A casa dei conti Castle- Gabrielle

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Gabrielle era agitata.

Sentiva il cuore battere forte e nell'attesa dell'arrivo del signor Toupier era stata costretta a sedersi, perché le gambe non le reggevano.

Durante la notte l'agitazione non l'aveva mai abbandonata, il sonno era stato poco e tormentato dagli incubi. 

Era pallida e la pelle so  tto gli occhi aveva assunto un colorito violaceo che rivelavano tutta la sua angoscia. 

Per nessuna ragione, però, voleva apparire spaventata.

 Se il signor Troupier immaginava di trovarsi di fronte ad una ragazza impaurita e piangente, ne sarebbe rimasto deluso. Non lo avrebbe supplicato,anzi non gli avrebbe rivolto  nemmeno una parola, almeno fino a quando si trovavano di fronte alla sua famiglia. Non voleva che quella umiliazione si tramutasse in un dolore ancora più intenso per loro. 

 Si era, così, ripromessa di rimanere calma e di non dare alcun segno di cedimento: e se fosse stato lui a fare parola della faccenda di cui era tristemente protagonista, lei avrebbe risposto con sufficienza, come se infondo quella storia non riguardasse lei. Non gli avrebbe reso la vita facile in quei tre mesi, e voleva che questo fosse chiaro fin da subito. 

Ciò, però, non impediva a Gabrielle di avere un attimo di cedimento prima del suo arrivo: tutta quella storia continuava ad essere troppo per lei, e le mani che tremavano ne erano una testimonianza. 

Anche sua madre era molto pallida. Lady Castle camminava avanti indietro nel salone tendendo ogni tanto le orecchie per capire se stesse arrivando qualcuno. 

Suo padre, invece, era seduto su una delle poltrone della sala e con una mano batteva il tempo come se dovesse dirigere un'orchestra per un concerto. 

Suo fratello, invece, guardava fuori dalla finestra. Gabrielle non poté non provare pena per lui: in fondo era suo fratello e, per quanto le avesse rovinato la vita, sapeva di non poterlo odiare. 

Nessuno osava dire una parola perché ognuno aveva i suoi pensieri per la testa e temeva la reazione che gli altri avrebbero avuto. Era doloroso ammetterlo, ma il giorno in cui sarebbero tornati tutti insieme niente sarebbe stato più come prima. 

Ad un certo punto, il campanello della porta suonò e il loro maggiordomo si affrettò ad aprire. Tutti loro sobbalzarono: Lady Castle si fermò bruscamente, lord Castle scattò in piedi mentre Gillan voltò la testa in direzione della porta. 

Gabrielle, invece, rimase immobile ma il suo cuore fece un tuffo. Doveva trovare il coraggio per non cedere, era essenziale in quel momento.

 Dopo pochi secondi, il maggiordomo annunciò l'arrivo di Martin e lui apparve sulla porta con un sorriso di circostanza dipinto in volto.

-Buongiorno conti Castle, spero di non avervi fatto attendere troppo- il suo sguardo vagò per la stanza e si soffermò su Gillan caricandosi, per un solo attimo, di disprezzo- Non è mia usanza fare tardi, ma ho avuto un contrattempo-.

- Signor Troupier, lasci da parte i convenevoli, la prego. Oggi è come se fosse un giorno di lutto per la mia famiglia- rispose il conte.

- Non esageri signor conte, più che un addio, quello con sua figlia è un arrivederci- replicò sarcasticamente Martin.

- Sarebbe inutile chiederle di ripensarci, di chiedere un'altra garanzia. Vedo che non ha cambiato idea-

- Infatti è così. Gli accordi sono quelli di ieri- disse freddamente Martin. 

Gabrielle gli lanciò un'occhiata gelida. Stava valutando il suo atteggiamento e ormai aveva capito che per lei non c'era più niente da fare e che avrebbe dovuto veramente seguirlo.

- La prego, signor Troupier, ci ripensi- intervenne improvvisamente lady Castle- se non è alle parole di un conte che non vuole dare ascolto, dia almeno retta alle parole di una madre. Mia figlia è solo una ragazza, il danno che ciò arrecherebbe alla sua reputazione sarebbe enorme. Immagini se ciò accadesse ad una persona cara, cosa proverebbe? - le lacrime cominciavano a rigare il suo volto e la voce ormai si spezzava.

Gabrielle, che fino a quel momento era rimasta in disparte, di fronte al muro di silenzio di Martin, la cui mente aveva iniziato a vagare verso ricordi più che dolorosi, si avvicinò alla madre e disse – Ti prego madre, non parlare così. Il signor Troupier ha preso la sua decisione e dobbiamo adeguarci ad essa- e rivolgendosi a lui- io sono pronta, possiamo andare-

Martin rimase sorpreso. Si aspettata la reazione della madre, ma non quella della figlia. Dopo un iniziale attimo di shock, provocato da quelle parole, Martin si riprese subito e disse:

- Bene, se la contessina è pronta, non vedo il motivo di indugiare. Tra tre mesi esatti saremo di nuovo qui: voi con il denaro, io con vostra figlia- e rivolgendosi a Gabrielle - Ti aspetto fuori. Cerca di fare in fretta con i saluti. Ho fretta- così dicendo uscì dalla sala, senza aggiungere altro.

Lady Castle era sul punto di svenire. Non pensava mai che nella vita si sarebbe dovuta umiliare tanto, senza neanche ottenere un risultato.

- Basta- proruppe Gillan che, come risvegliato da un incubo, fece qualche passo con l'intento di seguire Martin- non posso tollerare tutto questo. Adesso vado...-

- No, Gillian- disse Gabrielle, fermandolo poggiandogli una mano sulla spalla- non ne vale la pena, credimi. Io saprò cavarmela. Fai almeno questo per me, non interferire più in questa storia. Nonostante tutto, ti voglio ancora  e non voglio che tu finisca in altri guai- così dicendo, lo abbracciò.

Il conte Castle non poté resistere a quella scena:- Mi dispiace Gabrielle, io non ce la faccio, non riesco proprio- e così dicendo uscì dalla stanza, senza neanche abbracciare la figlia.

Gabrielle ci rimase male, ma capiva il padre. Lo conosceva bene e sapeva che come quella situazione lo turbava nel profondo. Non poteva pretendere che lui superasse quel dolore, sapendo di essere stato anche lui la causa della sofferenza di Gabrielle.

- Gabrielle, figlia mia- le disse lady Castle- non rimanerci male. Tuo padre è fatto così. Lasciati abbracciare da tua madre e non temere nulla, io ti sarò comunque vicina- e sussurrandole all'orecchio, per non farsi sentire dal figlio- la vergogna prima o poi andrà via, cerca di non pensarci-

Gabrielle capì a cosa la madre si riferiva e arrossì.Cerco di non farci caso e le disse: -Anche io ti voglio bene mamma- dopo si voltò e, raddrizzando la schiena, lasciò la casa in cui aveva vissuto per tutti i suoi vent'anni di vita, andando a testa alta verso l'uomo che sapeva le avrebbe rovinato l'esistenza.    

Per amore e per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora