VII. Riunioni

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Molti Dèi salivano, in quella notte di Luna, l’eterna scalinata che portava alla dimora del Dio Triplice. Era un palazzo sopraelevato e distante, che si raggiungeva solo dopo una notevole salita. Vereheveil avanzava lentamente, sottobraccio alla moglie, a capo chino.

“Amore…” lo rassicurò lei “…sta tranquillo!”.

La giovane Dea del Kaos saltellava da un lato ad un altro, con impazienza.

“Come mai sei così lento, Vereheveil, mio caro? La vecchiaia ti pesa?” ridacchiò Luciherus, con a fianco la figlia, sorpassando il Dio delle Letterature.

“Cosa ci fai tu qui, misero mortale?” domandò, irritato, il sorpassato.

Il Principe si girò e spostò il ciuffo di capelli che gli copriva parte del viso, mostrando il simbolo che gli spiccava sulla fronte.

“Bada a come parli, deuccio!” lo schernì, mostrandogli la lingua “Invidia?” aggiunse, e scoppiò nella sua solita risata inquietante.

“Tu non sei adatto a fare il Dio! Non ne sei capace, Luciherus! Sei troppo impulsivo, fastidioso e narcisista. Folle colui che ti ha reso divino!” commentò, acido, Vereheveil.

“É stata Madre Momoia stessa a scegliermi, brutto fallito!”.

Sorrise il demone, malefico, e si avvolse nel mantello, continuando la salita.

Ai lati delle gradinate stavano una schiera di guardie, tutte uguali, con un lungo abito scuro ed una ventina di occhi sparsi per il viso. Le loro armi brillavano sotto le stelle e la loro divisa era splendida.

“Sono inquietanti” rabbrividì la Dea della Morte, Luciheday.

Il padre le sorrise, come ad incoraggiarla.

Il Dio del Destino aveva un’aria arrabbiata e pensierosa.

“Credi che rivedremo l’essere che ci ha messi al mondo e poi ci abbandonati ed ignorati per tutto il resto della nostra vita, padre?” domandò, rivolto al Dio delle Letterature.

“Papà…” chiese la Dea della Morte, sottovoce, a Luciherus “Papà, perché Vereheveil non ha detto la verità ai suoi figli su Kasday?”.

“Per proteggerli” rispose lui, serio “Proteggerli perché, in fondo, Vereheveil è un buon genitore e non voleva far vivere ai suoi piccoli il trauma di un’infanzia difficile”.

“Ma loro non sono più dei bambini!!! È ora che affrontino la realtà!”.

“Tu la fai facile, figlia mia! Ma, in realtà, noi genitori vi vediamo sempre come dei bambini. Io ti vedo sempre come la mia piccina da proteggere, e sarà sempre così”.

“Ma dai, papà! Smettila!” rise lei divertita, dando una piccola spintarella al padre.

“Che vuoi farci, piccola…è così!”.

“Non ho bisogno di protezione. Non più!” continuò a ridere e poi riprese “Ma tu mi hai raccontato tutto, fin dall’inizio, su Kasday. Fin da bambina io sapevo ogni cosa”.

“Impossibile, perché io non so tutto sulla creatura che ti ha generato assieme a me”.

“Sarà anche vero, ma mi hai sempre detto quello che dovevi”.

“Questo perché io non sono un buon padre”.

Luciherus aveva un’espressione dura e lievemente malinconica.

“Scherzi?! Sei stato il papà migliore fra tutti gli universi!”.

“Trovo la cosa discutibile…”.

La città degli Dei 2- La Luce Dei CelestiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora