4.Ultimo giorno di scuola

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Dopo aver raccontato ai due amici di Ted e del motivo del loro litigio, Camilla ci pensó molto. Non sapeva cosa aspettarsi dalla vita ormai. Era Così raggiante e solare agli occhi degli altri, ma solo in pochi riuscivano a vedere quanto si sentisse sola e triste.

Aveva due amici fantastici, un posto solo suo meraviglioso, andava bene a scuola, le piaceva studiare, e aveva i suoi amati libri ma non era abbastanza.

Lei voleva dalla vita tutto ciò che poteva desiderare. Alcuni lo definirebbero avarizia o egoismo, ma lei pensava che se siamo su questa terra un motivo ci sarà. Se siamo qui in questo momento vuol dire che è il nostro posto e il nostro momento. Dobbiamo dare alla vita sempre il 100% e dobbiamo spettarci da essa non una percentuale in meno di quanto le diamo.

Dobbiamo goderci ogni secondo, vivere ogni secondo. Dobbiamo amare, viaggiare, leggere, piangere, sognare e soprattutto realizzare i nostri sogni. Lei desiderava con tutto il cuore andare a dormire la sera con un sorriso stampato sulle labbra. Voleva potersi dire da sola "che bella giornata che ho avuto" ogni singola sera. Non aveva nessuna intenzione di farsi scappare il tempo di mano. No. Lei voleva camminarci accanto, voleva vivere ogni giorno con lo stupore di chi non avesse mai visto il mondo,come se fosse il primo, e l'eccitazione e il timore che fosse l'ultimo. Lei voleva vivere e non semplicemente sopravvivere.

Tuttavia, non tutti i giorni lei poteva dire di godersi la vita, di questo ovviamente ne soffriva. Questa noia persistente le dava alla testa. Aveva come l'impressione di fare ogni giorno le stesse cose non perché volesse davvero farle, ma per routine, per abitudine. Questo davvero non poteva sopportarlo. Lei, che aveva un fuoco dentro di sè. A dire il vero aveva anche il mare, era un mix di emozioni, solarità, tristezza, timidezza, coraggio e sprontatezza. Un sacco di controsensi, una mente brillante che non riesce a mostrare a tutti la sua luce.

In questo periodo la sua routine stava diventando straziante.

La mattina si svegliava alle 7.00, non un minuto prima, né un minuto dopo; ormai ci era talmente abituata che non aveva neanche bisogno di una sveglia. Si alzava dal letto, si dirigeva verso il bagno, si lavava i denti, la faccia con acqua bollente come piace a lei e si metteva la crema idratante al profumo di vaniglia. Poi arrivava quel momento. Il momento del trucco. Sbuffando prendeva la sua truss, stendeva il fondotinta, applicava il blush e quell'odioso, stupido eyeliner. Quel pennellino con il quale o veniva fuori una codina troppo spessa, o troppo sottile, o troppo curva, o troppo verso il basso; le ricordava di quanto noi ragazze dovessimo sistemarci solo per andare a scuola. Poi passava venti minuti a lamentarsi su cosa doveva mettere e alla fine sbuffando si metteva sempre le cose più brutte che aveva quand'era di cattivo umore. Riteneva che se fosse nervosa tutti dovevano capire che fosse in quello stato a partire dal suo abbigliamento, in modo da non infastidirla ulteriormente; anche se quando rivedeva i suoi amici tutte le cose negative sparivano. Poi pettinava la sua lunga chioma rossa e si avviava a piedi verso scuola.

Le piaceva davvero molto il liceo e divertirsi con Isabelle e Benji, ma quest'anno non vedeva l'ora che finisse. Il suo quarto anno di scuola superiore fu soffocante e non vedeva l'ora di riscaldarsi il cuore con una bella estate.

L'ultimo giorno di scuola arrivó con infinita lentezza. Isabelle e Camilla aspettavano fuori da scuola, nascoste dietro ad un albero in cortile. Stavano aspettando Benji che come sempre era in ritardo e come sempre voleva che le sue due amiche lo aspettassero all'entrata.

Ormai la campanella era suonata da almeno 20 minuti e Isabelle preoccupata stava quasi convincendo Camilla ed entrare quando sentirono la voce del loro amico urlare qualcosa. Si girarono e lo videro tutto spettinato e con la camicia abbottonata male, che stava correndo verso la loro direzione.

-infondo è Benji.

Disse Camilla sorridendo ad Isabelle, che si stava lamentando di quanto fosse malvestito quella mattina, come tutte le mattine in realtà.

Passate le due ore di economia, passata l'ora di inglese e matematica rimaneva solo tedesco. Camilla non sopportava il tedesco; riteneva fosse troppo difficile mentre Isabelle lo parlava con tranquillità perché era molto portata.

Suonata la campanella, prima che entrasse la professoressa di tedesco, Camilla si accorse di avere un bigliettino nel libro di quella materia che diceva:

"Il rosso dei tuoi capelli mi annienta,

Quasi quanto forse il tuo sorriso,

Per non parlare dello sguardo tuo che mi tormenta;

Non riesco a staccar gli occhi dal tuo viso"

La ragazza inizialmente pensó fosse uno scherzo, chi mai le avrebbe potuto dedicare quelle parole? Era una poesia un po' arrangiata e scritta in un attimo, ma le piaceva.

Per tutta l'ora rimanente lei non fece altro che pensare a chi potesse essere il suo ammiratore e perché avesse aspettato la fine dell'anno scolastico per scriverle.

Suonata l'ultima campanella lei non aveva lo stesso entusiasmo degli altri nel lasciare la scuola. Voleva assolutamente sapere chi fosse il ragazzo misterioso che aveva sprecato un po' del suo tempo a scriverle.

Con l'espressione perplessa e persa nel vuoto prese la strada più lunga per arrivare a casa, in modo da avere il tempo per pensare a chi potrebbe essere.

Escluse l'idea che si trattasse di qualcuno della sua classe. I suoi compagni maschi erano solo sei, tra cui Benji, ed era sicura non si trattasse di lui. Rimanevano Marco, James, Giulio, Thomas e Eric.

Aveva dei buoni motivi per escludere tutti e cinque: Marco era il secchione della classe perdutamente innamorato della sua ex amica Anna dai tempi dell'asilo; James era il fidanzato di sua cugina Anastasia; Giulio, beh, non era sicura che Giulio fosse interessato alle ragazze in realtà; Thomas era il copione della classe e di certo non sarebbe riuscito a scrivere una poesia e Eric era il ragazzo di Anna e anche se non ci aveva mai parlato da sola sapeva che la detestava.

-bene

Disse tra sé e sé, ora esclusi i 6 ragazzi della sua classe rimanevano almeno un centinaio della sua scuola. Il campo su cui cercare era molto vasto ma cercó di ristringerlo.

La vita secondo CamillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora