XX. Espero

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“E così sei figlio di Kadmon…non lo sapevo!” esclamò Vereheveil, alzandosi dal pavimento del palazzo, in marmo bianco e nero.

“Problemi, angelo?” sibilò Luciherus, con sguardo malvagio.

“No. È solo che…Kadmon è un mito! Una leggenda! La prima creatura generata nel Mondo degli Angeli, il più bello, il più perfetto, il più magico e…”.

“Basta!” lo interruppe il demone “So bene chi è! Meglio di te, forse…”.

La Dea della Guerra, il Dio delle Letterature ed il Dio del Coraggio si guardarono a vicenda.

Le loro vesti erano stracciate e sporche di sangue magico ma le loro ferite non c’erano più. Erano state guarite dalle tre essenze, ora volate in cielo.

“E voi chi sareste?” si sentirono chiedere.

I tre si voltarono verso l’interno della casa, entrando nell’edificio a piccoli passi. Entrarono nella sala in cui erano stati accolti all’ultima riunione indetta dagli Alti. Avvertirono subito un freddo pungente e si sentirono a disagio nell’oscurità spettrale. Un’ombra affusolata era in piedi, davanti alla porta-finestra, e se ne notava solo la siluette.

“Ho chiesto chi siete” chiese di nuovo una voce, proveniente dall’ombra sottile.

“Ma chi sei tu piuttosto! Che ti importa?!” sbottò, secco, Luciherus.

Il demone tolse la camicia, ormai del tutto rovinata, e guardò sottecchi lo sconosciuto, ringhiando.

Non sapeva per quale motivo, ma quel tipo non gli piaceva, neanche un po’.

“Quanta insolenza in un semplice deucolo!” ridacchiò l’affusolato.

“Quanta arroganza in un così strano coso…”.

Il Principe aveva notato delle forme un po’ fuori dal comune nell’ombra del suo interlocutore.

Gli andò più vicino e lo guardò in viso, con viva curiosità.

“Sei strano un botto…che faccia hai?!” rise.

“Attento a come parli. Potrei batterti in un attimo” lo ammonì l’altro.

“Non credo proprio!” esclamò, divertito, il Principe.

Aveva notato quanto il suo possibile avversario fosse mingherlino rispetto a lui, anche se di parecchio più alto di statura.

“Tu sei Luciherus…giusto?”.

Il Principe non rispose.

“L’ho capito da come parli, da come ti comporti. La tua insolenza, la tua strafottenza…ma anche la tua forza ed il tuo coraggio. È questo il motivo che ha fatto sì che noi Alti ti scegliessimo come divinità e…”.

“Quanto parli!” lo interruppe il demone, agitando la coda.

L’affusolato si spostò, verso la luce della Luna, ed il suo viso rifletté mille colori e riverberi, come le ali delle farfalle. Ed ali di farfalle erano dipinte sul suo viso, con grandi occhi verdi, sulla sua pelle bianca candida.

“Non è una maschera. Può sembrare, ma ciò che vedete è il mio volto, non un lepidottero posato sul mio naso!” spiegò l’Alto.

“Qualcuno te lo ha chiesto?” sibilò il demone, mentre Vereheveil gli tirava una gomitata, intimandolo di fare silenzio.

“Tu, invece, devi essere Vereheveil, il Dio delle Letterature e delle Lingue…” parlò l’Alto, ignorando il Principe.

“Sì, è esatto. E Voi chi siete?”.

La città degli Dei 2- La Luce Dei CelestiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora