Non ci potevo credere che Irene era veramente davanti a me?? Com'era possibile? Appena mi vide i suoi occhi diventarono lucidi e poco dopo mi gettò le braccia al collo. Ricambiai l'abbraccio mentre lei continuava a piangere. Finché non fu lei stessa a staccarsi, con gli occhi rossi per il pianto e un gran sorriso stampato in faccia. Le prime parole che mi disse furono le più sincere che avessi mai sentito.
" Mi sei mancato, fratellino"
"Anche tu" risposi, sembrava che quelle parole non aspettassero altro che uscire fuori. Rimanemmo così, a fissarci l'uno negli occhi dell'altra, per non so quanto tempo. Ciascuno con la paura che se avessimo distolto lo sguardo l'altro sarebbe sparito di nuovo come in un bel sogno.
*Sono contento che finalmente si siano rivisti non ho mai visto Irene più raggiante di così.*, quando mi arrivarono questi pensieri mi accorsi che non eravamo soli. Guardai alle spalle di Irene e vidi un ragazzo poco più grande di me, aveva i capelli biondi come il grano e gli occhi azzurro cielo. Irene vide dove si era posato il mio sguardo e ci presentò.
"Edward lui è Adrian mi ha aiutato a mettermi in contatto con te...", in quel momento mi guardai intorno scoprendo che il posto dove ci trovavamo era identico a casa nostra. Adrian come se avesse sentito i miei pensieri disse:
" Questo è un sogno indotto dallo Spirito. Sono stato io a crearlo anche se il luogo la scelto inconsciamente Irene" e sposto il suo sguardo su mia sorella. Solo adesso mi accorgo delle profonde borse sotto gli occhi, gli stessi sono molto arrossati come se piangesse abitualmente, ma la cosa che mi preoccupo di più fù il fatto che era dimagrita moltissimo e sono sicuro che la realtà sia ancora peggio. Ma prima di tutto devo sapere. Ho troppe domande senza risposte da quando se ne andata, appena apro la bocca lei mi blocca.
"Non c'è tempo per le spiegazioni, questo sogno non durerà in eterno, Adrian puoi fare comparire un foglio e una penna?" disse. Adrian obbedì. Irene si avvicinò agli scalini per andare in veranda. Si sedette per terra e scrisse un numero sul foglio. Appena ebbe finito me lo porse.
"È il mio numero di telefono e l'indirizzo di dove abito ora appena ti svegli da questo sogno vieni, promettilo?"
"Te lo prometto" risposi. Lei mi sorrise e il sogno sparì. Mi ritrovai sul divano a casa di Tanya. Non persi tempo e presi le chiavi della macchina, dovevo assolutamente incontrarla così da avere delle risposte. Appena uscii dalla mia camera incontrai Tanya che mi guardava con sguardo preoccupato.
*Si può sapere che ti succede, mi ha telefonato Jasper dicendomi che sei scappato da casa, è vero?* pensò Tanya incredula.
" Si, è vero. Però... adesso dovrei andare a fare una cosa molto importante non ho tempo per le spiegazioni.", gli risposi freddo. Mi dispiaceva utilizzare quel tono con lei, infondo era solo preoccupata per me. Ma al momento non avevo tempo da perdere. Lei come se avesse sentito la conversazione tra me e mia sorella di prima mi disse:
" Okay vai, ma non prendere l'autostrada ho sentito che c'è stato un incidente e c'è più di un ora di coda da fare nella tua direzione.", poi mi sorrise e mi lasciò passare. Andai alla velocità di un vampiro verso la macchina e la misi in moto. Seguii il consiglio di Tanya e non presi l'autostrada optando per quella che entrava in paese. Mentre ero fermo al semaforo vidi una famiglia numerosa come la mia attraversare sulle strisce. Per un attimo mi sembrava una nostra immagine, ma durò solo un secondo perché loro a differenza nostra si notava che era una famiglia molto unita cosa che noi non eravamo più. Solo in quel momento capii quanto fissi stato vigliacco. Il suono di un clacson mi ridestò dai miei pensieri e mi accorsi che il semaforo era diventato verde. Partì e, poco dopo, arrivai all'indirizzo che mi aveva dato Irene. La casa in alcuni aspetti assomigliva alla nostra e si trovava in cima a una collina circondata da una fitta foresta. Parcheggiai vicino a un furgoncino blu nel poco spazio disponibile. Appena sceso fui travolto da una puzza di licontropo molto forte. All'inizio mi stupii non poco però conoscendo Irene c'era da aspettarselo. Arrivai alla porta e suonai il campanello, mi venne ad aprire un ragazzo che avrà avuto all'incirca 21 anni.
"Tu devi essere Edward il fratello di Irene, giusto?" mi disse il ragazzo per niente stupito di trovarsi davanti un vampiro.
"Sì, sono io. Irene mi ha detto di venire qui che doveva parlarmi." gli risposi io che al contrario suo ero parecchio agitato.
"Prego, entra. Mi chiamo Poul. Tua sorella è andata a cambiarsi arriverà a mementi." mi disse lui sorridendo. Era molto diverso dai licantropi che avevo conosciuto, non mi trattava male solo perché ero un vampiro, a lui non importava cosa ero ma chi ero. La casa era molto grande e bella, a sinistra dell'entrata vi era una porta aperta da cui usciva un buon profumino.
"Poul, chi era alla porta?" chiese una donna uscendo da quella che dedussi fosse la cucina. Era una donna in carne, ma aveva una bellezza tutta sua. Aveva i capelli biondi, gli occhi azzurri e, cosa che mi sorprese, era umana. La donna si accorse subito di me e mi sorrise.
"Tu sei Edward, vero? È un piacere conoscerti io sono Jen" mi disse la donna abbrandomi, poi si rivolse al ragazzo che aveva detto di chiamarsi Poul.
"Potresti accompagnarlo in salotto Irene arriverà subito."
"Certo" rispose lui. Mi fece strada per la casa fino ad arrivare a una porta chiusa da cui arrivavano delle voci. Poul aprì la porta e saluto i ragazzi all'interno che erano consentrati sullo schermo di una TV che trasmetteva una partita di baseball. Io mi sedetti sul divano in attesa che arrivasse Irene. Nel mentre mi concentrai sulla partita, non me ne intendevo molto ma vivendo con Jasper ed Emmett né capivo qualcosa.
"Secondo me, vincerà la squadra blu!" dissi senza pensare. Gli altri si voltarono verso di me accorgendosi solo in quel momento della mia presenza. Così iniziamo a parlare degli errori dei giocatori e cosa secondo noi dovevano fare. Era strano, non mi era mai capitato di parlare tranquillamente con dei licantropi e trovarli per di più simpatici. Ero così preso dalla discussione che non sentii la persona che entro nella stanza finché non mi abbracciò da dietro.
"Mi sei mancato, fratellino" mi disse lei. Io mi voltai e l'abbracciai a mia volta.
"Anche tu" gli risposi.
"Forse è meglio se andiamo a parlare in camera mia, che ne dici?", mi sorrise. Mi era mancato tanto quel sorriso. Annuì in risposta alla sua domanda e ci avviammo verso la sua camera. La sua camera era in cima alle scale al fondo della casa, quando entrammo notai subito il suo stile inconfondibile anche se c'era qualcosa di diverso. Era più spoglia di quella che aveva a casa nostra e in qualche modo metteva nostalgia. Sul suo comodino, vicino al letto, c'era una nostra foto di famiglia. La cornice che la conteneva era molto consumata, cosa che discostava molto con il vetro pulitissimo da cui si capiva che la puliva con fare quasi maniacale. Lei intanto si era andata a sedere sul letto e mi fece segno di sedermi accanto a lei. Io obbedì e restammo per un po' in silenzio uno accanto all'altra. Alla fine fui io a rompere il silenzio.
"Allora di cosa dovevi parlarmi che mi hai fatto venire qui?" gli chiesi. Forse di tutte le domande che le dovevo fare quella era la più importante. Lei all'improvviso si girò verso di me con gli occhi che a stento trattenevano le lacrime.
"Mi puoi spiegare perché te ne sei andato di casa? Certra per caso la figlia dell'ispettore capo Swan?" mi chiese lei d'impulso come se non riuscisse più a trattenersi.
"Sì, ma è una storia complicata e difficile da spiegare."
"Capisco... Però sappi una cosa, ci sono situazioni che non si possono risolvere singolarmente e bisogna chiedere aiuto. La tua è una di queste. Tu non sei solo, hai me, Jasper, Alice, Emmett, Rosalie, Carlisle ed Esme. Hai una famiglia non dimenticarlo mai." in quei momenti mi sembrava che fosse lei la maggiore tra i due. Però anche lei aveva sbagliato e ora mi avrebbe detto la verità.
"Anche tu c'è l'avevi una famiglia, ma hai deciso di fare tutto per conto tuo. Non pensi che sia ingiusto fare la predica a me quando sei stata tu la prima a sbagliare?" il mio tono era duro come il ghiaccio, ma per sapere cosa era veramente successo quel giorno era l'unico modo.
"Tra noi due c'è una differenza, è vero ho sbagliato anche io e non passa giorno che rimpiango la scelta che ho fatto. Ma tu a differenza mia puoi ancora rimadiare e tornare a casa. Quando avrai qualche problema io ci sarò sempre, la porta di questa casa è sempre aperta per te..." si alzò dal letto e completo la frase. "ora hai qualcosa di importante da fare, dico bene?" mi guardo sorridendomi e avvicinandosi alla porta.
Mi accompagnò fuori, ma proprio mentre stavo per mettere piede in macchina mi richiamò.
"Edward, ti prego, non dire niente agli altri di quello che è successo"
"Certo" gli risposi. Lei mi sorrise ed io misi in moto la macchina, mentre me ne andavo la vedevo ancora ferma a fissarmi.
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Edward Cullen twilight
FanfictionEdward Cullen pensava che non sarebbe mai riuscito ad amare qualcuno e pensava che nessuno l'avrebbe mai amato. Finché non conosce Bella Swan una ragazza molto simile ad una persona molto importante per lui... Anche se non dovrebbe Edward, un vampi...