Stefan

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Aveva lasciato la sua casa e la sua famiglia con uno spirito diverso rispetto all'alta volta. La prima volta che era era partito era per un motivo disperato, una minima speranza di poterla ritrovare. Adesso partiva sapendo di essere già riuscito in un'impresa impossibile : trovare una traccia per il villaggio. In tanti anni di terrore, nessuno aveva mai saputo da dove venissero, anche se qualcuno aveva provato a trovarli, non c'era mai riuscito. E adesso lui era a un passo dal risultato.

Raggiunse la casa nel bosco, l'aggirò senza fermarsi nemmeno un attimo, e, con la mappa in mano, si diresse verso dove aveva trovato le impronte. Da lì continuò ad avanzare, finché non fu troppo tardi per camminare: quando ormai il mondo diventò buio. Si avvolse in una giacca molto pesante, si stese sotto un albero ed affrontò la notte.

Il mattino seguente si alzò tutto indolenzito, e l'umore del giorno prima l'abbandonò completamente: " Non ho più vent'anni " , si ripeteva. " Ah ..è colpa mia se l'hanno presa, dovevo agire diversamente, scappare prima, uccidere.. dovevo fare qualcosa. Le orme se ne stanno andando, non riuscirò mai a trovarla, non dovevo perdere tempo andando nelle altre direzioni, dovevo partire da qui. "

Con lo spirito pieno di dubbi e preoccupazioni si mise a seguire le impronte per molto tempo, finché fece buio ancora una volta.

" Devo fermarmi a dormire, quanto tempo perso.. " pensò stanco morto ed affamato, perché avrebbe dovuto risparmiare sul cibo per poter tornare indietro. Doveva solo trovarla, segnarsi il posto sulla mappa, poi l'avrebbero presa più avanti, avrebbe chiesto aiuto a qualcuno, si qualcuno l'avrebbe aiutato. Doveva solo raggiungerla, nient'altro.

Un passo dopo l'altro l'avrebbe trovata, un'impronta, l'erba schiacciata, le feci di un cavallo, si l'avrebbe raggiunta. Passò attraverso un cerchio di alberi, continuò a camminare e camminare, si fece buio e lui continuò a camminare: un altro giorno avrebbe potuto fare la differenza.

Infine incontrò il fiume, il che fu una benedizione, visto che aveva finito l'acqua. Era lo stesso fiume che aveva visto vicino alla casa, doveva fare un giro molto lungo e poi arrivare lì, probabilmente il villaggio era costruito intorno ad esso, proprio come aveva pensato all'inizio! Tremava dalla gioia, era così vicino, mancava così poco. SI fermò solo quando le gambe iniziarono a cedergli, quando la stanchezza fu troppa per continuare, nemmeno cercò un riparo, semplicemente si stese per terra e dormì fino all'alba seguente.

Riprese il cammino con l'ansia di chi sa che qualcosa sta per avversarsi e non può attendere, non può sprecare tempo eppure spera che le ore passino veloci e che arrivi subito quel momento. Avanzò con l'animo agitato, tremando appena perdeva le tracce.

Poi finalmente vide il villaggio. Gli sembrò una cosa immensa, con voci che provenivano da ogni dove, gente che camminava, che urlava, cantava, uomini forti che combattevano, che si allenavano, che giocavano a fare la lotta. Giocare con loro l'avrebbe ucciso.

Si sentì vecchio, era diventato un uomo anziano senza rendersene conto, non avrebbe avuto alcuna speranza contro quegli uomini muscolosi dalle braccia forti allenate a dare e ricevere colpi, gambe pronte a correre, cuori abituati a mantenere i ritmi di un combattimento all'ultimo sangue. Lui sarebbe morto sul colpo. Eppure c'era sempre quella piccola speranza, forse lei... no forse no... avrebbe preferito ucciderlo piuttosto che aiutarlo, e aveva ragione, aveva perfettamente ragione.

Doveva tornare indietro, prepararsi a combattere, allearsi con le città vicine ed essere pronti a dare battaglia. Però voleva vederla, anche solo per un attimo, poter dire alla sua famiglia come stava, o anche soltanto che era viva. Passò molte ore nascosto sopra un albero, dove era riuscito ad arrampicarsi con molta fatica, da cui poteva osservare senza essere visto.

Vide gente riunita in circolo, ad ascoltare alcuni uomini parlare, poi animali che correvano da tutte le parti, senza alcun tipo di recinto. Infine la vide, per un attimo, un breve attimo, vide la sua figura, in lontananza, camminava accanto ad un uomo. Era lei, si, doveva essere lei. Almeno stava bene, non era ferita. Non sembrava che avesse una pancia da donna incinta, ma era troppo presto per quello, sicuramente era incinta. La sua bambina. Poi un piccolo cagnolino uscì dalle porte della città, si diresse dietro un albero per fare i suoi bisogni, quando si accorse di lui ed iniziò ad abbaiare, " Brutto cagnaccio va via " pensò mio padre mentre scendeva sconsolato, prima che il cane avvertisse tutti.

Fu costretto ad andarsene, ma aveva segnato ogni deviazione, ogni più piccolo dettaglio nella sua mappa, così che quando sarebbero tornati, in tanti, avrebbero potuto vincere!

NEL PROSSIMO CAPITOLO :
Io mi trovavo all'archetto, aspettando che il ragazzo si facesse vedere. Aveva detto che sarebbe venuto, doveva venire. Per forza, avevo bisogno di lui, di loro. Le ore passavano e non si vedeva nessuno. Stavo iniziando a disperare, ma, in ogni caso, non pensavo di tornare indietro, avrei frugato in ogni casa finchè qualcuno non mi avesse aiutata.
Poi qualcuno mi afferrò alla spalle.

<< Sei venuta. >>

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