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Nel frattempo noi avevamo ripreso la nostra cavalcata. Il cavallo di Teresa era strano da guardare, sellato, con tutti i finimenti, eppure senza cavaliere; fortunatamente, era stato domato abbastanza bene da seguirci senza bisogno di tenerlo per le redini. Il cibo era quasi finito, l'acqua anche, e, soprattutto, Ted non stava bene. Ci dovevamo fermare spesso per farlo riposare stendendolo sul prato. Stava diventando sempre più pallido. 

Avevamo da poco superato la fonte  e ripreso l'acqua, quando Glenne si avvicinò al cavallo di mio padre, e vide il marito con la testa poggiata sul collo dell'animale, gli occhi sbarrati.

<< No..Ted..No!!! >> iniziò a piangere e a scuoterlo. Mio padre lo fece scendere. Solo per constatare che non c'era nulla da fare. Sapevamo tutti che sarebbe morto, non sarebbe riuscito a sopravvivere nemmeno stando in casa ed avendo le cure adatte, di certo non dovendo montare per ore di fila, senza acqua né cibo.

<< No... Ti prego. Non anche tu >>, continuava a piangere ed urlare sua moglie, mentre Serin, in piedi accanto al padre, non versava lacrime, non muoveva un muscolo, era una statua di sale.

<< Serin... >> mi avvicinai io, e gli poggiai una mano sulla spalla. Lui cadde per terra, perdendo i sensi per alcuni attimi. Sua madre nemmeno se ne accorse, mentre stringeva il corpo del marito morto e piangeva.

Facemmo stendere Serin per terra, con le gambe leggermente alzate, poi gli se mi qualcosa da bere e da mangiare. Si riprese dopo poco, tornando ad essere il ragazzo muto di prima, con una ferita in più nell'anima.

<< Glenne..lo so che è dura.. ma dobbiamo continuare, o moriremo tutti . >> le disse, con il tono più dolce possibile, mia madre.

<< No.. >> continuava a piangere ed urlare lei. << Non c'è un sacerdote.... il rito... >> balbettava.

Quando qualcuno moriva in simili circostanze, non c'erano riti da fare, parole da dire, abiti da indossare. Veniva scavata una fossa, se possibile, o, in sua mancanza, il cadavere veniva posto sotto un albero, poi si prendevano rami, foglie, e fiori, e si adagiavano sul corpo. In alcuni casi si componevano delle scritte o si dava un senso particolare alla disposizione del cadavere. In quel caso Glenne e Serin poggiarono un fiore ciascuno sul cuore del marito, simboleggiando il loro amore, che sarebbe durato in eterno. Mio padre poggiò un fiore ciascuno sulle mani del morto, mia madre sui piedi, simboleggiando la sua forza, che lasciava lì e donava al resto dei viventi. I miei due fratelli poggiarono due piccoli fiori sulle sue palpebre chiuse, per aprirgli la vista oltre la morte, chiudendola definitivamente sulla vita. Infine io poggiai l'ultimo fiore sulla sua mente, affinché continui a pensare nel mondo dove sarebbe andato ed affidi la sua saggezza a noi che l'avevamo conosciuto. Poi il tutto venne coperto con rami ed infine foglie, finche di lui non si poté vedere più niente. Era tornato alla natura. Nessuno di noi parlò, non abbastanza saggi da sapere le parole della morte. Ognuno di noi gli disse addio con il pensiero. Poi, ormai senza forze, Glenne salì sul cavallo. Il viso pallido, l'anima abbandonata là dove il marito era morto. 

Raggiungemmo il nostro villaggio senza più alcuna voglia di parlare, senza più la gioia, che avevamo lasciato chissà dove. La nostra città era integra, ci rendemmo conto con meraviglia appena raggiungemmo i pilastri che ne simboleggiavano l'inizio. Ci eravamo arresi, ancora una volta, o forse i figli del Vento non erano arrivati fino a lì, magari qualcuno si era arreso prima. Era mattina inoltrata, ma non si vedeva nessuno in giro per le strade. Non c'erano donne o bambini nei raccolti, uomini o ragazze con animali, non c'era nessuno. Mio padre bussò alla prima porta che trovò.

<< Chi è? >> chiese la voce di un uomo, senza aprire la porta.

<< Sono Stefan >> rispose mio padre. L'uomo aprì appena uno spiraglio.

I Figli del Vento ~~ Concorsiamo 2k17 ~~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora