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L'aereo atterrò anche in anticipo, e lì davanti c'era un taxi libero. La fortuna cominciava a girare a favore di Celeste. Si fece accompagnare a casa sua. Avrebbe lasciato la valigia e sarebbe corsa da lui al bar. Aveva bisogno di dirlo quel ti amo che tanto scoppiava in petto. Le era mancato così tanto, non riusciva ad essere felice, nonostante fosse la sorella a sposarsi. Le mancava John, e doveva trovarlo, non poteva più restare senza.
Arrivata a casa, corse le scale, aprì la porta, lasciò la valigia e corse nuovamente giù per andare al bar.

Drin..drin..drin..

Il suo telefono stava squillando, e vide che era la madre.
" Non ora mamma ! " Pensò Celeste. John era passato al primo posto, ora.

Aprì il bar, ma non trovò nessuno.
Dal retro entrò Nick, il proprietario del pub.
<<Celeste. Che ci fai qui? Non dovevate tornare domani?>> chiese Nick.
<<Ciao Nick. Hai visto John, per caso?>> chiese ansimando.
<<Non è venuto per niente a lavoro in questi giorni. Mi disse che andava al matrimonio di tua sorella. Pensavo tornaste domani, per questo non mi sono preoccupato più di tanto.>>
<<Ok, grazie Nick. Forse ho capito dove si trova.>>
<<Aspetta, non ci sto capendo nulla. Cosa è successo?>> chiese Nick grattandosi il capo.
<<Lo amo, Nick. Questo è successo. So dove si trova ma non ho la macchina per arrivarci, posso chiamare un taxi?>>
<<Lo ami?! Allora è seria la cosa. Allora fammi prendere il giubbino, che ti porto io.>> prese la giacca, chiuse il pub ed aprì la macchina per far entrare Celeste.
<<Grazie Nick.>>
<<Figurati.>> fu la sua risposta.
Il restante del viaggio fu colmato dalle varie spiegazioni di Celeste su ciò che successe al matrimonio della sorella.
Arrivarono finalmente al bosco.
Uscì il controllore.
<<Mi spiace, ma non potete entrare.>> disse il controllore.
<<Fil, giusto? Io sono Celeste, venimmo io e John qualche tempo fa. Ricordi?>>
<<Ah, sì, ora ricordo.>>
<<John è qui?>> chiese Celeste.
<<Non saprei signorina. Venne qui più o meno tre giorni fa. Ma l'uscita non è qui, è da un'altra parte. Aspetti, chiamo il collega e vedo se è uscito dal bosco.>>
Entrò nello stanzino. Lo videro parlare al telefono, e poi tornare verso la macchina.
<<Non è uscito signorina. Chiamo la polizia.>>
<<Non la chiami, non si preoccupi. Voglio solo che qualcuno mi accompagni attraversando il lago. So dove si trova John.>>
<<La accompagno io, allora>> disse Fil.
<<Ok, io allora torno a casa. Buona fortuna Celeste.>>
<<Grazie di tutto Nick.>> disse scendendo dalla macchina.
Fece inversione di marcia e se ne andò.
<<Allora andiamo, signorina?>> chiese Fil.
<<Chiamami Celeste. Comunque sì.>>
Fil prese una canoa e due giubbotti salvataggio e con una spinta fece arrivare la canoa in acqua, salì e cominciò a remare verso John.

Arrivarono a destinazione e trovarono un'altra canoa arenata sulla sabbia. Celeste prese una torcia e ringraziò Fil per averla accompagnata. Rifiutò gentilmente il suo aiuto e prese a salire lungo il sentiero che l'avrebbe portata da John. Ormai il suo amore era vicino. Arrivò in cima e trovò la casetta, ed un'ombra di essere umano seduta lì davanti. Aveva un coraggio prima d'ora che non aveva mai saputo di avere. Si fece sempre più vicina, e spense la torcia. Ora era possibile muoversi grazie alla luce della luna.

<<John.>> disse lei.
Lui si girò di scatto verso la voce, e la vide, vide Celeste.
<<Celeste, mi disp..>>
Ma lei lo interruppe.
<<Fai parlare me, ti prego. Ti ho pensato, ti ho pensato tutto il tempo. Ti ho pensato come si pensa intensamente al proprio desiderio quando cade una stella, e ti ho desiderato, ho desiderato averti accanto. Eri come una canzone fissa nel cervello, quella che ti tocca il cuore e ti fa tremare le mani.
Ho pianto dopo che ho saputo che te ne fossi andato a causa di mio padre. Però sono qui, perché ti voglio dire che sei la risata che mi fa sorridere e la lacrima che mi fa piangere. Sei la mano che vorrei stringere quando sono giù, e in questi giorni avevo proprio bisogno di te. Vorrei stringere la tua mano anche quando sono felice, per proteggere quel momento sereno e non lasciare che alcunché me lo porti via. Vorrei che tu fossi la spalla su cui piangere e scaricare ogni mia disperazione, ma anche la spalla su cui vorrei addormentarmi ogni sera, invasa dal profumo che emani. Sei l'abbraccio, l'unico abbraccio che voglio mi tiri via da tristezza e rancori. Sei l'unica cosa di cui ho veramente bisogno. Sei tutto per me, e lo sei diventato per come sei. Per questo sono qui, John. Mi sei mancato ed ho scoperto che ti amo, ti amo con tutta me stessa.>>
John non sapeva che dire, nessuna mai si era dichiarata così apertamente per lui. Si fece avanti verso lei.
<<Ti guardo, Celeste, e lo sai che guardo? Guardo tutta la felicità che sto ricevendo, quella felicità che la vita mi ha tolto. Voglio stare con te, voglio tenerti la mano. Ho voglia di vedere sempre il tuo sorriso, ed i tuoi occhi che non hanno fine. Ti amo anch'io, e non posso far altro che scusarmi con te per quanto successo. Io..>>
Ma lei lo interruppe nuovamente e lo baciò. Non le importava se anche questa volta fu lei a prendere l'iniziativa, aveva bisogno delle sue labbra. Quel bacio racchiudeva la sua disperazione dei giorni passati, passati senza lui nel suo letto. Aveva bisogno di lui, proprio come un neonato della sua mamma. Aveva bisogno di amore, dell'amore di John.
Quel bacio racchiudeva tutto, tutto l'amore che c'è nel mondo. Era uno di quei "finalmente un bacio".

AMORE IRREALEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora