giocare o no?" Lo chiama un ragazzo dalla folta chioma castana con un pallone in mano, seguito da altri ragazzi.

Riccardo mi indica. "Ora no!"

"E fai giocà pure lei!" Insiste il ragazzo.

Riccardo mi guarda alzando un sopracciglio. "Vuoi giocare a pallavolo?"

"Non credo sia il caso", rispondo un po' titubante.

I suoi amici mi sentono, e si allontanano.

La granita arriva in fretta e inizio a sorseggiarla. "Hai la maglia tutta appiccicosa."

Lui annuisce. "Lo so. Quando i miei genitori mi chiederanno il perché, gli dirò che è stata una ragazza dagli occhi blu al bar a renderla così. Non ti ho mai vista qua in giro."

Sorrido. "Sono appena arrivata, ho una casa più in là", gli faccio il cenno. "Sono di Londra."

Spalanca gli occhi. "Wow!"

"Non è stupendo come sembra", ammonisco.

Vibra il mio telefono, ed è mia madre che mi chiede di tornare.

"Devo andare", dico alzandomi dalla sedia e avviandomi verso l'uscita del bar.

Lui si alza con me. "Io sto sempre in spiaggia, oppure qui...qualche volta passa!" Esclama. "Ci si becca in giro!"

Sorrido. "Lo farò. Ciao Riki."

Esco dal bar raggiungendo di corsa i miei.

Mi sento felice. E non so neanche perché.

Replay | Riccardo Marcuzzo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora