Mio padre era tornato, ancora una volta. Arrivò nel cuore della notte, quando tutti dormivamo, e si mise a riposare in cucina, su una panca, non volendo svegliarci o forse solo perché troppo stanco per fare le scale; il giorno seguente lo trovammo lì, che ancora dormiva.
Fu mia madre la prima ad andare in cucina, lo vide ed iniziò a preparargli una bella colazione, con uova, pane, formaggio, latte, insomma ogni cosa, per fargli recuperare le forze.
<< L'ho trovata. >> disse appena aprì gli occhi.
<< Teresa? >> chiese mia madre, con la speranza dipinta nel volto.
<< Ho trovato la loro città. La riporteremo qui! Solo che abbiamo bisogno dell'aiuto dei villaggi vicini.. Domani, o forse oggi stesso, andrò a chiedere aiuto. >>
<< C'è una speranza.. >> disse mia madre, più a se stessa che a lui.
<< Si, piccola, ma c'è. >>
<< Cosa succede...papà! >> esclamai sorpresa di vederlo, << Sei tornato. >>
<< Si. L'ho trovata... ho trovato il loro villaggio. >> mi disse.
<< E adesso? >> chiesi, la voce tremante per la speranza.
<< Adesso devo andare nelle città vicine, a chiedere aiuto. Tutti uniti, potremmo farcela. >>
<< Vengo con te! >>
<< Non devi restare ad aiutare? >>
<< Mi sembra che fino ad ora non ti sei preoccupato di "aiutare" >>
<< Enn! >> esclamo mia madre con aria di rimprovero, mentre mio padre mi lanciava uno sguardo torvo.
<< Ci devo pensare. >>
Ci pensò, e mi portò con lui.
Andammo a cavallo, in groppa agli stessi due animali che avevamo preso tante volte, persino quando avevamo tentato la fuga. Andammo al galoppo per la maggior parte del tempo, i cavalli felici di sentire il vento sulla pelle; noi sollevati, con l'aria che ci pungeva la faccia, le guance, gli occhi, i capelli liberi, poter finalmente respirare di nuovo, anche solo per un attimo.
Arrivammo al primo villaggio dopo poche ore.
Qualcuno ci salutò, qualcuno riconobbe mio padre e gli disse qualche parola, chiedendogli informazioni su come stessimo. A chiunque incontrassimo diceva di recarsi nella piazza, perché avrebbe dovuto parlare con tutti loro. La gente piano piano iniziò ad accalcarsi. Erano tutti intorno a noi, ognuno evidentemente nutrito, nessuno soffriva la fame, nessuno aveva lo sguardo perso e sofferente che avevamo noi.
<< Vi devo parlare. Un villaggio è stato distrutto, due risparmiati soltanto perché il nostro ha deciso di arrendersi. Le donne sono state stuprate, per poter continuare quella specie mostruosa. Noi abbiamo tentato la fuga e mia figlia..la mia bambina.. è stata rapita, e diventerà madre lontano da noi. >> mentre lui parlava la gente si guardava intorno, alcuni tossivano. << è arrivato il momento di reagire, di fare qualcosa. È ora che chi è rimasto fermo, senza fare nulla, si muova. È ora che quegli uomini paghino per quello che hanno fatto, è ora che ci vendichiamo. So dove si trova il loro villaggio. Li possiamo attaccare. >>
<< Attaccare?? Ma cosa dici? Sono riusciti a distruggere quel villaggio, a violentare le vostre donne senza che voi riusciate a scalfirli, come pensi di poterli uccidere? >> disse un vecchio.
<< Io non resterò ad aspettare finchéfino a quando torneranno, perché torneranno, e la prossima saranno le vostre donne a correre i pericoli, sarete voi a morire, voi come tutti noi. È ora di agire. >>
<< Ma siamo mercanti, agricoltori, allevatori! Non guerrieri! >>
<< C'è chi ci può insegnare. >> gridai io ad un tratto. << Dovete solo dire che volete provare, e noi penseremo al resto. >>
<< Ragazzina qui non si tratta di "provare", ma di morire. >>
<< Morirete comunque!! Avete due scelte, aspettare una morte certa, o rischiare, per la morte o la vita. >>
<< La ragazzina ha ragione! >> gridò qualcuno.
<< Voi siete pazzi! Io non rischio la vita inutilmente, piuttosto me ne vado! >>
<< Vigliacco. >> e le grida continuarono per molto ancora.
<< Va bene, basta >> gridò mio padre. << Noi inizieremo ad addestrarci, tra tre giorni fatevi trovare nel nostro villaggio, se volete combattere. Portate tutto quello che credete possa servire. >>
Dopo di che ci dirigemmo all'altro villaggio, dove tuto si svolse praticamente allo stesso modo, l'unica differenza fu che ad iniziare a parlare fu un giovane, invece di un vecchio.
<< Hai detto che c'è qualcuno che ci può insegnare.. era solo una bugia? >> mi chiese mio padre lungo la strada del ritorno.
<< No. Non lo era. Ma prima dovrò fare una cosa. >>
<< Cosa? Ma che stai dicendo? >>
<< Non sei solo tu che si è dato da fare in questo tempo. Vedrai. >>
Non appena arrivammo a casa mio padre andò a dormire, era già molto tardi, mentre io sgattaiolai fuori di casa. Raggiunsi l'archetto, le strade abbandonate, ed infine i cavalli. Mi ero portata dietro il cibo per loro. Li nutrii ed inizia a pulirli. Avevo anche portato dei medicamenti, e sapevo che sarebbero stati meglio, come sapevo anche che di lì a poco uno dei fantasmi mi avrebbe fatto visita. Fu il vecchio ad entrare.
<< Non è un po' troppo tardi, bambina? >>
<< No. È l'orario giusto >> risposi.
<< Come stanno? >>
<< Se la caveranno, tranquillo. >> dissi mentre continuavo a strigliarli .<< E anche noi >> e mi girai a guardarlo.
<< Cosa vorresti dire? >>
<< É arrivato il momento di combattere, e noi siamo pronti, e voi ci dovete insegnare. >>
<< Non ho capito nulla. >>
<< Dovete insegnarci come combattere. >>
<< Insegnare a chi? >>
<< A quelli che verranno in città. Tra tre giorni. >>
<< E noi dovremmo rischiare tutto quello che abbiamo fatto per insegnare a quattro mercanti a combattere? >>
<< Cosa succede? >> chiese il ragazzo entrando.
<< Ci dovete insegnare. È ora. >>
<< Ci? A chi? >>
<< La ragazzina dice che alcuni verranno per combattere. E noi "dobbiamo" insegnargli quello che sappiamo. >>
<< Noi non dobbiamo fare proprio niente >> disse il ragazzo.
<< Si che dovete! È ora di mostrare quello che sapete fare! È ora di combattere! Noi siamo pronti. Fateci vedere quello che sapete fare, o non sarete altro che dei codardi, rimasi nascosti mentre gli altri morivano. >>
<< Attenta a quel che dici. >> disse il ragazzo afferrandomi il braccio.
<< Io dico quello che voglio. Fatevi vedere. >> dissi, ed uscii di lì, correndo a perdifiato verso casa. Sapevo che sarebbero venuti.
NEL PROSSIMO CAPITOLO :
Nei tre giorni che mi occupai dei loro cavalli, nessuno si fece vivo, nessuno mi afferrò un braccio da dietro, nessuno mi chiamò bimbetta o ragazzina, ma sapevo che sarebbero venuti, ed il loro silenzio non faceva altro che alimentare la mia convinzione.Poi arrivò il momento. Ci dirigemmo verso l'entrata della città, ed aspettammo mentre il sole sorgeva e si alzava alto nel cielo.
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I Figli del Vento ~~ Concorsiamo 2k17 ~~
FantasyLa Signora del Vento non si scompose minimante, quel bambino non era il suo. Lei sapeva, come sua madre prima di lei, quale fosse il suo destino: era nata per regnare. La regina doveva essere potente, forte, veloce, molto più di tutti gli altri, e p...