08.Il giorno in cui

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"Aya!!"

Ayara non si mosse.

La voce di Renesme continuava a rimbombare nella stanza.
Sentì una mano posarsi sulla sua.

Eppure era come se fosse sott'acqua, tutto era attutito.
Attutito dal dolore.
Lo risentiva,lí,nel petto.
Era ritornato.

Non che se ne andasse,anzi;
Eppure in certi giorni,in certi momenti,  le sembrava quasi che non ci fosse piú.
Ma appena lo notava, eccolo lí, che faceva capolino dal suo cuore.
E una fitta lancinante, peggiore di tutte le sue altre ferite, persino di quando durante un allenamento nel bosco con Celia e Raven aveva incontrato un troll e le aveva quasi staccato la gamba, e lei aveva soffocato l'urlo ma non ci era riuscita, facendo tremare le foglie autunnali e volare gli uccelli dagli alberi, si impossessava del suo cuore.

E in quei momenti si sentiva male.
Si sentiva più male che mai, e voleva che smettesse quella fitta, ma mica poteva prendere a coltellate il suo cuore.
Allora partiva da sola, senza dire nulla a nessuno, sceglieva uno,due,tre incarichi dalla pila e firmava, poi correva, correva piú veloce che mai alla stazione, e una volta arrivata, senza nemmeno posare nulla si metteva a cercare.

Erano i suoi momenti di sollievo.
In quei pomeriggi, notti o giorni che fossero, quando era in una città sconosciuta, dove nulla le provocava ricordi e ripensamenti, quando camminava per le vie in cerca di un volto, in cerca dello sfogo, della scritta immaginaria che appariva nella sua mente che diceva:
"USCITA"

E allora usciva dalla sua mente, dai suoi pensieri e trovava quello di cui aveva bisogno.
Solo in quei momenti poteva prendersela con qualcuno.

Non importava che fosse un ragazzo, un uomo, una donna, un traditore, un mercante disonesto, un violento, un venditore di schiavi.
La sua via d'uscita era lí.

E Ayara impugnava le lame che aveva nel mantello, le calava sulla sua vittima, guardandola ma non vedendola, cieca dalla frustrazione, muta, ma con le mani ferme e il cuore alleggerito.
In quei pochi minuti o istanti che fossero ritrovava la sua pace.

Guardava e ripeteva:
"Si. É colpa tua. E ora devi pagare, devi soffrire, devi-

"...smetterla!! Aya devi smetterla!"

Si alzò lentamente da quel torpore e si guardi i palmi delle mani dove aveva conficcato le unghie.
Sanguinavano.
Dopodiché guardó Renesme  e tutto tornó come prima.
Come voleva che fosse per sempre.

"Cazzo..."
Si afferró il braccio.

"Ehi ehi ehi... ferma, te l'ho fasciato."

"Lo vedo, ho il braccio spappolato ma non sono cieca."

"Prima sembrava che lo fossi."

"Ero ancora mezza addormentata..."
abbassó gli occhi.

Renesme restó in silenzio.

"A volte mi chiedo come fai.."

"A fare...?"

"Sei sempre quella che si prende più avversari, meno armi epiù ferite."

Ayara strizzó gli occhi confusa.

"Ti sto facendo un complimento miss invalida."

"COME MI HAI-"

"Bhe lo sei."
Renesme aveva un espressione diversa dal solito, un espressione che Ayara le vedeva raramente in volto, cosí stette in silenzio.

Il riflesso della vittoriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora