10.

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Le tre sembrarono non arrivare mai per Celeste. Saranno state le domande a far sì che le lancette dell'orologio non si spostassero per niente. Tutte le domande che gironzolarono nella sua mente dilatarono il senso del tempo, lasciando così la sensazione che il tempo trascorresse più lentamente.
Decise che era il momento di agire, e di andare verso il bar, o quantomeno respirare un pò di aria in attesa di John. Scese le scale e con stupore lo trovò proprio davanti casa.
<<Ciao. Scusa, lo so che sono le due ma non ce la facevo ad aspettare un'altra ora.>>
<<Anche io ero in agitazione.>>
<<Vieni, sali in macchina. Perché eri in agitazione?>> domandò lui.
<<Niente, per il momento.>> rispose timidamente lei.
<<Comunque volevo chiederti scusa per stamane. Nessuno vorrebbe assistere ad uno spettacolo del genere. E ti chiedo scusa anche per Ben, forse ti ha messo in imbarazzo? Anzi, senza forse. L'ho visto dipinto sul tuo volto l'imbarazzo.>>
<<No no, è che non me l'aspettavo, tutto qua.>> rispose lei, guardando fuori dal finestrino.

Rimasero in silenzio tutto il viaggio. John non aveva idea di cosa dire. Non gli restava che sperare nella sua idea. Arrivarono in un bosco, con un controllore che gli ordinò di fermarsi.
<<Ha la tesser.. Ah, ma sei tu John?!>> disse sorridendo il controllore. <<Anche oggi una tua escursione?>>
<<Sì. Però mi serve un altro giubbotto ed un salvagente Fil.>>
<<Certo.>> entrò dentro lo stanzino e ritornò con tutto quello che chiese John. <<Buon pomeriggio signorina.>> infine salutando Celeste.
<<Anche a lei agente.>> rispondendo cordialmente al saluto
<<John. Trovi tutto nella tua cabina.>>
<<Grazie Fil.>>
<<Buon divertimento.>>

<<Io non so nuotare John.>> disse Celeste
<<Ma davvero?>> chiese sorpreso John <<ma non è un problema. Non nuoteremo, ti farò fare un giro in canoa. Ho voglia di farti vedere un posto.>>
<<Va bene allora.>>
<<Comunque rimedieremo prima o poi. Ti insegnerò a nuotare.>>
<<No, guarda, lascia stare. Non ne ho proprio voglia. Non voglio morire affogata.>>
<<Ma quanto ottimismo quest'oggi.>>
<<Ascolta John. Io sono stata bene ieri, ma quello che ha detto Ben, il fatto della tua presunta ex, sono cose troppo grandi per me. Ed ho sbagliato anch'io nel mettermi in mezzo al vostro discorso.>>
<<Allora è inutile.>> rispose seccamente lui.
<<Cosa?>> chiese Celeste.
<<Che ti porti dove ti voglio portare. Non sei dell'umore adatto.>>
<<Mi dispiace John.>>
<<Vorrà dire che prima di partire sarò lieto di rispondere alle tue domande.>>
<<Sei sicuro, John?>>
<<Certamente.>> disse sorridendo John <<Comunque siamo arrivati alla mia cabina. L'altra entrata si affaccia sul lago. Così ci potremmo sedere e parlare.>>
<<Va bene.>>

Scesero tutte le attrezzature chieste da John ed entrarono all'interno della cabina, abbastanza piccola, ma con la capienza giusta per le attrezzature.
<<E la canoa?>> chiese Celeste.
<<È ormeggiata in riva.>> rispose John.

Entrambi si sedettero sulla riva del lago, entrambi a guardare uno splendido panorama, con il sole che brillava sull'acqua decisamente troppo limpida per un lago.
<<Che cosa vuoi sapere?>> avanzò John.
<<Cosa?>> chiese Celeste, ritornando in sé dopo essere stata meravigliata dal panorama.
<<Bello, vero?>> chiese John. <<Ma è da vedere con serenità, almeno la prima volta. Cosa vuoi sapere? Chi era lei?>>
<<Già. Cioè, si è capito che era la tua ragazza, ma cosa è successo? Ti ha lasciato?>>
<<Va bene. Il suo nome, come avrai potuto capire, è Viola. E no, la lasciai io. Ma la scelta fu dettata dal suo comportamento.>>
<<Perché? Cosa è successo?>>
<<All'incirca due anni fa, i primi di luglio io e lei dovevamo fare quattro anni. Era stato un bel periodo, non c'è dubbio. Tutto quello che ha detto lei era vero: abbiamo passato momenti incredibili. E proprio per questi bei momenti mi convinsi che il regalo giusto per quel quarto anno insieme erano le chiavi del mio appartamento. Era un passo importante, lo so, ma pensavo ci amassimo. In realtà la cosa era unilaterale. Vabbè, la invitai a cena fuori, nel suo ristorante preferito. Volevo che fosse tutto perfetto. E lo era, stava andando tutto secondo i miei piani. Decido finalmente di farmi avanti, ma lei mi interrompe dicendomi che ha una cosa importante da dirmi e non sa come farlo. Alla fine trova il coraggio di farmi leggere un messaggio sul telefono. Era del mio migliore amico, Stefano, e chiedeva se me l'aveva detto. Chiedo subito cosa, e lei alla fine parla: mi dice che ero diventato troppo petulante, troppo pesante, e lei da qualche mese frequentava Stefano, e che da qualche settimana andavano a letto.>>
<<Nooo. Il giorno del vostro anniversario? Con il tuo migliore amico?>> stupita chiese Celeste.
<<Già. Avevo il morale a pezzi. Ho cominciato ad odiare me stesso perché non me ne ero reso conto prima. Pensai anch'io che la colpa fosse solo mia.>>
<<Ma non lo era!! Assolutamente!!>>
<<Ma lo pensavo. Poi conobbi Ben, con il suo umorismo mi rallegrava le giornate al bar, ma era un'allegria effimera. Svaniva poco dopo. Poi ho cominciato a tirare avanti, con l'aiuto di tutti, però faceva male. Faceva male ma ho imparato. Ho imparato a dimenticarla, a dimenticare come camminava, a dimenticare come si muovevano i suoi capelli al vento. A dimenticare la sua voce, a dimenticare come gesticolava mentre parlava. A dimenticare il suo colore preferito, come le piaceva il caffè. A dimenticare i suoi orari di lavoro, dove le piaceva sedersi al cinema. A dimenticare di che colore metteva il costume d'estate e in che spiaggia andava. A dimenticare la sua musica preferita, a dimenticare come salutava le amiche e come si chiamavano. A dimenticare come salutava me, con i suoi sguardi ed occhiate, le sue domande assillanti, come strizzava gli occhi la mattina appena sveglia. A dimenticare come rideva, le date dei giorni che avevamo passato insieme, ogni dettaglio particolare di questi. Imparai a dimenticare tutto.
Ha fatto male, te lo giuro, ha fatto male ma ho imparato a non cercarla, a non guardarla, a non pensarla. A non riguardare le vecchie foto, a non incrociare la sua strada, a non sedermi al suo posto al cinema, a non indossare il suo colore preferito, a non prendere il suo treno, a non parlare con le sue amiche, a non fare battute che l'avrebbero fatta ridere.
Ha fatto male, te lo assicuro. Più volte mi sono sentito morire, oppure sentire cedere le gambe mentre salivo le scale per tornare a casa, o voler evitare chiunque beveva il suo caffè, o non sopportare più quando mi chiedevano di lei e come era andata tra noi.
E sai perché ha fatto così male?
Perché non ho potuto, non ho potuto dimenticarla. Te lo giuro, ho provato a fare tutto ma non ci sono riuscito. Sono passati due anni, ed ero convinto di averla lasciata nel mio passato per sempre, ero certo di averla cancellata dalla mia memoria. Ma basta risentire la sua canzone, qualcuno col suo stesso nome, o magari cambiare canale e fermarmi a fissare una scena del film che siamo andati a vedere insieme, o risentire una risata simile alla sua e lei ritorna in mente.
E sai perché non ce la farò mai?
Perché non potrò mai dimenticare chi ho amato a quel modo, non potrò mai dimenticare chi ho amato così.>>
<<Non so che dire.>> rimase stupita Celeste.
<<La cosa peggiore>> continuò John <<quando una relazione finisce sono i ricordi. Tutti i ricordi che fanno a pugni nella tua testa per essere ricordati, sia quelli belli che quelli brutti. Hai presente le risate, gli scherzi, le liti, le discussioni, momenti dolci e momenti tristi. È inevitabile che questo accada, perché quando una persona entra a far parte della tua vita (veramente), lascia un segno indelebile. Un segno che non si può dimenticare o nascondere.
E mentre i tuoi ricordi combattono tra loro per chi ha la precedenza, i tuoi occhi si riempiono di lacrime. Il respiro si fa più pesante e sopra al cuore hai un macigno.
Con i ricordi, poi, ti tornano in mente le parole che ti ha detto, le promesse non mantenute, ed è in quel momento che crolli, perché ci hai creduto davvero in quel momento e ti ritrovi solo a ripensarci. Ripensi a quando le hai permesso di prometterti cose che, in fondo al cuore, sapevi già non potevano essere mantenute, ma ci hai provato ad essere diverso, a credere alle parole, ma hai fatto un terribile errore.
Ma nonostante il dolore, ho capito che lei mi ha fatto diventare come sono ora, e posso quasi ringraziare quello che ha fatto perché ora ho potuto conoscere te, che non proprio sei come ti ha descritto Ben.>>
<<In che senso, scusa?>> chiese Celeste.
<<Sei importante per me perché come ho visto te, ho visto l'amore, ma non la salvezza.>>
<<Oh. Io non so che dirti, John. Mi dispiace davvero tanto per tutto il dolore che hai dovuto provare.>>
<<Oh, è passato ormai. Sono dentro di me i ricordi, e posso ringraziarla per i quattro anni. Credimi, sono stati belli, e mi sono sentito vivo. Per questo le auguro tutto il meglio che la vita le possa offrire, le auguro di essere felice, ma felice davvero, anche se non lo merita.>>
<<Dopo quello che ti ha fatto John, sei sicuro di averla dimenticata? Di non amarla più? Di cominciare una storia nuova con me?>>
<<Celeste, io prima di incontrare te, ero della teoria che ricominciare non serviva a niente. Ricominciare continuamente daccapo, ritrovarsi sempre al punto di partenza, scappare continuamente, che senso poteva mai avere?
Uscire dalla vita di qualcuno ed essere incapace di esprimere ciò che provi. Nel momento in cui qualcuno provava ad avvicinarsi emotivamente a me, cercava di entrare nella mia quotidianità, l'unica cosa che provavo era una sensazione angosciante, come un nodo che mi stringeva alla gola.
L'idea di abituarmi - nuovamente - alla presenza di qualcuno mi destabilizzava, decisi di allontanare tutti, di chiudermi.
E poi, ad un certo punto, ti guardi intorno e non sai dove sei, non c'è nulla di neppure lontanamente familiare, ti sei perso e capisci che devi ripartire da zero.
Celeste, io guardando te la prima volta, ho capito che la mia era solo paura di perdere tutto nuovamente. Perché chi non ha nulla, non può perdere nulla. Per questo non mi interessa più della paura, io voglio te.>>

AMORE IRREALEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora