EPILOGO

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Celeste stava camminando con Luana e altre due amiche del suo corso per andare a mangiare al ristorante.
Erano passati sei mesi da quando era tornata dall'Italia, e nel primo mese pianse tanto. Luana cercava continuamente di consolarla, ma alla fine senza successo. L'unica cosa che poteva fare era farle compagnia. In quel mese provò infinite volte a chiamare John, senza successo, e questo suo non risponderla la faceva piangere. Le faceva ricordare il suo errore, la promessa non mantenuta, l'averlo perso per sempre.



John camminava lungo la via principale. Era da tanto che non camminava lungo le strade di New York. Guardò l'orologio: era mezzogiorno. Decise di entrare nel primo ristorante che trovava sperando fosse libero un tavolo. Il suo stomaco brontolava già da un pezzo. Entrò in un ristorante e per sua fortuna c'era un tavolo libero e si andò a sedere. Il suo era l'unico tavolo apparecchiato per una sola persona. Solo. Prese a guardare la sala ed i suoi occhi incrociarono quelli di....



Si erano sedute al tavolo. Le amiche stavano parlando di quanto era bello l'assistente del loro professore. Celeste però si sentiva strana. Era una sensazione fortissima. Quasi una forza esterna che premeva sui suoi occhi affinché alzasse lo sguardo. Ne sentiva come la necessità di farlo. Posò il telefono nella borsa e alzò lo sguardo. Subito i suoi occhi si mossero verso una precisa destinazione, quasi fossero telecomandati, e si posarono verso un tavolo vicino alla finestra. L'uomo seduto al tavolo guardò proprio nella sua direzione, ed i loro occhi si incontrarono.




John e Celeste si trovavano nello stesso ristorante. Dopo un anno e mezzo si erano incontrati. I loro occhi si erano incontrati di nuovo. Celeste subitò abbassò lo sguardo e John fece altrettanto. Ma guardarsi era più forte di loro e continuarono a lanciarsi sguardi segreti. Luana si accorse del silenzio di Celeste e le chiese cosa aveva, e lei disse niente. Però l'amica si accorse che dirigeva lo sguardo sempre verso un tavolo. Prese a guardare nella stessa direzione e lo vide. Vide John. Non lo vedeva da tanto ma capì che era lui. Si alzò dal tavolo e si diresse verso il suo tavolo. Celeste provò a fermarla ma ormai era già troppo tardi. Le due amiche si alzarono, provandola a fermare, ma ormai era già arrivata al suo tavolo.
<<John. Noi tre ora ci sediamo qui, a questo tavolo e tu andrai da Celeste! Senza sé e senza ma! Le devi una spiegazione, se la merita!>> disse Luana.
John rimase sbigottito ma in fondo aveva ragione. Doveva parlarle. Si alzò e raggiunse il tavolo di Celeste.
<<Posso?>> chiese John
Lei fece un cenno di sì con la testa e lui si sedette. Erano uno di fronte all'altro. Non erano cambiati per niente, se non che ora si stavano trattando come sconosciuti. Ordinarono entrambi solo il primo, mentre si guardavano di sottecchi, mancava loro il coraggio di guardarsi negli occhi, dritto negli occhi.
Passarono due ore in quel silenzio, ed intanto le amiche di lei erano uscite via dal locale.
<<Come procede la tua vita?>> chiese John spezzando il silenzio. Ricevette la risposta di Celeste.




John tornò a piedi, fermandosi in un'edicola per comprare un foglio ed una busta. Salì in macchina e guardò il pacco incartato. Si appoggiò al manubrio e cominciò a scrivere sul foglio, mentre ripensava al suo incontro con Celeste al ristorante.
Era notte fonda e con la macchina si diresse verso casa di Celeste. Sperava che abitasse ancora lì. Guardò il cognome sulla cassetta della posta e lesse "Celeste Wilson ". Per sua fortuna abitava ancora lì. Lasciò all'interno la lettera ed il pacco e se ne andò.

Celeste si svegliò presto. Non era riuscita a dormire. L'incontro con John, l'averlo rivisto le aveva tolto il sonno. Era rimasta tutta la notte sul letto, ripensando all'incontro nel ristorante. Scese per vedere se c'era posta. Con sua sorpresa trovò una lettera ed un pacco. Salì entrambi a casa e prese la lettera.
Per Celeste da John diceva.
La posò sul divano, non voleva leggerla. Decise invece di farsi una doccia. Sotto l'acqua ripensò alla lettera. Si asciugò e si vestì, dirigendosi poi verso il divano. La lettera era ancora lì. La aprì e cominciò a leggere.

Ciao Celeste.
Sono felice di averti rivista. Sono felice di averti vista con le amiche, di non vederti sola.
Sai, scusa ma non voglio fare preamboli inutili.
Voglio solo che tu sappia che non ho più amato dopo te. Non ci riuscivo o forse, non volevo riuscirci.
Ho conosciuto molte persone dopo che sei partita, dopo che ci siamo lasciati andare, ma nessuno era te.
Delle volte, mentre osservo il mondo, mi chiedo: "Mi avrà mai pensato? Voglio dire, dopo essere diventati estranei l'un l'altro, è mai riuscita a pensarmi per un secondo?"
Io mi perdo negli occhi della gente e cerco di capire la loro storia, mentre la mia l'ho persa un anno e mezzo fa, non venendo con te.
Tu per me eri irraggiungibile, un sogno quasi.
Quando mi hai parlato per la prima volta eri in agitazione per il tuo esame; l'ultima volta, invece, eri attorno al mio collo ed il battito del tuo cuore era a contatto col mio.
Cosa è andato storto in noi?
Noi..noi che un vero noi poi, se ci pensi, non lo siamo mai stati. Noi che un noi lo eravamo solo agli occhi degli altri, mentre noi pensavamo solo ad aspettare.
Aspettare cosa? Io odiavo me stesso e tu mi facevi calmare, eri la mia medicina.
Solo dopo ho capito che tu eri più fragile di me e che avevi bisogno di qualcuno che ti prendesse e ti dicesse:
"Ehi, ci sono io qui".
"Se solo avessi saputo" ripeto a me stesso nei momenti più bui, ma poi una parte di me risponde: "Certo, se in amore fosse tutto così semplice, allora non sarebbe più così importante amare".
Ora, l'ultima volta che ci siamo incontrati, per pura casualità, eri in compagnia delle tue amiche e nessuno dei due ha avuto il coraggio di guardarsi in faccia.
Eravamo allo stesso tavolo, uno di fronte all'altro, e siamo rimasti insieme per ore, ma senza mai essere noi stessi.
Sembravamo due bambini dopo un litigio, solo che entrambi avevamo voltato pagina e forse, in questo caso, tu avevi terminato il libro.
"Come procede la tua vita" ti chiesi, giusto per rompere quell'odioso ed imbarazzante silenzio che entrambi odiamo. Solo allora tu mi hai guardato in faccia, dritto negli occhi e mi hai detto la verità:
"Mi sono fidanzata".
Non aveva importanza in quel momento, davvero, non ne aveva.
Ero geloso, certo, ma lo sarò sempre.
Solo che i tuoi occhi mi avevano detto la verità e si vedeva, qualcuno ti aveva detto per davvero: "Ehi..sono qui, rimango qui io" ed è giusto così.
Io non ebbi mai il coraggio di farlo nonostante avessi avuto tantissime opportunità.
Tu avevi bisogno di sicurezze e le hai ricevute da lui.
Come è finito poi il nostro incontro? Nemmeno un abbraccio o un saluto con la mano. Abbiamo guardato in basso e ci siamo allontanati.
Non ho più amato dopo di te; era come se una parte di me dicesse: "Lei ti aspettando".
Ma ora..ora che so che tu hai cambiato veramente libro, è giunto il momento di andare avanti anche per me.
I libri sono fatti per essere letti, le persone per essere vissute e le storie senza fine, quelle sono fatte per i grandi cuori.
Un cuore grande non per forza deve avere tante storie, può averne anche una sola, basta che ci sia una storia da raccontare.
Amare è difficile delle volte, ma dopo ogni pagina ci sarà sempre una nuova storia, una nuova parola e come minimo un'altra lettera. Quindi perché non smettere di soffermarsi sulla nostra pagina preferita e scoprire come finisce la storia?
Lo ammetto, avevo paura di amare. Ma non solo di amare, ma di amare te Celeste. Portavi dentro di te cose che nessuno ha ancora capito. Ed io, io avevo paura di fallire, così come tutti gli altri.
Tu eri l'oceano, ed io ero solo un ragazzo che amava le onde, ma era terrorizzato all'idea di nuotare.
Ora tu non mi cercherai più ed io non ti cercherò, e avrai la tua vita piena di sorprese ed hai già trovato qualcuno che forse ti sorriderà prima di dormire, e chissà se ti basterà, ma so che non ti cercherò e che quello che era un tentativo di farti rimanere è diventato un addio, uno di quelli che ti si attaccano al cuore e non li puoi più staccare.
So che non ti cercherò perché il nostro tempo è finito; già, perché certe cose, per quanto le vorresti rivivere, hanno una certa scadenza, ed è necessario che ce l'abbiano, perché se continuano ad oltranza ti distruggono.
So che non mi cercherai, che rimarrai nella tua vita, a giocarti tutti i giorni tentativi nuovi per essere felice, e so che prima o poi ci riuscirai, e a dire il vero lo spero, perché te lo meriti come me lo merito io.
So che non ci cercheremo e che mi innamorerò, presto o tardi, di una ragazza che non avrà i tuoi lineamenti, che non sarà lo stesso come amare te:
So per certo che senza te, amerò diverso.
                                                                                     John.




Cominciò a piangere mentre strinse a sé la lettera. La strinse forte. Prese il pacco incartato e cominciò a scartarlo. Trovò un manoscritto rilegato, intitolato "AMORE IRREALE" di John Filmore.
Girò la prima pagina e trovò una dedica:
"Per te, per te che non sono stato capace
di renderti felice. Ti chiedo scusa."
   

AMORE IRREALEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora