XXX. Feste

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Un Dio, euforico e di splendido umore, lanciava coriandoli luccicanti per l’immenso salone dove rimbombava una musica incessante e molto potente, assordante. Era vestito davvero in modo assurdo, in un miscuglio di colori terrificante. Aveva pensato lui agli addobbi della sala ed ora si stava sbizzarrendo, tentando di addobbare anche tutti i presenti.

Kavahel si fece largo fra la folla di divinità ed andò accanto al padre: “Papà…chi è quello?” chiese.

“Quello che fa casino? È il Dio delle Celebrazioni. È un tipo decisamente eccentrico e bislacco. Ricorda tutte le ricorrenze, i compleanni, gli anniversari, le feste…”.

“Forte! Non gli serve un calendario!”.

“Già. Peccato che  noi ci dimentichiamo sempre di lui!”.

“Che bastardi…” rise Kavahel, allontanandosi dai parenti e prendendo da bere.

Era un grande party riservato alle divinità.

“Domani saremo alla guerra!” urlò la Dea del Kaos, saltando sul tavolo in evidente stato di alterazione da alcol “Perciò divertitevi! Facciamo casino!”.

Vereheveil alzò un boccale ricolmo verso di lei e tutti i presenti ripeterono il gesto, urlando “Sì!” con foga.

Perfino il Dio del Tempo, di solito calmo e tranquillo, correva di qua e di là euforico.

Luciherus era a disagio. Si sentiva inadeguato. Tutti gli Dèi erano vestiti in modo meraviglioso e parlavano fra loro. Lui invece era solo e, anche se elegante, non poteva competere con le loro vesti elaborate. Sua figlia se ne stava con  il marito e con altri, ignorandolo. Raggomitolato sulla cima di un alto sgabello, il Principe ordinò da bere. Il Dio delle Celebrazioni gli si sedette accanto, tirandogli coriandoli.

“Cos’è quel muso lungo? Sorridi, nuovo Dio, che la vita è breve!”.

Accompagnò queste parole con altri coriandoli e con il suono della sua trombetta nelle orecchie del demone.

“Sparisci!” protestò Luciherus, irritato “Mangiateli i tuoi coriandoli!”.

“Quanto sei antipatico!” ridacchiò l’altro, facendogli passare una stella filante fra le corna.

Poi si allontanò, potendo vedere le fiamme negli occhi del Dio della Forza, che incenerì le stelle filanti. Corse via, cantando, ma non nascondendo un certo timore. Arrivò l’ordinazione della nuova divinità. Stava per portarsi il liquore alle labbra quando la Dea della Primavera lo afferrò per le maniche ed iniziò a trascinarlo.

“Come sei conciato!” lo derise.

Lo portò in una stanzetta appartata e lo fissò per bene.

“Ci conosciamo, signorina?!” disse, leggermente scocciato, il demone.

Lei non gli rispose e gli girò attorno.

“Posso fare qualcosa per lei, madama?” continuò il Principe.

La Dea lo squadrò, con la mano sul mento: “Spogliati!” affermò, con sicurezza.

“Come? Non crede di essere un po’ precipitosa? Intendo…non ci conosciamo e…”.

“Ma a cosa stai pensando? Dai, avanti. Tira via quella cosa imbarazzante che tu chiami abito!”. Luciherus si accigliò. Amava quel suo completo nero e sembrava molto elegante, se non era posto in paragone a ciò che indossavano le divinità. Entrò un uomo, il Dio dell’Estate, e guardò entrambi.

“Hei! Un momento! Parliamone se volete una cosa a tre!” protestò il Principe.

“Ma che stai dicendo, imbecille?” sbuffò, divertito, il Dio dell’Estate.

La città degli Dei 2- La Luce Dei CelestiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora