V. Incontri

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Il Sole picchiava forte sull’Isola. In quella piacevole giornata di bella stagione vi una marea di gente, un sacco di chiasso ed una notevole allegria fra i presenti. Il piccolo demone Azazel seguiva con gli occhi i giochi del cagnone del suo padrone che correva latrando di gioia, soddisfatto di non essere più rinchiuso fra le quattro mura del palazzo principesco. Per lui, povera bestiola, era molto scomodo, in quanto sfiorava il soffitto con  le tre teste da quanto era alto e quindi ora, che aveva la possibilità di stare all’aperto, esprimeva tutto il suo entusiasmo abbaiando e agitando la coda. Azazel lo ammirava divertito, mentre schizzava i passanti.

“Forse era meglio mettergli il guinzaglio!” suggerì Asmodai.

“Impossibile e, comunque, inutile. Il nostro padrone è l’unico in grado di trattenere Cerbero e la sua mole. E oggi non ha alcuna intenzione di portarselo appresso. Già è tanto se gli ha concesso di venire fino a qui…”.

“Prima vuole i cuccioli e poi li ignora…”.

“Credo sia un regalo. Fatto da Madama Lilith”.

Assieme ad Azazel ed al capo delle guardie, c’era anche un'altra persona ad accompagnare il Principe. Era Raven, la sorella maggiore di Azazel. Teneva fra le mani un ombrello di pizzo nero per coprirsi dal Sole, cacciando via il fratellino che tentava di sfruttare la sua ombra. Era molto più alta del piccolo demone e non si assomigliavano molto.

“Cerbero! Stupido cane!” sbraitò Luciherus “Devi cercare la tua padrona, non  i paguri!!”.

Il capo dei demoni camminava sul bagnasciuga, stando molto attento a non calpestare l’acqua con  i piedi scalzi. Con le grandi ali nere, si copriva dalla luce e, nonostante il caldo, teneva il mantello, consapevole di dover celare per bene le sue piccole ali  d’Arcangelo. Per l’occasione, era riuscito a ridurle fino a farle divenire non più grandi di un paio di centimetri. Le teneva sotto la camicia, ma si notavano due protuberanze copribili solo con il mantello.

Il cane, sentendo la voce del suo padrone, corse verso di lui alzando un muro d’acqua che inondò i presenti, demoni compresi. Luciherus tolse i pesanti occhiali da sole e lanciò la sua peggiore occhiataccia all’animale, che però non capì il disappunto del suo proprietario e scodinzolò felice.

Il Principe si scosse. Ora era fradicio e grondante d’acqua. Sputacchiò il liquido salmastro ed imprecò per una buona mezz’ora. In un primo momento fu  tentato di inseguire la bestia e punirla ma poi desistette, vedendo che Cerbero si trovava in acqua. Con i capelli appiccicati alla fronte ed al volto, iniziò a lanciare ordini ai suoi sottoposti. Coloro che lo accompagnavano si guardarono, preoccupati: non era mai una buona cosa quando il Boss era arrabbiato.

“Azazel!” esclamò Luciherus “Azazel, Asmodai, Raven: dividiamoci. Prima troviamo Lilith e prima torniamo a casa. Non preoccupatevi…” aggiunse poi, vedendo le loro espressioni “…nessuno ha intenzioni cattive. Tranne me! Specie ora che ho rovinato irrimediabilmente un completo e un paio di occhiali. Senza contare che sento la sabbia un po’ ovunque…”.

I tre demoni al suo seguito, chissà perché, non si sentirono molto rassicurati. Ma annuirono e si avviarono in direzioni diverse. Il Principe pulì le lenti, macchiate di acqua e sale, e brontolò sottovoce: “Ora sì che ricordo perfettamente perché odio andare al mare!”.

Strappò le maniche della camicia, che non sopportava più per l’eccessivo calore nell’aria, e ricominciò a camminare sulla spiaggia.

Dopo un po’ si frugò nella tasca, in cerca di un accendino, che però non trovò.

“Palla!” sentì urlare Rahahel.

Il demone, voltandosi, vide che l’Arcangelo stava giocando a pallavolo.

La città degli Dei 2- La Luce Dei CelestiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora