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«Le chiavi di scorta sempre al solito posto, eh, Jenn?»,
Quella voce roca fa ritornare in me troppi ricordi, nessuno di essi positivo.
I violacei lividi di mia madre;
Le urla;
Le litigate;
Lui che barcollava e la sua puzza di alcool di prima mattina...
Ricordi che avevo messo in una scatola,  sigillata e nascosta nei meandri della mia memoria.
«C-cosa vuoi? Soldi? Alcool? Avrai tutto ciò che vuoi, a-a patto che te ne vada»,
«Huh, non voglio da bere, io voglio te. Perché mi hai cacciato, Jenn, eh?»,
Mia madre è sull'orlo del pianto, con...
Lui a distanza troppo ravvicinata.
«PERCHÉ MI HAI CACCIATO A CALCI IN CULO DA CASA MIA?!, RISPONDI!», urla stringendo la bottiglia di birra che ha in mano, quasi vuota.

Vedo mia madre passarsi velocemente le mani sulle guance.
«lo vuoi sapere davvero il perché?», gli risponde con una voce più calma possibile, lui, in risposta, gira di lato la testa.

Mia madre, con uno scatto fulmineo lo prende per le spalle e gli tira una ginocchiata in mezzo alle gambe.
Cade tramortito a terra, dolorante.
Mia madre gli prende le chiavi dalla mano e spinge il suo corpo fino alla porta.
«Prova a rimettere piede in questa casa e ritroverai il tuo culo in una cella», gli dice prima di sbatterlo fuori.

Si lascia andare sulla porta, con le mani nei capelli, come me la sera prima.

«Sei sempre stata la mia "super mamma"», le dico mentre gira il volto pieno di lacrime.
La situazione di qualche minuto prima si è praticamente ribaltata, ora quella con la tremarella e i singhiozzi è lei, io sono quello che la conforta, la spalla su cui piangere.
È sorprendente vedere come anche le donne più forti possano avere i loro momenti di crisi.
Ho sempre ammirato mia madre.
Lei che è sempre riuscita ad andare oltre i problemi, le preoccupazioni, gli errori, il dolore, l'insoddisfazione, la stanchezza.
Lei che è sempre stata capace di sorridere, sempre, dopo tutto quello che le pioveva addosso.
                                  •••
È passata quasi un'ora e mezza dall'accaduto e ora io e mia madre ci troviamo sul divano, una davanti all'altro, con del cibo cinese take-away.
«Così, è partito, lasciandomi lì, sulla porta. Dentro me sentivo il bisogno di fermarlo, chiamarlo e farlo restare qui a consolarmi, ma mi sono detto che dovevo usare il buon senso. Ha fatto una cazzata di dimensioni colossali»,
«Non soffermarti ai primi errori commessi dalle persone. Ad ognuno di noi capita di sbagliare. Credo che dovresti chiarire con lui, e magari anche coi tuoi compagni di classe».
Sospiro, mia madre mi ha sempre dato consigli più che utili, ma parlare dell'accaduto ai miei compagni mi imbarazza.
Riguardo a Ethan... Dovrò parlarci, faccia a faccia.
Prendo il telefono appoggiato sul tavolino in vetro davanti al divano, noto un messaggio di Chris e uno di... Mia.
Sbarro gli occhi appena leggo quel nome, nemmeno per quello che c'è scritto.
-Oggi, 15:45, al solito posto. Vedi di non fare tardi-
Ethan mi risponde dopo più o meno 10 minuti, come sempre alla fine.
-Certo.-
Appena leggo mi precipito in camera a scegliere i vestiti da mettermi.
Scendo già pronto dopo più o meno 10 minuti.
Saluto mia madre, che ha uno sguardo abbastanza dubbioso, con un piccolo bacio sulla guancia.
«Mi vedo con Ethan. Dovevamo parlare, no?», annuisce contenta.
Esco, il freddo mi circonda ma mi incammino velocemente al parco dove siamo andati insieme alla nostra prima uscita.
Arrivo al laghetto con 13 minuti di anticipo, quindi, decido di sedermi sulle foglie secche, quasi sulla riva.

Ho sempre amato il paesaggio che assume questo posto in autunno: foglie rosse e arancioni qua e là nell'acqua, i colori freddi del cielo...
Insomma, non sono mai stato un amante dei colori sgargianti, fin da piccolo.

Proprio mentre ero perso nei miei pensieri, giocando con un rametto nel laghetto limpido, Ethan sbuca tra i cespugli e gli alberi. Mi guarda con uno sguardo esausto, in cerca di calore, mentre si avvicina a passo lesto a me, ma quando mi arriva davanti lo allontano.
«Io e te dobbiamo parlare», gli dico con una freddezza paragonabile alla temperatura esterna.
«Ciao anche a te...»,
«Puoi dirmi tutto quello che hai da dirmi, ora»,
«Non ho niente da dirti, tutto quello che penso te l'ho scritto ieri. Ero ubriaco fradicio, ho fatto una cazzata, fine»,
«Fine? No. Mi hai fatto fare una figuraccia davanti tutta la mia classe, e poi-»,
«Quale figuraccia? Un "bacio gay" è una figuraccia? Mostrare il mio amore per una persona del mio stesso sesso è una figuraccia adesso?»,
«Non intendevo questo. La figuraccia è avere un fidanzato ubriaco che viene ad una festa che non dovrebbe essere nemmeno a conoscenza, a baciare il proprio ragazzo e che fa quasi a botte col suo migliore amico appena uscito dal coma. Ecco la figuraccia».

Ethan si è improvvisamente ammutolito.
«Stavo dicendo, prima che mi interrompessi, chi mi assicurerà che non farai più cazzate del genere?», alza lo sguardo verso di me, ma non mi risponde.

«Quindi?», mentre gli parlo inizia ad avvicinarsi a me, lentamente.

«È questo uno dei fondamenti di una relazione. Fidarsi ciecamente della propria persona senza mezze misure. Nessuno può assicurare all'altro di non fare una determinata cosa, sta a quella persona fidarsi dell'altro e sapere che non lo farà più».
Quando finisce di parlare mi trovo spalle ad un tronco di un grande albero e lui a distanza molto ravvicinata da me.
«I-io-»,
«Shhh», mi zittisce mettendomi un dito sulle labbra che toglie subito dopo per far spazio alle sue, che sono calde e dolci e come non le avevo mai sentite.
È sorprendente come mi possa sciogliere con un semplicissimo ma profondissimo bacio. Quelli ti riescono a toccare dentro, che li senti persino nel cuore, quelli che ti fanno venire i brividi, quelli che ti fanno sentire a casa.
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Spazio autore
Hi guysss, finalmente il capitolo numero 31, ci siamo riusciti!
Scusate se non ho aggiornato ma ho avuto da fare con gli studi e l'esame, come ben sapete...
Beh, spero vi sia piaciuto!
Al prossimo capitolo tesori miei🖤
-Peeta

Innamorato Di LuiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora