X. Celesti

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“E poi? Poi che cosa è successo?” chiese Vereheveil “Quella notte Kasday…”.

“Da quella volta Kasday non è più se stesso. È uscito di senno, ha perso la ragione e non è mai più uscito da palazzo, se non per andare a combattere su mio ordine. Ma credo che non lo faccia veramente. Non l’ho mai visto in battaglia. Credo che passi per il quadro e poi si nasconda, ignorandomi”.

“Come dargli torto…” mugugnò Nosmagiés, ruotando gli occhi al cielo.

“Fa silenzio, pennuto schiavo! Non ti permettere!” tuonò Momoia.

“Abbassi la voce. Al mio Signore dà fastidio tutto questo chiasso inutile e senza senso” gracchiò l’angelo messaggero, accigliato.

“Che scenda a dirmelo di persona!” gridò Momoia.

Il giovanissimo Dio del Silenzio si alzò in piedi, di scatto. Con un rapido gesto della mano tolse la voce a tutti i presenti. Non potendo far restare atona la Madre degli Alti, il Dio si limitò ad abbassarle la voce di un paio di tonalità.

“Perché lo hai fatto?” domandò Momoia.

A gesti il giovane fece capire che era stato Kasday a crearlo e che era giunto il momento di tornargli il favore. Molti annuirono. I più giovani erano tutte divinità nate dall’uovo che Kasday che aveva creato dopo aver generato il suo Universo.

“E va bene! Come preferite…” si rassegnò Momoia.

“Io torno dal mio Padrone. Voi non alzate troppo la voce e riflettete su cosa vi dirà questa pazza” disse Nosmagiés, indicando la Madre.

“Dì al tuo caro Signore di scendere immediatamente. O lo prendo a calci per buttarlo di sotto!”. L’angelo la ignorò ed iniziò a salire le scale.

“Ti prego, Nosmagiés! Fallo venire qui! Fammi rivedere Kasday!” mormorò Luciherus ma il messaggero non lo ascoltò. Sparì nel buio e nel silenzio.

“Per cosa ci avete chiamato, Signora?” chiese Vereheveil, cercando di distogliere l’attenzione di tutti dal Messaggero.

“Io vi ho chiamati per esporvi un fatto: siamo sempre di meno. Come potete vedere, noi Alti non superiamo la ventina. Una volta eravamo molti di più ma, ultimamente, abbiamo subito numerose perdite”.

“Perdite? In che senso?” chiese il Tempo.

“E poi…scusate…ma non dovreste rinascere?” continuò la Dea della Morte.

“Il problema è che, quelli di noi che non sono qui presenti, risultano scomparsi nel nulla. Nessuna parte della loro essenza risulta rintracciabile. Questo mi impedisce di farli rinascere e quindi siamo sempre di meno. Purtroppo questo fatto è accaduto più volte e capita sempre più spesso. Il primo a sparire è stato mio marito”.

“Mi dispiace…” sussurrò qualcuno, con vero cordoglio.

“Tutto è iniziato dopo la decisione della mia creatura. Si è gettata nelle fiamme che lei stessa aveva creato. Il giorno dopo è sparito mio marito. Pensavamo si fosse solo allontanato per un po’, per riflettere o per stare da solo, ma poi sono iniziati a scomparire anche gli altri…uno dopo l'altro. E abbiamo tutti capito che qualcosa non andava”.

“Chi può fare una cosa del genere? Far scomparire un Alto come se fosse niente dev’essere difficile” esclamò Kavahel.

“Noi sappiamo chi può farlo. I Celesti” parlò uno degli Alti.

Luciherus scoppiò a ridere: “I Celesti?! Suvvia, ragazzi! I Celesti sono favolette usate per fare dormire i bambini ed obbligarli a fare i bravi. Cose del tipo: attento, sii buono, altrimenti i Celesti verranno a prenderti! Cerchiamo qualcosa di più concreto…”.

La città degli Dei 2- La Luce Dei CelestiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora