IV. Padroni

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Nosmagiés rientrò in casa, seguendo il timido fuoco fatuo azzurrino, mandato dal suo padrone, che lo guidava verso la dimora. Nel palazzo faceva freddo, come sempre. Con un sospiro, si orientò facilmente nell’oscurità fino a raggiungere una finestra coperta da una tenda spessa. La scostò per far entrare un po’ della luce del mattino ma, non appena un raggio di Sole entrò nella stanza, l’angelo udì un gemito di protesta. Subito richiuse i tendaggi e tornò tutto buio.

“Signore? Siete qui? Vi credevo nelle Vostre stanze, chiedo scusa!”.

Gli enormi occhi del padrone di casa tornarono a posarsi sull’ombra creata dal caminetto spento, dopo aver visto che Nosmagiés lasciava fuori dalla stanza il Sole. Allungò le braccia verso un fuoco immaginario e poi le ritrasse, di scatto, come se si fosse scottato. Il messaggero tolse il mantello, liberando i capelli e le ali, ed andò a sedersi accanto al suo padrone, raggomitolato in un angolo.

“Signore…fareste meglio a tornare al piano di sopra. Questa sala vi tormenta”.

Ma il padrone non si mosse. Con occhi spalancati, rimaneva fermo, fissando il vuoto. Giocava con le mani, agitandole convulsamente, scacciando insetti inesistenti e creando piccole bolle di sapone con una di esse.

Nosmagiés gli prese la punta delle dita, gelide: “Fa freddo qui. Avanti…venite di sopra. Starete meglio nelle Vostre camere”.

Il Signore non parlò. Concentrò lo sguardo verso il lunghissimo tavolo che era stato preparato nel salone, lo fissava con aria interrogativa.

“Momoia ha ordinato che vengano riuniti tutti gli Dèi” parlò ancora l’angelo “Non so per quale motivo, ha voluto che ciò avvenga proprio nella Vostra casa. Ho cercato di farle cambiare idea, ma lei ha insistito. Sono spiacente. So quanto il rumore e la gente la infastidiscano, Signore”.

Il Dio si alzò a fatica dalla sedia su cui si era accoccolato, quasi inglobandola a sé fra capelli e vesti. Era tutto imbacuccato in diverse stoffe ricamate. I suoi lunghissimi capelli neri si agitavano nell’aria e sembravano piccoli tentacoli, o arti, che esploravano la superficie dei mobili.

Lui pareva strisciare verso il tavolo. I tre abnormi occhi da falena del Padrone continuavano ad essere persi nel vuoto.

Nosmagiés lo guardò con apprensione.

Le orecchie a punta del Dio fremevano, ascoltando suoni che in realtà non c’erano. La mano sinistra, lucida, fredda e nera, del Padrone passò sul legno levigato, mentre quella destra, sottile, liscia e delicata, teneva serrati i diversi strati di vesti e stoffe che gli avvolgevano il corpo. Entrambi gli arti avevano, sul dorso, un occhio di colore diverso che chiudeva le palpebre in modo regolare e ruotavano lo sguardo di qua e di là.

Nosmagiés sapeva che non erano fatte di carne, ossa e sangue, come le sue, ma di vetro, pietra dura e magia. La maggior parte del corpo del suo padrone era fatto così.

Era a due colori e materiali. Perfino il suo viso era diviso fra la metà bianca e quella nera da un sottile disegno azzurro: lo stesso colore dei suoi due occhi più grandi. Il terzo, al centro della fronte, non si chiudeva mai ed era viola. L’angelo non era sicuro che quei tre occhi vedessero qualcosa. Era, invece, convinto che, a mettere a fuoco il mondo esterno, fossero le due iridi gialle, con una minuscola pupilla, che sormontavano le sottili e sinuose antenne che campeggiavano sulla fronte del suo Dio. Erano di colore rosso e spiccavano sul nero dei capelli. Inoltre si muovevano continuamente, attente ad ogni movimento. Lui non parlava quasi mai, non con Nosmagiés perlomeno, e la sua bocca color rubino era quasi sempre chiusa. All’angelo messaggero piacevano quelle labbra. Erano molto femminili, anche se gli dispiaceva che non gli rivolgessero spesso la parola. Vide che il suo padrone si era fermato, annusando l’aria. Pur non avendo il naso, ma solo due fessure a metà del volto, aveva un buon olfatto, come erano molto sviluppati tutti gli altri suoi sensi. Il Signore girò su se stesso e tornò a guardare il messaggero. Rabbonì i capelli, che si agitavano invano a caso, e gli andò incontro. Lo abbracciò, senza preavviso, e lo tenne stretto.

La città degli Dei 2- La Luce Dei CelestiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora