Capitolo 3- clan Denali

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Il giorno dopo ero a Denali. Avevo chiamato Tanya per dirgli del mio arrivo improvviso e lei mi era sembrata molto preoccupata, mi dispiaceva molto fare preoccupare così tante persone. All' inizio avevo pensato di scappare più lontano possibile da Forks, ma dopo aver sentito i pensieri di Carlisle e dopo aver visto la sua reazione non sapevo più cosa volevo. Per quello decisi di andare a Denali avevo bisogno di un' po' di tempo per riordinare i pensieri. Anche se ogni volta che cercavo di pensare ad altro ogni cosa mi ricongiungeva a Esme. Di sicuro gli avevo sconvolto l' esistenza, era sempre stata così da quando aveva perso il suo primo figlio da umana noi per lei eravamo tutto. Forse avevo sbagliato ad andarmene, forse avevo sbagliato in tutto. A non chiamare Carlisle ed Esme papà e mamma, a non averli mai detto cosa significassero loro per me. Da quando Lei se n'era andata la famiglia per tutti noi non significava niente. Ci aveva molto anche se per Lei era una cosa normale. Ci fece capire che molte volte i sentimenti che noi proviamo non sono poi così scontati e che in certi momenti sentirseli dire aiuta moltissimo. Noi ci siamo sempre definiti una famiglia, ma solo in quel periodo capimmo veramente cosa volesse dire. Proprio quando sembrava andare tutto per il meglio Lei se ne andò senza dirci niente. L' unica cosa che trovammo al nostro ritorno da scuola era stato un biglietto con su scritto più o meno le stesse parole che avevo detto io a Carlisle prima di andarmene. Quando arrivai da Tanya e le sue sorelle erano tutti fuori ad aspettarmi, preoccupate che fosse successo qualcosa agli altri. Appena scesi risposi subito alle loro domande mentali.
«No, tranquilli non è successo niente agli altri e per favore non chiedetemi il perché sono quà. È una storia lunga.», loro annuirono e mi fecero entrare in casa facendomi vedere una stanza dove avrei potuto mettere le poche cose che mi ero portato. La stanza era la stessa di quando vivevamo insieme a loro, l' unica cosa che era rimasta era il divano di pelle bianca. Appena chiusa la porta alle mie spalle mi sdraiai sul divano, non perché fossi stanco, ma perché avevo bisogno di pensare e scoppiai a piangere. Era da tanto tempo che non lo facevo anzi, a pensarci bene, non lo facevo da quando Carlisle mi aveva trasformato. Non sò bene il perché piangessi, forse per nostalgia di casa o forse perché mi sentivo in colpa per quello che avevo fatto alla mia famiglia. Tra le poche cose che ricordavo della mia vita umana c'era il fatto che per un motivo che non sono mai riuscito a capire nessuno mi aveva mai accettato. Ero sempre solo e lo sono stato soprattutto dopo la morte dei miei genitori. Carlisle ed Esme furono le prime persone ad accettarmi veramente, poi a seguire i miei fratelli. Dopo un' po' smisi di meravigliarmi e li diedi per scontati. Invece in quel momento di solitudine, se pur voluto, li avrei voluti accanto. In quel momento capii di aver sbagliato, avrei dovuto metterli al corrente di quello che era successo nella classe di biologia, magari tutto questo si poteva evitare. Ad un certo punto mi accorsi di non trovarmi più nella stanza a Denali, ero in un giardino che conoscevo molto bene. Era il giardino di casa, non sapevo come potevo essere arrivato lì. Finché non la vidi.

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