XXII. Il nuovo Kasday

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Kasday entrò nella stanza. Respirava lentamente e profondamente. I capelli, sciolti dalla loro elaborata pettinatura, ricadevano sul suo viso e lungo tutto il corpo, coprendone la maggior parte. Una sola mano, blu, spuntò dal manto di veli che lo avvolgeva, e scostò un ciuffo corvino dai suoi occhi.

"Signore! Siete ferito!" esclamò Nosmagiés, correndogli appresso.

Kasday lo fissò con aria interrogativa e poi si guardò la mano.

"Tranquillo, mio angelo" disse, con una voce stranamente profonda ed inquietante "Tranquillo, non mi appartiene questa magia che sporca le mie dita. Io sto bene".

L'Alto si leccò la punta delle falangi, che i presenti percepirono come molto affilate. Al contatto con  la magia, questa frizzò leggermente, mandando scintille.

Il fuoco lanciò un grido e Kasday si immobilizzò.

"Scusatemi!" si affrettò a dire l'angelo Messaggero, indietreggiando di qualche passo.

L'Alto spense le fiamme con  una parola e rimase a fissare il caminetto, ancora fumante, dando le spalle a tutti i presenti.

"Perdonatemi...ve ne prego..." supplicò Nosmagiés.

Kasday si mosse, con uno scatto, colpendo il Messaggero con il suo braccio di roccia e metallo. L'angelo non poté evitarlo e piombò all'indietro, cadendo in terra dalla parte opposta della sala. "Perché nemmeno tu mi ascolti!? Perché nemmeno per te non conto niente!?" sbraitò l'Alto.

Sulla sua fronte erano ricomparse le corna magenta ed i suoi denti si erano fatti affilati e lunghi.

I capelli, ora gonfi ed agitati, sembravano vivere, indipendenti dalla volontà del loro proprietario. L'angelo, sbattendo contro il muro, non si rialzò. Gemette sofferente e si raggomitolò su se stesso. Kasday lo sollevò, senza toccarlo, tenendo teso un braccio ed aperta una mano.

"Perché credi che io ti impartisca degli ordini? Per trasgredirli e poter fare quello che ti pare?" ringhiò e, muovendo le dita, fece urlare il Messaggero per il dolore.

Lo feriva. Stringendo il pugno, era come se lo prendesse per il collo. Nosmagiés si dimenò, annaspando.

"Cosa significano per te le parole: non accendere MAI il fuoco?" continuò il suo padrone.

"Così lo ammazzi! Lascialo subito!" ordinò Luciherus, l'unico ad avere il coraggio di dire qualcosa. "Vuoi essere tu la mia vittima, demone?" sibilò Kasday, con la lingua da rettile, senza lasciare Nosmagiés e guardandolo con malvagità.

"Voleva solo far scaldare la bambina...".

L'Alto mosse l'altro braccio, stava per colpire il Principe ma la piccola Celeste, correndo giù per le scale, si mise fra i due.

"Levati, sgorbio. Sei sulla mia strada" comandò l'Alto, ma la bambina spalancò le braccia, con aria seria.

"É stata colpa mia!" disse "Tutta colpa mia! Nosmagiés voleva solo aiutarmi. Smettila di fargli del male e piantala di fare il cattivo! So che non lo sei!".

Kasday  non  mollò la presa e l'angelo quasi non si muoveva più.

"Lascialo! O morirà!" disse Luciherus "Avanti...so che non  lo vuoi uccidere! Torna in te!" continuò, ma il padrone di casa non  reagì.

"Ti prego!" supplicò la bambina "Ti prego! È tutta colpa mia! Avevo freddo, stavo male...e lui mi ha aiutato! Lui mi vuole bene! Tutti quelli che sono qui ti vogliono bene...perché fargli del male?".

Scoppiò a piangere. Kasday si placò, mentre i suoi occhi tornavano ad essere grandi e dolci, le corna si ritiravano ed il suo viso riprendeva un aspetto accettabile, senza i denti da serpente.

La città degli Dei 2- La Luce Dei CelestiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora