XIII. Risposte

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Kasday camminava a testa bassa, evitando ogni sguardo. Cercando rifugio fra le ombre, avanzava, scortato. La bambina faceva fatica a tenere il suo passo e protestò, ma l’Alto le fece segno di tacere.

Per la prima volta, dalla nascita dei gemelli, egli si ritrovava a passeggiare per uno dei Mondi da lui stesso creati. Non si stupì di tutti i cambiamenti che avevano compiuto le sue creature ed i suoi popoli. Facevano tutti parte della loro evoluzione e del loro cammino. La natura lo riconosceva. Gli alberi protendevano i rami verso il loro creatore ed i fiori sbocciavano al suo passaggio. Kasday sorrise, leggermente. Notò con sollievo che il paesaggio era stato deturpato pochissimo per la costruzione delle case e che le strade erano avvolte dal verde.

Alzò gli occhi. La capitale, lungo la quale stava passando, era addobbata a festa. La gente per strada era serena ed aleggiava un clima d’attesa, di speranza. Un bambino quasi fu addosso al gruppetto. Si scostò appena in tempo e si allontanò ridendo.

Quello che l’Alto non capiva, ma approvava, era il fatto che le divinità avevano deciso di non vivere più in un Pianeta abitato esclusivamente da loro ma di edificare i loro palazzi fra i credenti, i mortali. Si erano così un po’ sparpagliati fra gli Universi, pur mantenendo un costante contatto. Kasday sapeva quali Dèi dimorassero sul Mondo in cui ora stava camminando, il primo da lui creato e quello in cui anche lui risiedeva. Era soddisfatto di poter notare come la capitale fosse divenuta un importantissimo centro culturale, piena di scuole di livello elevato, biblioteche e prestigiosi palazzi. Capiva che questo era potuto succedere solo grazie alla presenza costante del Dio delle Letterature, accompagnato dalla Dea della Parola, dal Dio del Tempo e dalla sua consorte Memoria. Tutti loro contribuivano a creare la Storia e la Sapienza. L’Alto era piuttosto tronfio del fatto che il suo Pianeta più amato fosse anche quello più pregevole, sotto vari aspetti e punti di vista. La città era dinamica, piena di giovani e studenti, ma quel giorno non se ne poteva vedere molti. La maggior parte delle attività erano sospese, alla vigilia del più importante giorno di festa degli Universi. Kasday se l’era scordato. Festeggiavano la sua nascita! L’Alto sogghignò.

“Buon compleanno a me” si disse, sottovoce.

Non capiva perché quel giorno fosse considerato il più sacro. Secondo la sua ottica era molto più importante la fine della guerra fra l’antico Kaos e la passata Dea del Destino. Perché perdere tempo commemorando la sua venuta fra i Mondi? Ma poi, pensandoci meglio, si rispose da solo: ci sarà sempre qualche nuova battaglia. Altrimenti sua madre, Dea della Guerra, che ci stava a fare?

Continuò ad avanzare, esortando la piccola Celeste a non distanziarsi dal gruppo. La bambina sorrise, osservando le luci colorate e gli addobbi luminescenti. Uno sciame di insetti di vario tipo, dalle ronzanti api alle variopinte farfalle, si alzò, dal prato in cui l’Alto poggiava i piedi e dalle aiuole fiorite e, sbatacchiando le ali, tentarono di raggiungere Kasday. Lui si limitò a girare gli occhi e lo sciame cambiò direzione, avvolgendo un ragazzo seduto accanto ad una fontana. Questi scoppiò a ridere.

“Che avete oggi? Mi fate il solletico!” protestò, scuotendosi.

I capelli lunghi del giovane si sciolsero, mentre lui muoveva il capo per liberarsi dalle farfalle. “Kavahel…” sussurrarono le due guardie al seguito dell’Alto, percependo i pensieri del loro padrone.

“Sì, sono io” rispose il ragazzo, sorridendo.

I suoi occhi dorati brillavano alla luce del giorno come mai prima d’ora. Era di splendido umore. “Ci conosciamo, signori?” continuò poi, scuotendo le ali blu per far desistere le ultime api che lo credevano un fiore.

“Siete il figlio di Vereheveil. Stiamo cercando lui” risposero, in coro, le guardie.

Kavahel annuì. Fra le mani stringeva un cestino, colmo di biscotti caldi.

La città degli Dei 2- La Luce Dei CelestiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora