Black Dandy Damask

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Ad amare il bello, il bene, gli angeli, è naturale,
come rinnegare la purezza, il piacere, i petali di rosa?
Godere del male, dell’evanescente, è un vizio sottile,
è crogiolarsi tra le braccia di un diavolo che ci dissangua.

Il dandy, curiosa creatura, ama il bello in ogni modo,
ama la concubina assassina, la carcassa elegante,
affonda gli occhi nelle più profonde cicatrici del cuore,
si droga coi colori orientali e annega nei fumi del sogno.

Oggi, che dandy vuoi essere? Quale bello ramifica il terreno?
Le puttane nei loro letti ci trasformano in necrofili,
i nostri cuori sono pieni di metastasi bugiarde e lacrimanti,
i colori sono spenti come un treno nella notte che porta al nulla.

Oggi, chi ha il coraggio di cercare il bello, noi dandy,
godiamo dell’attimo come se tutta la vita si richiudesse in esso,
succhiamo feroci quella misera goccia di vita che caviamo dal secondo,
il domani è una bestemmia, il futuro è utopia, solo oggi il sole sorgerà.

Chi ama il bello scova fantasie damascate nel labirinto naturale,
quei fiori di bellezza metafisica, quei simboli di pace e voluttà,
con inchiostro e verbi li si adorna per riesumarli e donarli al mondo,
questo è il dandy del tempo perduto, il dandy del frastornante silenzio.

 Siamo creature che si sfamano coi paesaggi e col ricordo,
col fiato mozzo tratteniamo quel vulcano che ci esplode nel petto,
bramiamo l’ambrosia dell’amore leccandone le gocce dal pavimento,
amiamo e odiamo la Natura, perché lei è perfetta e noi no.

I dandy, maledetti visionari, vivi solo di quintessenza,
noi, poeti di un regno decaduto, di un castello in rovina,
abbiamo donato la nostra anima per la salvezza degli spiriti,
abbiamo mischiato il nostro calamaio alla coppa baciata da Mida.

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