Per i tempi che corrono al Bistrot c’è sempre posto,
sono così pochi i clienti che non si resta in piedi,
se si è in cerca di un buon compagno di vino e pensieri
salite agli ultimi piani, tra coloro che sfiorano le stelle.
Come sempre chiedo il mio bicchiere di bordeaux,
come al solito è finito, di sopra l’hanno tracannato,
e che può fare una mente in cerca d’un po’ di estasi?
-Guarda nel calamaio- mi fa l’oste –manda giù e pochi indugi-.
Raggiungo il primo piano, in cerca di un bicchiere dimenticato,
e trovo sui tavoli e nei bicchieri terra, sassi, foglie e insetti,
tanti uomini accalcati attorno per studiarli e ammirarli,
-Questo è il vero, la natura!- dice uno indicando un verme.
Da una parte più silenziosa un odore acre giunge da un tavolo,
un corpo sta sul tavolo, col ventre aperto e l’intestino nudo,
-Era un uomo assai umile- dice uno –ha lo stomaco d’un lattante-,
-Ma era gran lavoratore, guarda la mano, forse era fabbro-.
Nella vita m’è parso di camminare nel mezzo di costoro,
come un verme strisciavo sotto i loro occhi cerchiati da vetri spessi,
dalle mie viscere, come streghe voodoo, cercavano la mia identità,
dalla mia esistenza volevano conoscere il mio pensiero e la mia anima.
Secondo piano, mi dileguo da quei mistici ortolani e dottori macellai,
un soffio di vento mi incita a proseguire verso una stanza di lapislazzuli,
una calma ambigua e un’atmosfera di mistero si aggira tra quei tavoli,
colori esotici e aria fresca impregnano le tende e le tovaglie.
Un bicchiere solitario intravedo accanto alla finestra,
faccio per afferrarlo quando una mano mi afferra la spalla,
-Se vuoi quel vino dovrai ascoltare del nostro viaggio,
quel nettare non è per tutti, solo chi ha curiosità può gustarlo-.
Tre uomini mi invitano a sedere, io col calice in mano benevolmente li ascolto:
-Io viaggiai dal sud all’oriente, conobbi un persiano che di noi sapeva niente-,
-Io vagai per l’Europa, meraviglie in suolo italiano mi fecero lagrimar di gioia-,
-Dalla Germania discesi, e mi spinsi s’un vulcano che ancor dorme dai tempi del Vate-.
-Perché tornaste, perché non rimaneste nella valle delle lacrime liete?
Conobbi la vostra storia, che darei per vivere anche uno solo di quei giorni!-
gli chiedo bevendo l’ultimo sorso, e il più magro dei tre mi disse sorridendo:
-Perché tornare e non restare? Tu sai la risposta. Tuo fratello, lui bene lo sa!-
Arrivo sulla vetta del palazzo, e a metà scala già vedo la volta notturna,
la pace di quel luogo l’avevo sentita solo nel leggeri ricordi dell’infanzia,
in questo posto la mia immaginazione è come un cuore innamorato,
il male pare sparire dal mondo e anche se ci fosse lo amerei come amo le rose.
Abbasso lo sguardo mirando quell’atmosfera di cristallo,
al centro s’un tavolo, circondato da candele un bicchiere che pare chiamarmi,
un vino nero e corposo vi danza dentro, un profumo di ciliegi d’autunno,
-Te l’ha lasciato lui- una voce fraterna e familiare sussurra alle mie spalle.
-Di tutti gli astri che adornano l’oscurità tu sei tra i più luminosi.
Gemello di mio fratello, m’era parso di sentire il tuo batter d’ali corvine,
speravo nell’eco delle parole fatali, pilastri della tua gloria e del mio piacere,
mai la notte fu così amabile, tu che la conoscesti, tu che la denudasti!-
Essere un poeta è una via crucis in cui la penna è la croce e il sangue l’inchiostro,
c’è un qualcosa di sacro e profano in un poeta che unisce la sua mente con l’universo:
è un angelo che ti eleva lo spirito e lo porta nella valle dove nascono i sogni,
ed è un demone che ama intrecciarsi tra le dita le corde di un cuore rovente.
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INK DRUNK
PoesiaI poeti dell'epoca senza nome. In un epoca come la nostra ci sono persone che arrancano come s'una parete scoscesa in cerca di un appiglio, un qualcosa alla quale aggrapparsi per non cadere, per non crollare, per non perdersi. Alcuni vagano nel bui...