La chiave della Porta Rossa

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Camminarono per lunghi minuti, percorrendo gran parte di Parigi in silenzio, attraversando strade traverse e sconosciute ai soldati per non farsi vedere in quella notte profonda; lei camminava silenziosamente dietro di lui, come se temesse ogni sua mossa, come se, in parte, ancora non fosse sicura di potersi fidare di lui, e questo lo addolorava. Era stata la fatalità a riportarla da lui, di questo ne era certo; quando era uscito dalla cattedrale, non voleva certo rivederla. Aveva camminato per lunghe ore, quando ancora il sole era alto nel cielo, senza realmente avere una meta, ma con un chiaro obbiettivo in testa; scordarsi, almeno per un po', di quella ragazzina. Era convinto di averla persa per sempre, e, di conseguenza, non si era nemmeno sognato di andare a cercarla volontariamente; aveva passeggiato per tutta Parigi, era riuscito ad arrivare fino ai campi che la circondavano, senza sentirsi stanco, senza che i piedi cominciassero ad urlare dalle lunghe ore di cammino senza sosta; poi, quando si era ritrovato sul punto di svenire dalla stanchezza che ad un tratto aveva deciso di coglierlo, si era seduto per qualche minuto su una piccola collinetta, dalla quale si aveva una bellissima visuale della città. E lassù, nascosto dagli occhi indiscreti del popolo e delle persone che lo consideravano un freddo pezzo di ghiaccio, si era lasciato andare in calde lacrime amare, permettendosi, per una volta, di soffrire. Poi, quando aveva notato che la notte era già precipitata sulla Francia, si era svegliato, senza nemmeno essersi reso conto d'essersi assopito, si era alzato e aveva preso vie confuse nella sua mente per ritornare a quella cattedrale che, ormai, non gli pareva altro che una splendida prigione di pietra; e, distratto dalle sue riflessioni, aveva visto una figura scaltra correre sulla via, attirando la sua attenzione, e, dietro la disgraziata, truppe di soldati. Non gli ci era voluto molto per riconoscere la piccola Esmeralda in quel visino spaurito sotto la lattiginosa luce lunare; così l'aveva portata in salvo, ancora una volta, impedendole di finire in mano ai militari.
Non le teneva la mano da quando l'aveva incoraggiata a camminare; aveva paura che, se lo avesse fatto, la ragazza sarebbe scappata via, con la rapidità che aveva rivisto in lei quella notte, e l'avrebbe persa, ancora. Voltò leggermente il capo per controllare che fosse dietro di lui, il cuore gli pulsò forte nel petto in un misto di tenerezza ed imbarazzo nel vedere la piccina armeggiare con le spalline dell'abito, a testa bassa, con i capelli inzuppati dalla pioggia che, ormai, aveva cominciato a scendere dal cielo, implacabile; sembrava così fragile, a quel modo, era l'immagine del classico pulcino bagnato che torna a casa dalla sua mamma pigolando infreddolito. Si fermò un istante, in modo che lei, continuando a camminare, potesse raggiungerlo, e quando fu al suo fianco, pur imbarazzato all'idea di toccarla, le cinse le spalle con la larga manica sinistra della tonaca, dandole, in qualche maniera, un piccolo rifugio caldo dove stare; il lato bello della sottana da prete era proprio il suo calore, soprattutto nei mesi invernali. Il mantello poteva essere un aggiuntivo, poiché già nella sola tonaca ci si godeva un bel calduccio in qualsiasi periodo freddo.
<<Grazie...>> mormorò Esmeralda non appena percepì la calda stoffa posarsi su di lei. Frollo accennò ad un sorriso, nonostante non fosse veramente in vena di sorridere; tutto in lui era più spento, mogio, distante. Forse era per quello che era successo il giorno prima, o forse era la pioggia ad indebolirlo; non ne aveva idea, ma sapeva che lo stare accanto a lei lo indeboliva, e, ancora una volta, lo rendeva goffo ed imbarazzato; le guance gli facevano male, dovevano essere proprio rosse. Lanciò uno sguardo alla zingarella, che camminava ormai a rilento, e con gli occhioni neri che, a volte, scrutavano la strada attorno a loro, controllando che nessuno potesse seguirli.
<<Non ti preoccupare.>> la rassicurò lui, inconsciamente stringendo la presa su di lei <<Siamo quasi arrivati. Saint Chapelle non é tanto lontana.>>
Ed in effetti, era proprio vero: percorsero ancora due stradine e svoltarono un angolo, sotto la pioggia, per poi ritrovarsi davanti ad una costruzione gotica dalle alte guglie colorate, composta completamente da vetrate dai mille decori, che, sotto la luce della luna e la pioggia del temporale, scintillavano di miracolosa sicurezza. Il prete percepì un profondo sospiro di sollievo sfuggire dalle labbra della ragazzina; le lanciò un'occhiata di sottecchi, e s'imbarazzò nello scoprirsi a sorridere di tenerezza. Cosa le passava nella testa? Avrebbe tanto voluto saperlo, in quell'istante, anche solamente per tentare di comprenderla al meglio; sapeva, in fondo al suo cuore, che la storia che lei gli aveva raccontato poco prima non era completa; se lo fosse stata, dopotutto, non avrebbe avuto i capelli arruffati, il corpetto slacciato, e quello sguardo ricolmo di vergogna scintillante negli occhioni neri. Avrebbe desiderato chiederle che cosa l'avesse turbata così tanto, chi avesse avuto la faccia tosta di metterle le mani addosso, anche se, nella sua mente, molte risposte andavano e venivano come se si fosse trattato di una fiammella istigata dal vento, che si abbassava e si alzava senza tregua; era chiaro dentro di lui, però, che c'entrasse qualcosa il capitano Phoebus. Il solo ripensare a quel deprecabile elemento lo fece ribollire di rabbia; se avesse anche solo lontanamente pensato di mettere quelle sue manacce sudaticce e sudice sull'Esmeralda, oh, non sarebbe stato padrone di se stesso. Arrossì tremendamente nel pensare che, in effetti, se anche lui stesso avesse posato una sola mano sul corpo di Esmeralda, non avrebbe più avuto controllo.
Quando lei lo aveva abbracciato, quando si era appoggiata al suo petto con il capo, oh, quanto aveva voluto stringerla forte, accarezzarle il viso, baciarle la fronte, le guance, le labbra ... oh! Fosse stato un pazzo! Non fosse stato un prete! Nel profondo del suo inconscio, sapeva che non si sarebbe trattenuto tanto; ma quella tonaca e quella croce di legno che gli pesava sul petto gravavano su di lui, sedando ogni suo singolo istinto. Guardò di nuovo la zingarella, e sussultò nello scontrarsi con il suo sguardo da piccolo cerbiatto smarrito, fisso su di lui; percepì le guance andargli in fiamme, e si sentì un idiota nel non riuscire a formulare una sola frase. Fece per improvvisare qualcosa, quando lei lo interruppe: <<Perché stiamo qui fuori?>> domandò con voce da bambina <<Ho freddo.>>
Fu allora che il prete si rese conto di essere fermo davanti al portone della cappella, e si sentì ancora più stupido di quanto non si fosse creduto pochi istanti prima; bussò sonoramente, nel tentativo di distrarre la ragazzina dal suo momento di perdizione, e fu fortunato nel ricevere subito una risposta attraverso la piccola grata della porta d'ingresso: <<Chi è là?>> domandò una voce maschile.
<<Sono l'arcidiacono di Josas.>> rispose Frollo, prima di spingere leggermente indietro la piccola, che così fu alle sue spalle, accennandole di entrare nel mantello <<Ho bisogno di un ricovero dove passare la notte.>>
Ci fu un momento di silenzio, che venne poi seguito dallo scattare di una serratura, dal tintinnare di un mazzo di chiavi e dal cigolare dei cardini del portone, che si socchiuse davanti a loro, per illuminarli leggermente con la luce delle candele; un monaco vestito di saio comparve sulla soglia, con il cappuccio bruno sul viso, al punto quasi coprirglielo interamente. Egli accennò un inchino, per poi indicare, con gentilezza, l'interno della chiesa ai nuovi arrivati; Frollo avanzò, con Esmeralda nascosta sotto il mantello, nella cappella, seguendo poi il frate, che gli indicò una stanzetta nascosta alla fine della navata principale.
<<Qui potrete riposare, monsignore.>> spiegò l'uomo <<Il caminetto è già acceso, e ci sono delle sedie su cui potrete appoggiare gli abiti umidi. Non preoccupatevi, non vi distuberemo; noi dormiamo nel chiostro.>>
<<Vi ringrazio, fratello.>> annuì lui, senza lasciar trasparire il timore che gli attanagliava la gola; se si fosse venuto a sapere che sotto quel mantello nero si nascondeva una zingara, e che,soprattutto, era in sua compagnia, sarebbe stato un putiferio. Non solo per la sua reputazione, ma anche per quella della Chiesa stessa.

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