The second day.

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Capitolo 13.

Mi stropicciai gli occhi e toccai il posto a fianco a me.

Era vuoto.

Dov'è Zayn?

Mi alzai e andai in cucina, ma non era li.

Mi incamminai fino il balcone.

Era seduto fuori, senza maglietta, con il suo muffin, che guardava l'alba.

Silenziosamente mi avvicinai e prese un sussulto quando gli picchiettai la spalla.

«Che ci fai in piedi a quest'ora? Saranno le cinque del mattino! » dissi ancora con la voce impastata dal sonno.

«Non riuscivo a dormire...» confessò addentando un pezzo di muffin.

Quando si giró verso la mia direzione mi squadrò da capo a piedi e infine mi fece uno dei suoi sorrisi più belli.

«Perchè ridi? C'è qualcosa che non va? Oh, giusto! Ieri sera non mi sono struccata e ora ho tutto il mascara sparso per la faccia.

La mattina sembro uno zombie vivente,non guardarmi » affermai imbarazzata coprendomi il viso con tutte e due le mani.

«Non hai capito proprio nulla» sussurrò togliendomi le mie mani che, in confronto alle sue, erano a dir poco piccole.

La metà delle volte era uno stronzo, ma nell'altra piccola parte era talmente dolce che aveva il potere di  far dimenticare a chiunque della sua altra metà arrogante, stronza e menefreghista.

«Andrai ad altri incontri?» chiesi interrompendo il silenzio di un'attimo prima.

«No.» Rispose deciso ritornando a guardare il cielo che, pian piano, iniziava a schiarirsi.

Ieri sera sembrava convinto di combattere ancora. Credo che a lui faccia bene svegliarsi e riflettere un po' sulle merdate che compie.

«Cos'è che ti ha fatto cambiare idea?» si girò e mi guardò negli occhi.

«Tu.» prima che dicessi altro mi precedette: «Se a te questo serve per capire che non sono uno stronzo, stupido, arrogante e-...»

«Lo saresti comunque» sbiascicai ridendo.

Lui si giró.

«Tu!  Come osi! inizia a correre!» io scoppiai in una fragorosa risata e chinai il capo all'indietro.

«No seriamente, inizia a correre. » quando mi fermai per vedere il suo viso capii che era serio.

Iniziai a correre nella sua/mia/nostra stanza, cercai di chiudere a chiave ma fu così abile da bloccarla.

Io allora afferrai un cuscino e glie lo lanciai in pieno viso.

«Eh, no Sharon Horan, questo non lo dovevi proprio fare!»

Mi prese su una spalla e mi sdraiò sul letto.

«Oh, no! No, no ti prego, il solletico no!» imprecai tirandogli piccoli pugni sulla schiena e cercai,dimenandomi, di liberarmi dalla sua presa,ma tutto fu vano.

Inizio a solleticarmi la pancia e io lanciai un gridolino.

Continuò ma si fermò quando io, senza volerlo, gli diedi una ginocchiata sul naso.

Lui cadde a peso morto sul mio fianco.

«Oh Dio, scusa Zayn, non volevo. Scusa, tu mi facevi il solletico, io ero...insomma, scusa»

Lo aiutai ad alzarsi e gli raccomandai di tenere il naso all'insù, rivolto verso il soffitto.

Corsi in cucina e afferrai del cotone e dell'aqua.

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