La femme maudite

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Immaginate di aver vissuto tutte le epoche,
immaginate di aver visto il mondo da quando esiste,
lo avete attraversato dalla prima alba,
e dovrete vagarvi finché non giungerà l’ultima notte.

Che sia gelo o caldo, buio o giorno,
per me non farà alcuna differenza,
che sia oggi, ieri o domani,
io non concluderò mai questo eterno viaggio.

Ho tanti nomi, tanti volti,
tanti mi temono, pochi mi affrontano,
i saggi volentieri mi esaminano,
i mortali alla mia presenza fuggono.

Tod mi chiamano i Sassoni, nella alta Germania,
Death per gli Angli, Sǐwáng in Oriente,
La muerte nella calda Andalusia, la mort a Lutezia,
io sono Tanatos, la fatalità, la paura del mondo.

Vivo del timore del popolo e delle lodi dei suicidi,
nel mio mantello mi avvolgo per nascondermi ai volti terreni,
la più velenosa delle serpi si nasconde al mio passare,
la più atroce calamità si piega al mio cospetto.

Non v’è luogo che possa evitarmi,
non v’è creatura che riesca a resistermi,
il mio sguardo, il mio respiro, una mia carezza, un mio bacio,
un oscuro dono che gli umani scartano una sola volta.

Della paura non conosco né l’imago, né la forma, né l’odore,
percorro una marcia funebre dove non mi volto mai indietro,
eppure un macigno mi pesa sul cuore tanto da schiacciarmi le ossa,
una pesante catena che mi trapassa il petto da secoli mi distrugge.

Immaginate adesso di amare, follemente e inspiegabilmente,
e immaginate che la persona a voi cara sia su di un letto,
è in fin di vita, soffre, ormai senza forze nella sua dignità,
è in agonia ma vive, respira con fatica, implora di morire.

Cosa fareste? Cosa avreste fatto in quel momento?
Per natura permetto alle anime di prendere la strada per la vita eterna,
a loro spetta tutta la pace  che esista, tutto il bene, tutto l’amore,
ma io resto inchiodata sulla terra senza mai tornare a quella Luce.

Io ero l’artefice! Un bacio fatale, e tutto sarebbe svanito,
Significava perderlo, non vederlo fino alla fine dell’eternità,
restare aggrappata ad un ricordo lieve e lontano,
mai più sentire la voce, il profumo, mai più quegli occhi!

Quante rose sono appassite nelle mie carezze!
Quanti fiumi prosciugati sotto i miei passi!
Col suo viso tra le mani ho sanguinato amarissime lacrime,
in quel bacio ardente il mio cuore è esploso e la sua vita s’è spezzata.

La Morte che cede il suo cuore ad un mortale,
l’eterno castigo del destino che sfugge alla sua presa,
il fato che si beffa della sorte, quale anatema, Tanatos e il poeta,
la Fortuna ride strillando, io nei più profondi oceani grido disperando.

Io posso concedere la pace eterna, liberare da ogni dolore,
ma qual è la mia pace? Come placare la mia pena?
Sono condannata al buio, al silenzio, al rimpianto, al dolore,
non ho mai potuto carezzargli il viso o baciargli la guancia nel sonno!

M’abbigliò d’abiti di diamanti e mi invitò a danzare,
mi chiamava con parole scarlatte e incandescenti,
lui stava silenzioso a guardare il vuoto, pensoso e misterioso,
io fissavo i suoi profondi occhi e in essi mi lasciavo cadere.

Lui era la mia pace, il sollievo ad ogni mio tormento,
per il mondo sono una falce grave e perpetua sul campo della vita,
per l’uomo una sciagura, una storpiatura, una carogna, un abominio,
per lui un mistero, un desio irraggiungibile, quel viaggio atteso verso il nuovo!  

Potessi diventare mortale solo per poter morire!
per fermarmi su quella terra, per potergli parlare,
o solo per essere libera da ogni affanno e tormento,
e poi sperare che lui torni a prendermi per vederlo solo un’ultima volta.

INK DRUNKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora