Capitolo 7-ritorno a casa

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Telefonai a Tanya per dirgli che sarei passato da loro a prendere le cose che avevo lasciato lì e me ne sarei tornato a casa. Lei sembrò contentissima della mia decisione e un ora dopo aver lasciato la casa dove abitava Irene ero già sull'autostrada che mi avrebbe riportato a casa mia. Più mi avvicinavo più cresceva l'ansia dentro di me. Non sapevo come avrei affrontato Carlisle, dopo quello che gli avevo detto non sarei riuscito neanche a guardarlo in faccia. Sperai che quando fossi arrivato Carlisle ed Esme non ci fossero. Così avrei pensato a come chiederli scusa e dirgli cosa era successo quel giorno nell'ora di biologia. Irene mi aveva detto di fidarmi di loro, però era difficile ammettere le proprie debolezze. Continuai a pensare su quale fosse il modo migliore di dirglielo, quando mi accorsi di essere quasi arrivato. Sentii i pensieri dei miei fratelli per capire se Carlisle ed Esme fossero in casa, ma per mia fortuna erano tutti e due fuori. Parcheggiai la macchina nel piccolo pezzo di terra che c'era davanti a casa nostra. Presi un bel respiro prima di scendere. Non feci in tempo a mettere piede in veranda che due braccia mi accorsero in un caloroso abbraccio. Per la strada avevo pensato a come sarei stato accolto appena tornato e chi sarebbe stato il primo. Ma la persona che mi abbracciò era l'ultima che mi sarei mai aspettato. Non avevo mai avuto un bellissimo rapporto con Rosalie al contrario di Alice. Per questo non mi aspettavo che sarebbe stata in pena per me quando me ne sono andato. Mentre era proprio questo quello che dicevano i suoi pensieri. Subito dopo che lei si staccò dall'abbraccio uscirono di casa anche gli altri. Mi dovetti ricredere e dare ragione ad Irene sul fatto che io non ero solo, anzi, avevo una famiglia meravigliosa. Tutti furono contenti che fossi tornato, questo mi diede il coraggio di affrontare anche Carlisle. Quando entrai in casa, finalmente, mi sentii bene. Gli altri mi dissero che dovevano parlarmi allora li seguii fino ad arrivare alla biblioteca che c'era a casa nostra. Non ci andavo spesso da quando Irene era andata via, per questo mi stupii che l'avessero scelta per parlarmi. Quando entrammo fù come se il tempo si fosse fermato, era identica a come la ricordavo. Si vedeva che durante la mia assenza loro c'erano andati perché la tenda in fondo era aperta e si notavano il tavolino e le sedie che avevamo fuori in giardino. Andammo a sederci e il primo a parlare fu Jasper.
"Edward, dicci la verità è per colpa della figlia dell'ispettore capo Swan che te ne sei andato?" mi disse in tono serio.
"Mi dispiace, so di aver fatto un enorme sbaglio... Sì è per lei, il suo odore mi stava facendo impazzire tanto che ho rischiato di aggredirla nell'ora di biologia. E poi successivamente, quando sono andato a cercare di cambiare il mio orario settimanale ho rischiato di aggredirla di nuovo in segreteria." dissi con voce tanto bassa da essere quasi impercettibile.
"Perché non c'è l'hai detto subito potevamo aiutarti" questa volta era Alice a parlare.
"Edward, ti devo chiedere scusa... Quel giorno mi sono arrabbiata con te per una cosa stupida, mentre te stavi soffrendo. Scusami davvero." da Rosalie, come l'abbraccio, non mi sarei mai aspettato queste scuse. Gli sorrisi e l'abbracciai. Poi con un filo di voce gli risposi:
"Non importa... Ti voglio bene sorellina." non potevo credere che quelle parole fossero uscite veramente da me. Ma perché nasconderle? D'altronde era vero e questo non poteva cambiare. Per la prima volta dopo tanto tempo mi sentii parte di una famiglia. Continuammo a parlare del più e del meno fino a sera quando ci accorgemmo che Carlisle ed Esme erano tornati. Se avesse potuto, il mio cuore avrebbe iniziato a battere all'impazzata. Come se mi avesse letto nel pensiero Emmett mi disse:
"Tranquillo andrà tutto bene"
Speriamo, pensai.
Ci diriggemmo verso l'entrata da dove erano appena entrati i nostri genitori. "Ciao" ci salutarono tutti e due, prima che il loro sguardo si posasse su di me. Prima che potessi proferire parola Esme mi abbracciò fortissimo, piangendo.
*Mi hai fatto preoccupare moltissimo non farlo mai più* pensò.
"Te lo prometto, mamma" gli risposi ricambiando l'abbraccio.
Li spiegai il perché me n'ero andato e loro capirono. Carlisle mi disse che poteva capitare e che Bella era la mia cantante ovvero un'umana che aveva un odore particolarmente buono.
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Carlisle POV'S
Edward era finalmente ritornato, ma io non sapevo come comportarmi. Sapevo che una parte di colpa per quello che era successo era mia. Non ero mai riuscito a dimostrare i miei sentimenti per loro. Un tempo non ero così, tutto successe molti anni fa. Me n'ero andato dai Volturi da qualche anno e mi ero stabilito in una piccola cittadina italiana di nome Trino vercellese. All'epoca era una città medievale molto indietro rispetto ad altre, lì conobbi Maria Teresa. Era una donna splendida con un passato duro alle spalle; viveva da sola con i suoi due figli, Jane e Alec. Si era sposata giovanissima con un uomo più grande di lei di 20 anni, questo non fu accolto bene in paese e soprattutto perché lui era un forestiero. Un giorno, suo marito, entrò a casa molto contento dicendogli che aveva conosciuto una persona che gli avrebbe offerto un lavoro pagato molto bene e che sarebbe andato alla locanda del paese per definire gli ultimi dettagli. Lei da subito ne fu contentissima perché così avrebbe dato ai suoi figli il futuro che meritavano. L'uomo uscì di corsa salutando velocemente la moglie e i figli anche se stavano dormendo. Però Maria Teresa non sapeva ancora che non l'avrebbe più rivisto. Il giorno dopo al suo risveglio si accorse dell'assenza di suo marito e, neanche il tempo di riordinare i pensieri, che bussarono alla porta. Quando andò ad aprire si ritrovò la polizia che gli diede la notizia del decesso di suo marito. Gli raccontarono che quando arrivò alla locanda scoprì che il lavoro e tutto quello che gli era stato detto era una trappola. Si era trovato davanti a una ventina di persone che lo avevano pestato a sangue. Lei, dopo l'accaduto, si ritrovò sola e con due bambini a carico. Iniziò a studiare le proprietà curative delle erbe e in poco tempo era diventata la curatrice della cittadina, fin quando non arrivò il periodo di caccia alle streghe. In quel periodo le persone che fino a qualche mese prima si era fatte curare da lei, la accusarono di stregoneria. Fù bruciata sul rogo prima che io potessi fare alcun che. Nessuno si preccupo di quello che sarebbe accaduto a Jane e Alec. Nessuno tranne me. Anche se non ero molto esperto nel resistere al sangue umano decisi di non trasformarli. Lì presi sotto la mia custodia tanto da considerarli miei figli, tanto da far si che loro arrivassero a chiamarmi papà. Dieci anni dopo, quando erano in piena adolescenza, conobbero Felix e Demetri. Due ragazzi che come loro ne avevano passate tante nella vita. Erano inseparabili e, proprio per questo, un giorno tutti e quattro si ammalarono di appendicite. All'epoca non c'era modo di operarli e il tasso di mortalità era del 100%. Non potevo pensare neanche che lì avrei persi, per la prima volta decisi di tentare il tutto per tutto e trasformarli. La trasformazione riuscì alla perfezione è diventarono vampiri. Nonostante tutto non mi portarono rancore e la nostra vita procedette normalmente. Fino al giorno in cui litigammo, era una litigata diversa da quelle che avevamo avuto e loro mi rinfacciarono di non essere veramente loro padre. Per me fu un duro colpo, ma decisi di lasciarli liberi. Dopo circa un decennio arrivò Edward, un giorno Aro mi mandò un invito ad andarli a trovare ed io accettai. Non sapevo cosa mi aspettasse lì. Quando arrivai, trovai insieme ad Aro, Jane Alec Felix e Demetri. Si erano schierati dalla parte dei Volturi, lasciandosi alle spalle tutto il resto. Tornato a casa non fui più lo stesso, non riuscivo più a mostrare i miei sentimenti neanche a Edward che per me è più di un figlio. Come lo sono tutti d'altronde, ma non sono mai riuscito a dirglielo come invece avevo fatto con gli altri. Senza volerlo ho sostituito loro a gli altri. Ma loro non sono così e non lo saranno mai. Mentre sto compilando delle scartoffie per l'ospedale, mi ritorna in mente Irene e senza volerlo mi ritrovo con la mano sulla maniglia del cassetto della scrivania. In quel cassetto ho richiuso tutto quello che da quì a cinque anni volevo dimenticare. Solo in quel momento mi sembrò un gesto stupido, ma prima di riaprirlo dovevo linguaggi di programmazione per bambini una cosa. Chiamai Edward e gli dissi di raggiungermi nel mio ufficio. Quando arrivò non mi guardò negli occhi e tenne la testa bassa, non mi serviva avere un potere per sapere che provava vergogna. Io mi alzai dalla sedia e andai davanti a lui.
<<Allora pensi di tenere lo sguardo fisso sul pavimento o ti deciderai a guardarmi in faccia?>> dissi per alleggerire l'atmosfera che si era creata. Lui finalmente mi guardò negli occhi e fece un mezzo sorrisetto.
Che però scomparve quasi subito.
<<Mi dispiace, sono stato un vigliacco ad andarmene, scu... >> non lo lasciai finire la frase che lo abbracciai. Lui fù sorpreso, ma poi ricambiò.
<<Mi sei mancato, figlio mio>>

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