Impopolarità

284 30 0
                                    

Socchiuse gli occhi che il sole era già alto, nel cielo, ed i suoi raggi filtravano attraverso innumerevoli vetrate colorate lassù, a pochi metri da lei; batté più volte le palpebre, faticando a ritornare alla realtà per uscire dal mondo dei sogni. Si rotolò per qualche istante sotto la pesante coperta che l'avvolgeva, si stiracchiò in un modo simile a quello usato dai piccoli animaletti del bosco appena svegli, con un'abominevole lentezza che stupì lei stessa; si voltò, con un leggero sorrisino stampato sulle labbra, gli occhioni neri ancora chiusi. Allungò una mano nel vuoto, nella certezza di poterla posare, di nuovo, sul petto di don Claude; arrossì a quel pensiero, sorridendo, però, ancora di più. Quando gli si era avvicinata, la sera prima, per confessargli i suoi sentimenti, non si sarebbe certo aspettata ciò che era poi effettivamente accaduto; l'amore. Aveva passato tutta la sua vita temendo un momento simile, scappando dagli sguardi e dalle mani che le facevano paura, nascondendosi da occhi indiscreti ed evitando di cedere alle fastidiose avances che alcuni soldati le facevano sin da quando era diventata, effettivamente, una donna; aveva anche negato a se stessa la possibilità di pensare ad un matrimonio, o ad un fidanzamento, sapendo bene che quel contatto fisico sarebbe di certo arrivato molto prima di quando lei non avesse voluto; eppure, ora, non si sentiva a disagio come aveva pensato che avrebbe potuto sentirsi dopo una notte a "Le Pomme d'Eve" con Phoebus, non si sentiva sporca, o sbagliata. Il mondo intorno a loro le pareva lontano, quasi inesistente, e non le importava affatto del giudizio altrui; in fondo, era abituata ad essere criticata. Era come se, dopo quella notte d'intimità, si fosse creata una bolla che li conteneva, e che li distanziava dagli altri, senza dare possibilità d'entrare, o almeno era quello che lei pensava; la sua manina andalusa toccò il lenzuolo sotto di lei, freddo, gelido in confronto alla ragazzina. Allungò ancora il braccio, alla ricerca del prete; si doveva sicuramente essere messo di fianco, oppure si era nascosto al limite del materasso, magari imbarazzato; in fondo, lo sapevano entrambi, ciò che era successo non era esattamente rispettoso nei confronti della Chiesa e delle promesse che don Claude aveva fatto a Dio. Aprì gli occhi di scatto, il cuore in gola; perché non riusciva a trovarlo? Si sedette, rapida, coprendosi il busto con la coperta, in parte imbarazzata dalla sua nudità, e, spaurita quanto nervosa, cominciò a guardarsi intorno, nella speranza di trovare, da qualche parte, il prete; ma di lui, nella stanza, sembrava non esserci traccia.
<<Monsignore?>> chiamò, la voce le tremava, il panico le percorreva la schiena con tremendi brividi gelidi <<Don Claude?>> riprovò, questa volta quasi in un sussurro, le lacrime le offuscavano la vista. Si guardò nuovamente intorno, soffocando il pianto che la invadeva; no, non poteva essere vero, non poteva essersene andato. Si strinse nelle spalle, a testa china, il suo cuoricino di bambina fremeva in un misto di dolore e rabbia al pensiero che, ancora una volta, aveva sbagliato a considerare una persona; don Claude si era dunque tanto occupato a farle credere di amarla, solamente per arrivare a questo? Farla sua e scappare via, abbandonandola al suo destino? Non era così che aveva sperato che andasse a finire, quando gli aveva detto la verità, e non era in progetto l'idea di restarsene da sola. Aveva infranto la più grande promessa della sua vita per poter stare con lui! Non ci aveva pensato nessuno? Sin da bambina aveva promesso alla sua nutrice, Azarina, e poi, in seguito, al fratello Clopin, di restare vergine più a lungo possibile, per poter, finalmente, ritrovare la sua vera madre, che le aveva fabbricato quella scarpetta rosea che teneva nel suo sacchettino smeraldo, nascosto all'interno del corpetto del suo abito; aveva rinunciato a sua madre per poter amare don Claude. Ed era così che la ringraziava? Levando le tende senza nemmeno salutarla?

Udì la serratura scattare, si voltò verso la porta, spaventata al solo pensiero di essere trovata in quelle condizioni da un frate, si asciugò in fretta e furia in viso, guardandosi intorno alla ricerca di un nascondiglio, ma, non avendo nulla dove celarsi, rimase lì, immobile, in balia degli eventi; quando però vide scivolare nella stanza una figura familiare, avvolta in una tonaca nera, fu in parte sollevata e dall'altro lato sorpresa: don Claude. Lui sollevò lo sguardo dalla maniglia della porta e, dopo averla richiusa a chiave dietro di sé, si rivolse alla ragazzina, con un leggero sorriso: <<Oh, ti sei svegliata.>> commentò, senza notare, o almeno non subito, lo sguardo perso della piccola, che lo guardava con gli occhi ancora ricolmi lacrime, ormai miste allo stupore e alla gioia nel rivederlo. Oh, maledetta quella sua impetuosità, quel suo saltare subito alle conclusioni! Don Claude non l'avrebbe mai potuta abbandonare, lui l'amava, gliel'aveva ripetuto più volte, e lei, quasi tutte, aveva fatto finta di non sentire, un po' per non ferirsi, un po' per orgoglio; non le piaceva essere incoerente, e per questo, quando ancora era convinta che l'odio fosse tutto ciò che quell'uomo meritasse da parte sua, cercava di evitare di lasciarsi andare a quell'amore, in parte involontario, che provava per lui.
<<Ehi, che succede?>> la richiamò, premurosa, la voce del prete, che le fece alzare lo sguardo; le guance le si tinsero di rosso, per la vergogna di aver pensato troppo velocemente e aver sbagliato su di lui. Si strinse nella coperta, si morse il labbro inferiore: <<Pensavo ...>> mormorò, a disagio <<... pensavo ve ne foste andato.>>
<<Andato?>> domandò lui, confuso dalle sue parole.
<<Sì...>> continuò lei <<Credevo mi aveste abbandonata qui!>>
Frollo sospirò pesantemente alla risposta, scosse il capo: <<Oh, Esmeralda!>> esclamò, nascondendo abilmente con una mano un piccolo sorrisetto divertito <<Non ne sarei capace.>> disse, prima di avvicinarsi e sedersi accanto a lei <<Mi dispiace che tu lo abbia pensato e che non mi abbia trovato qui al tuo risveglio ... ma sono dovuto andare alle preghiere mattutine e alla mensa.>>
<<Perché?>> chiese la piccola, facendosi più vicina a lui e acchiocciolandosi sul petto del prete, abbracciandolo con leggera timidezza. L'uomo sorrise al suo gesto, e prese ad accarezzarle i capelli: <<Perché altrimenti avrebbero capito che qualcosa non va. Se fossi rimasto qui, sarebbero venuti a cercarmi, e forse ci avrebbero scoperti.>>
Esmeralda non rispose, troppo intenta a godersi il momento per pensare a ciò che aveva appena sentito; stava così bene lì, stretta a lui, che se avesse potuto non si sarebbe mai allontanata. Era così caldo, così morbido, così comodo, in una certa maniera, e la faceva sentire al sicuro, anche solo con la sua presenza; ascoltava, con l'orecchio posato sulla cassa toracica di lui, il suo cuore battere, con emozionante dolcezza, e seguiva il ritmo costante del suo respiro tranquillo, in un insieme che ormai la cullava e le dava l'impressione di aver sempre dovuto stare lì, come se lei avesse sempre dovuto far parte di lui e della sua vita. Sollevò il capo, arrossì leggermente nel ritrovarlo così vicino; nonostante ciò che avevano condiviso quella notte, si sentiva ancora in imbarazzo a guardarlo negli occhi, forse perché era una sorta di sfida, forse perché erano troppo intensi per lei per permetterle di guardarli senza timore.
<<Non avrei mai potuto lasciarti qui da sola.>> le sussurrò con un sorriso lui <<Non sono una persona del genere.>>
Si guardarono ancora per qualche istante, fin quando, senza una chiara motivazione per la piccola, il prete si alzò, allontanandosi da lei e dirigendosi verso il caminetto, per rinvigorirne la fiamma: <<Dovresti vestirti.>> le suggerì, senza però guardarla in viso <<Tra poco dovremo andare via, o cominceranno a sospettare.>>
Per assurdo, Esmeralda non se lo fece ripetere due volte, si alzò lentamente e, pur stordita dal comportamento di lui, prese ad indossare gli abiti, raccattandoli dal pavimento senza reale interesse; s'infilò la sottana, la camicetta, e si avvicinò a sua volta al caminetto, davanti al quale c'era ancora la sedia con il suo abito, ormai asciutto. Lo prese con delicatezza, lanciò un'occhiata all'uomo, che,silenzioso, osservava le fiamme, assorto, ancora una volta, nei suoi pensieri. La zingarella spinse in fuori il labbro inferiore; le sarebbe piaciuto così tanto capire che cosa gli passasse per la testa. Le sembrava sempre, sin da quando l'aveva conosciuto, di potergli parlare ad intermittenza; anche quando ancora erano a malapena conoscenti, appena allieva e maestro, faceva fatica a mantenersi in continuo contatto con lui, poiché il sacerdote sembrava ascoltarla per qualche istante, per poi perdersi nelle sue riflessioni, quasi dimenticandosi di lei. E se in parte le dispiaceva, dall'altra adorava quel suo lato così ombroso; in fondo, non era stato quello ad attrarla, all'inizio? Indossò l'abito, caldo a causa del prolungato contatto con il fuoco, fece ben attenzione a non tirarsi i capelli mentre allacciava il corpetto, un pensiero le attraversò la mente, facendola aprire in una leggera risata; lui parve riemergere dai suoi pensieri al suono della voce di lei, le lanciò uno sguardo confuso: <<Perché ridi?>> le chiese, perplesso. La ragazzina alzò la testa, con ancora un ebete sorrisino sulle labbra carnose: <<Nulla, stavo pensando.>> rispose, divertita da quell'interesse improvviso.
<<A cosa?>> continuò a chiedere lui, questa volta con un sorrisetto <<Devo preoccuparmi?>>
<<No! No!>> ridacchiò la piccola  <<Stavo solo fantasticando ... credo sia normale.>>
<<Non vuoi dirmi a proposito di che cosa?>>
<<Ve lo direi, ma forse mi prendereste per pazza.>>
L'uomo le si avvicinò, con aria divertita in viso, le braccia incrociate sul petto come se stesse fingendo di essere un severo insegnante davanti ad un allievo furbetto: <<Non ti prenderei per pazza. Me lo vuoi dire?>>
<<Come siete curioso!>> si finse irritata lei, fallendo miseramente nello scoppiare in una risata <<D'accordo, ve lo dirò.>>
Lui fece un cenno con la mano, invitandola a parlare: <<Prego, ti ascolto.>>
Sospirò leggermente, arrossì sulle guance paffute, prese a stropicciarsi una ciocca di capelli, il cuore le martellava fastidiosamente nelle vene, chinò il capo per non guardarlo in viso: <<Stavo pensando ... ad una famiglia.>> disse con timidezza <<Da piccola non ci stavo tanto a ragionare, poiché ne avevo già una ... ma ora sono sola e... mi è passato per la testa, tutto qui.>>
<<Una famiglia?>> ripeté lui, con aria cogitabonda. Lei annuì: <<Sì.>> e, finalmente, lo guardò negli occhi <<Voi ... non ci avete mai pensato?>>
Un risolino soffocato sfuggì alle labbra chiuse del prete, che scosse il capo, forse malinconico, in fondo: <<Se fossi stato un uomo libero, lo avrei fatto.>> si passò una mano sul viso, accennò ad un sorriso <<Ma sai, non avendone avuta una molto legata, ho preferito evitare. E poi, conosci anche tu il destino di noi sacerdoti: una lunga vita di silenzio e di letture. E in solitudine.>>
<<Ma voi non siete solo!>> ribatté la ragazza afferrandogli le mani <<Avete me.>>
Un sorriso sincero si dipinse sulle labbra di don Claude, che le accarezzò con dolcezza il viso, senza distogliere lo sguardo da lei; non disse una parola al riguardo, ma la piccola non voleva certo mollare l'osso che le era appena capitato sotto mano. E così, riprese a parlare, come presa da un'estasi:
<<Immaginate una casetta lontana da tutti, persa in campagna, oh, magari sui colli provenzali, completamente in mezzo al verde, con dei campi attorno, con nessun giudizio o malintenzionato in vista, un posto pacifico e pieno di gioia. Immaginatevi dei bambini che corrono per il giardino coltivato, con un cagnolino che abbaia divertito seguendoli, oh, e anche la piccola Djali! Lei adora giocare con i bambini ... e poi, dentro casa, un bel clima fresco, che permetta di sopportare le estati afose, ma caldo d'inverno, accogliente, come ogni casetta di quei posti.>> raccontò, gli occhi le scintillavano nel vedere quelle immagini così dolci e nitide nella sua mente <<E poi noi due, sposati, che controlliamo che i bambini non si facciano male, che lavoriamo la terra, che passiamo gli anni della vita insieme.>> gli sorrise, a quel punto <<Non vi piace come idea?>>
Frollo rimase in silenzio per lunghi attimi, di nuovo distante, con lo sguardo perso nel vuoto; sorrise vagamente, apparentemente distaccato: <<Sarebbe molto bello, ma impossibile.>> le rivolse uno sguardo ricolmo di desolazione <<Sono un prete. L'arcidiacono. Non mi lascerebbero mai andare via.>>
<<Perché chiedere il permesso? Potremmo fuggire. Laggiù nessuno saprà della vostra vita ecclesiastica!>> ribatté la zingarella <<Potremmo anche eliminarne ogni traccia! Sapete, ho già un progetto per la vostra tonaca.>>
Lui le rivolse uno sguardo divertito, ma curioso al tempo stesso: <<Ossia?>>
<<Ne farei una coperta!>> rispose in una risata lei <<È così calda!>>
Anche Frollo rise, scosse la testa posando una mano sul proprio viso: <<Se ti sentisse qualche ecclesiastico fanatico...!>>
La piccola si allontanò da lui, afferrò in fretta e furia il suo mantello, se lo sistemò sulle spalle come se fosse una sorta di tunica, e, una volta gonfiato il petto e contorte le labbra, esclamò, imitando una voce da uomo: <<Quale insolenza! Eresia! Come osa prendersi gioco della Chiesa stessa?>> e si mise le mani sui fianchi, fingendosi furiosa <<Ragazza zingara, ti farò sbattere in prigione!>>
Entrambi presero a ridere a crepapelle, stupidamente e, in parte, senza effettivamente averne motivo, ma felici del momento che stavano condividendo; Esmeralda si sfilò il mantello, per poi risistemarlo sulla sedia da cui l'aveva tolto, con ancora il sorriso sulle labbra. Ma quando alzò lo sguardo su don Claude, ebbe un moto di delusione; lui era, all'improvviso, scuro in viso, a testa china, serio. Gli si avvicinò, fece per dire qualcosa, ma lui la interruppe: <<Dobbiamo pensare a Phoebus, adesso.>> disse, con lo sguardo fisso sul pavimento davanti ai suoi occhi bassi <<Non potremo fuggire per sempre.>> e dunque, indossando il mantello, si rivolse a lei <<Vieni. Torniamo alla cattedrale.>>
<<Ma non possiamo, di sicuro ci troverà!>> ribatté la piccola, spaventata alla sola idea di rivedere il capitano. Frollo le lanciò uno sguardo cupo, quasi spaventoso in qualche modo: <<Ed è proprio quello che spero che faccia.>>

Amor Amara Dat Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora