2- Carl Grimes

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Strinsi fra le braccia il cuscino mentre un tocco leggero sulla spalla tentò di svegliarmi.
<Scarlett, svegliati>
Aprii gli occhi, sobbalzai spostandomi dall'altra parte del letto, la paura si stava insediando ancora una volta dentro di me non facendomi ragionare.
Il respiro mi venne a mancare, indietreggiai arrivando al bordo del letto e solo allora mi voltai verso quella figura.
Carol.
<i-io non ti volevo spaventare...> si scusò avvicinandosi al letto.
Passai una mano sul viso spostando i capelli ricaduti sugli occhi, presi dei respiri profondi e mi calmai del tutto, infine mi alzai lentamente dal letto.
<non è colpa tua, mi capita spesso> la tranquillizzai per poi prendere da terra un cuscino caduto poco prima.
<volevo ricordarti di andare da Denise e più tardi Deanna vorrebbe conoscerti> prese l'altro cuscino e insieme rifacemmo il letto.
Mi voltai verso di lei.
<chi è Deanna?>
<è il capo, ti farà solo qualche domanda e ti assegnerà qualcosa da fare, sempre che tu voglia restare>
Abbassai lo sguardo leggermente in imbarazzo.
<io non... ancora non lo so>
<tranquilla...oggi pomeriggio ti posso presentare i ragazzi di cui ti ho parlato ieri, uno di loro è il figlio di Jessie, devo andare da lei per fare delle cose e se non ti troverai bene ti posso riaccompagnare a casa quando vuoi> sorrise, cavolo quanto era gentile.
<grazie Carol> le sorrisi per la prima volta. Ne ero certa, di lei mi sarei fidata ciecamente.
<ti ho messo degli asciugami puliti in bagno se per caso vuoi fare una doccia prima di uscire> non me lo feci ripetere due volte e mi chiusi in bagno, mi liberai dei vestiti e mi fiondai nella doccia.
Ci misi un eternità a lavarmi cercando di non bagnare le bende sulla pancia e sulla spalla, miracolosamente riuscii a lavarmi pure i capelli che erano quelli messi peggio.
Uscii dalla doccia e mi asciugai in fretta, Carol oltre agli asciugamani aveva lasciato dei vestiti puliti che indossai senza badare a cosa fossero.
Mi specchiai qualche secondo, rimasi sorpresa nel vedermi così...pulita e normale.
Lasciai i capelli umidi sulle spalle e mi riallacciai le scarpe.
Alla fine mi ero messa dei leggins neri, una canottiera bianca e i soliti anfibi neri, allacciai la fondina alla coscia per abitudine e misi il mio coltello preferito nella propria fodera attaccata alla cintura.
Riordinai il casino lasciato, piegai i vestiti sporchi e li impilai lasciandoli sopra al mobile poi uscii chiudendo la porta alle mie spalle.
Tornai in camera, presi lo zaino e scesi cercando Carol.
<sei pronta?> sentii chiamare dal soggiorno.
La raggiunsi, in mano aveva un blocco da disegno e delle matite.
<tieni, li ho trovati in casa e ho pensato che ti sarebbero piaciuti>
Li presi quasi commossa e li infilai nello zaino ringraziandola con un gran sorriso stampato in faccia.
Si offrì di accompagnarmi da Denise e poi da Deanna, visto che non sapevo dove si trovasse la seconda.
Prima di uscire di casa controllai dalla finestra quante persone ci fossero per strada...solo un paio per fortuna, mi feci coraggio ed uscii dopo Carol.
La seguii fino all'ambulatorio, si stava lentamente guadagnando la mia fiducia.
Entrammo trovando solo Denise intenta a leggere qualche libro di medicina seduta alla scrivania.
<oh ciao, vieni non ci vorrà molto> Carol aspettò li mentre io seguii Denise nella stanza dove mi ero svegliata il giorno precedente.
Mi fece togliere la canottiera, mi visitò per qualche minuto facendomi domande su domande poi disinfettò sia l'addome che la spalla e rifasciò entrambe.
Prima di farmi rivestire mi diede in mano un flacone di compresse.
<prendine una al pomeriggio e una la mattina, lontane dai pasti, serviranno a prevenire un'infezione> la ringraziai e indossai la canottiera lentamente, sta volta mi aveva fatto un male cane e sentivo i punti tirare in un modo davvero poco rassicurante.
Tornai da Carol che salutò Denise per poi uscire di nuovo.
L'abitazione di Deanna era più lontana quindi ci mettemmo un po' di più, nessuna delle due disse nulla durante il tragitto, poi arrivammo davanti a un'abitazione più grande delle altre.
Lei bussò ed aspettò che uscisse quella donna.
<ciao tu devi essere Scarlett, vieni accomodati> sorrise cordialmente allontanandosi dalla porta per farmi passare, guardai interrogativa Carol che mi fece cenno di andare.
Deanna mi fece sedere su una poltrona in mezzo al salotto mentre lei si sedette sul divano davanti a me.
<ti dispiace se registro? Sai vorrei poter rivedere i nastri più tardi>
Feci spallucce, passò dietro alla videocamera e l'accese.
<allora dimmi Scarlett, da dove vieni?> che l'interrogatorio abbia inizio.
<Atlanta, Georgia> risposi con voce monotona.
<mi è stato detto che ti hanno sparato, posso sapere chi è stato?>
<esseri viventi, non so chi fossero e non mi interessa> il che non era vero, volevo trovare quei bastardi più di ogni altra cosa al mondo.
<mi dispiace che tu abbia sofferto tanto. Quanto sei stata là fuori da sola?>
<da sola quasi tre anni, prima sono stata dalle parti di Atlanta finché non è stata invasa del tutto poi sono scappata>
<e sei fuggita da sola?>
<no, non ero sola> sentii un groppo in gola trattenere le parole.
<quante persone hai perso?>
<troppe, come tutti direi>
<quanti anni hai, Scarlett?>
<16...>
<mi è anche giunta voce che hai ucciso molti vaganti in questi anni, puoi ricordarmi il numero approssimativamente?>
<875 Dannati e 11 persone, e tu? Quanti ne hai uccisi?> mi lasciai sfuggire con la rabbia ormai alle stelle per la sfrontatezza con cui faceva le domande.
<abbastanza, cara. I tuoi genitori?>
Rimasi in silenzio.
<avevi fratelli o parenti stretti quando sei scappata?>
Ottenne solo silenzio, ancora.
<capisco... il tuo cognome? Così lo posso scrivere sulla registrazione>
La fulminai alzandomi, lei sobbalzò per lo scatto e mi guardò mentre iniziai a camminare per la stanza, tremante di rabbia.
<non ho un cognome, non ho dei genitori e non ho parenti o fratelli. sono sola, lo sono sempre stata>
Restò in silenzio, osservandomi.
<Mi hanno detto che se resterò dovrò rendermi utile, no? Cosa devo fare>
<sono felice che tu prenda in considerazione di poter diventare parte della comunità> sorrise raggiante dimenticandosi della piccola disputa di poco prima.
<in ogni caso sei troppo giovane, andrai a scuola insieme agli altri e vivrai una vita normale come tutti noi qui dentro>
La guardai stupita.
Avevo sentito la parola 'scuola'? Dio era l'unica cosa che non mi mancava del vecchio mondo.
<posso andare?> domandai facendo qualche passo verso il corridoio.
<certamente e grazie per la collaborazione>
Uscii senza salutarla, quella donna mi dava sui nervi.
Feci la strada a ritroso ed arrivai a casa di Carol, la porta era aperta ma non sembrava ci fosse qualcuno.
Presi il coltello dalla cintura mettendomi in posizione di difesa, entrai chiudendo la porta, chiamai Carol un paio di volte ma non ottenni risposta, stavo per entrare in salotto quando sentii delle pentole cadere in cucina. Scattai verso quella stanza con l'arma protesa in avanti pronta a colpire.
Una donna chinata sulle pentole appena cadute tentava di raccoglierle tutte con una mano sola, non riuscendoci e facendole cadere un'altra volta.
<chi sei?> domandai facendola sobbalzare, si girò studiandomi.
<Maggie, Carol mi ha chiesto di portare delle cose da Jessie, tu sei Scarlett?> sorrise appoggiando le cose e ponendomi la mano. La presi cautamente e la strinsi con la mia.
<si sono io, sei del gruppo di Rick?>
<si... Carol tornerà a breve, ti da fastidio se resto ad aspettarla?> domandò sorridendo.
<fa come ti pare> feci spallucce e salii in camera, le sarò sembrata scortese ma ero ancora incazzata per la conversazione con Deanna.
Chiusi la porta alle mie spalle, presi la mappa e il nastro adesivo dallo zaino e la attaccai al muro, tenendola bene in alto.
Studiai tutti i segni che feci durante questi mesi di vagabondaggio, cercando con lo sguardo uno spiazzo abbastanza grande da poter tenere all'interno la gente d'Alexandria ma non riuscivo a identificarlo fra tutta quella vegetazione.
Carol bussò alla porta, la riconobbi dal passo felpato quasi impercettibile all'udito umano, la feci entrare e rimase qualche secondo a guardami mentre studiavo la cartina.
<mi sai indicare con precisione dov'è Alexandria?> le porsi una matita e segnò un'area molto vasta, la mappa era in piccola scala.
<sai dove mi hanno trovata?>segnò un altro punto non molto lontano, a neanche un paio di chilometri.
<a cosa ti serve?> domandò titubante.
<a orientarmi meglio, così so dove sono arrivata e dove mi trovo ora> risposi ovvia.
<tutti questi posti segnati?> indicò la ventina di luoghi cerchiati e cancellati.
<i posti sicuri sono quelli cerchiati, quelli invasi segnati da una X, quelli cerchiati e cancellati invece è dove ho rischiato di morire e da non prendere in considerazione, se sono sono cerchiati e con un + al centro vuol dire che ci sono molti rifornimenti, cerchiato con una - sono stati svuotati, quelli segnati da una barra sono inaccessibili e infine quelli col punto interrogativo li devo ancora visitare> indicai con la matita uno per uno i segni fatti mentre lei studiava la cartina.
<la dovresti far vedere a Rick e agli altri, potrebbe risparmiarci molto tempo durante le spedizioni>
<magari un altro giorno> proposi.
Ancora non me la sentivo di incontrare tutti i membri del loro gruppo, avevo già conosciuto Rick, Carol e quella Maggie, in più Denise e Deanna...erano troppe persone per me.
<verso le 3 vado da Jessie, Ron sarà contento di fare la tua conoscenza, è un ragazzo socievole>
Non ne ero molto convinta però lei era così speranzosa che ci andassi... accettai di andar con lei, infondo non vedevo persone della mia età da mesi.
Scese da Maggie che la stava aspettando, poi mi chiamò per pranzare.
Non mangiai quasi nulla, ero agitata al pensiero di conoscere delle persone nuove. Ero sicura che mi sarebbero stati tutti sul cazzo, detto in parole povere.
Sparecchiai, e tornai in camera, presi il blocco da disegno nuovo e scarabocchiai qualcosa, quel che mi passava per la testa.
Cambiai foglio un paio di volte dopo aver riempito le pagine di scritte insensate e cose così.
Tracciai qualche linea sottile, poi qualcuna più marcata, cancellai delle parti a caso e continuai così finché Carol non mi chiamò dal soggiorno.
Allontanai il foglio tanto per vedere cosa avevo combinato sta volta. Sembravano delle mura, le mura di Alexandria, dall'alto si intravedevano le torri di vedetta, la torre con l'orologio e i tetti delle case più vicine.
Chissà quanto tempo ci ho perso... infilai il quaderno, matite e roba varia nello zaino, presi una felpa verde scuro che trovai nell'armadio e scesi in fretta per non farla aspettare.
<hai preso le medicine di Denise?> domandò prima di uscire di casa.
Andai in cucina, presi una pastiglia dal boccetto nello zaino, la ingoiai e bevvi un po' d'acqua dal rubinetto.
<adesso si> mi asciugai la bocca con la manica della felpa ed uscii in veranda.
<casa loro è a un paio di vie di distanza> mi fece strada, rimasi un po' indietro studiando tutte le case, i giardini, gli alberi, i 'negozi' e qualsiasi cosa che potesse distogliere l'attenzione dal quella casa, l'improvvisa voglia di qualche ora prima di incontrare degli estranei era completamente svanita lasciando spazio all'ansia, quasi paura.
<eccoci> le finii quasi addosso, guardai verso l'abitazione che era uguale a tutte le altre nei dintorni.
Passammo nella veranda, prima di bussare mi guardò per un istante come chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta, se non mi stesse sforzando, le annuii, mi andava bene.
Una donna abbastanza giovane, bionda e con un viso stupendo venne ad aprire la porta.
Salutò Carol e poi si voltò verso di me, si fece avanti con l'intento di abbracciarmi ma mi tirai indietro, poi mi sorrise resasi conto del gesto impulsivo e ci fece entrare.
Come chiuse la porta sentimmo dei passi verso le scale, mi girai incuriosita trovandomi un ragazzo alto, moro e con un sorriso ebete stampato in faccia.
<Ron lei è Scarlett, Scarlett lui è mio figlio Ron> Jessie fece le presentazioni, lo salutai con un cenno della mano mentre lui sorrise.
<vieni ti presento gli altri> incitò lui andando verso le scale, lo seguii salutando le due donne che iniziarono a parlare di cucina o cose del genere.
<ti stai trovando bene qui?> domandò lui una volta arrivati in cima alle scale.
<abbastanza>
<l'unica cosa negativa qui è la scuola, è in un garage ma la cosa positiva è che non si fa molto>
<allora è vera sta storia>
<già...i bambini vanno la mattina mentre noi il pomeriggio, di sicuro ti metteranno con noi>
Stavo per controbattere ma arrivammo in una camera, gli occhi di tutti erano puntati su di me.
<ragazzi lei è Scarlett...loro sono Mickey, Enid e Carl> entrò nella stanza indicando prima un ragazzo, poi l'unica ragazza fra i tre ed infine Carl, con il suo strambo cappello in testa. Era la prima volta che lo vedevo da quando mi aveva trovata e mentirei a me stessa se non ammettessi che fosse un bel ragazzo.
Ora posso dire d'aver conosciuto Carl Grimes, il ragazzo dal cappello da sceriffo e gli occhi di ghiaccio che mi aveva salvato la vita.
Rimasi qualche secondo all'entrata, studiavo le loro mosse in silenzio, poi la ragazza si fece avanti presentandosi.
<io sono Enid> sorrise, entrai e rimasi in piedi nella stanza non sapendo bene cosa fare.
Lei mi ispirava abbastanza fiducia, però preferii mantenere le distanze come con gli altri.
<vieni siediti> mi fece spazio sul letto, di fianco a lei.
Mi sedetti un po' titubante, lasciando lo zaino a fianco al letto.
<le stavo spiegando della scuola...> tornò sul discorso Ron.
<alla fine non si fa molto, ti troverai bene, vero Carl?> mi voltai verso il ragazzo che alzò lo sguardo su di me, era appoggiato alla parete con le braccia incrociate intento a fissare il vuoto, pensieroso.
<si, abbastanza>
<che gran stronzata> mi lasciai sfuggire attirando l'attenzione e facendo calare un silenzio tombale.
<là fuori c'è l'apocalisse e qui pensano ad insegnare la storia dei Romani o le equazioni? Il vecchio mondo è morto ormai, bisogna farci l'abitudine> sentenziai, nessuno fiatò.
<e in ogni caso non rimarrò molto, credo> incontrai gli occhi glaciali di Carl, scattarono sui miei per cogliere la verità nelle mie parole.
<hai un posto dove andare? Un posto sicuro?> chiese Mickey.
<no ma un uomo mi ha parlato di Washington, pare che ci sia un accampamento sicuro con sopravvissuti e provviste>
<anche qui direi> aggiunse Ron.
<infatti non ho ancora deciso niente, dico solo che se mai resterò la scuola sarà l'ultimo dei mie problemi, sono più utile con i Dannati>
Presi dallo zaino il blocco da disegno e mi sedetti sulla scrivania con le spalle al muro aspettando arrivassero altre domande inutili che non tardarono ad arrivare.
<cos'hai nello zaino? Qualcosa di interessante?> si fece avanti Ron.
<guardaci se vuoi, non mordo>
Non avevo nulla di interessante che ricordassi, a meno che non si divertissero con bussole e coltelli.
<queste a cosa ti servono?> sentii il rumore delle pillole nel flacone, non alzai lo sguardo dal foglio e continuai a pasticciare.
<a evitare che mi venga un infezione>
<infezione? Per cosa?> si intromise Mickey.
Abbassai la spallina della felpa ed alzai appena la canottiera mostrando le bende candide.
<ti hanno sparato?> domandò shockato.
<già> sospirai un po' scocciata dall'invadenza delle domande.
<ora quelle persone sono...>
<non tutte, per ora> chiusi il discorso, alzai lo sguardo per vedere cosa stesse facendo Carl, mi osservava, come tutti.
Ron mise tutte le mie cose nello zaino lasciandolo di fianco al letto, dove lo aveva preso prima.
Mi rimboccai le maniche e continuai a fare disegni su disegni, scritte ai margini, scarabocchi su linee.
<cavolo ci sai fare!> esclamò Ron avvicinandosi e sbirciando il foglio.
Si avvicinarono anche gli altri facendomi sentire in trappola, circondata.
<sono solo scarabocchi> chiusi il quaderno lasciandolo sulla scrivania, a fianco a me.
<beh mi piacerebbe saper "scarabocchiare" come te> mimò le virgolette, sapevo di saper disegnare ma non mi piacevano i complimenti, per niente.
<che significa 'Damnatio Memoriae'?> Carl si fece spazio fra gli altri e mi sfiorò un polso, ritrassi la mano e abbassai le maniche fino alle nocche.
<n-nulla> mi spostai più indietro, per quanto fosse possibile. Sentivo la paura farsi strada nella mente offuscando gli altri sensi.
<hai già visitato la città? Possiamo portarti a fare un giro>
Mi alzai facendomi spazio fra di loro, presi lo zaino e il resto delle mie cose e seguii gli altri fini alle scale, scendemmo e incontrammo Carol che parlava con un bambino.
<Carol, portiamo Scarlett a fare un giro. Dov'è andata mia madre?> domandò Ron a Carol guardando verso il bambino.
<È andata a parlare con Rick di non so cosa, tornerà a breve. Sam saluta Scarlett> mi indicò al bambino e lui accennò un timido 'ciao' che ricambiai con un bel sorriso e un radioso 'ciao Sam'.
Adoravo i bambini, soprattutto in questi anni. Loro erano vittime innocenti di questo mondo distrutto, nei loro occhi riuscivi a trovare l'innocenza che hai perso.
Carol si stupì della mia "sintonia" con il ragazzino tanto che rimase qualche secondo a fissarmi incuriosita.
<tornerò per cena, ci vediamo Sam> salutai Sam e poi uscii di casa seguendo gli altri.
<ti piacciono i bambini> fu più un'affermazione che una domanda quella di Enid.
<già, è raro trovarne là fuori, di vivi almeno> mi incupii a ripensare a tutti i baby-zombie uccisi solo in quei giorni, era la cosa più straziante che si potesse fare.
<Carl ha un'adorabile sorellina, è davvero molto tenera però sta calma solo in braccio a Carl, Rick, Michonne o Daryl. Se qualcun'altro la prende in braccio lei continua a piangere> sorrisi al ricordo di quel esserino avvolto in una coperta di fortuna, sotto alla pioggia, che piangeva attirando qualsiasi cosa nei dintorni.
<già...> sospirai parlando invece di tenere per me i pensieri.
<cosa?>
<oh niente, pensieri> mi giustificai.
Mi fecero vedere dov'era la scuola, qualche negozio, l'emporio e l'armeria. Poi mi portarono a un laghetto circondato da alberi e cespugli, questo posto si che mi piaceva.
Io e Enid ci sedemmo all'ombra di un albero mentre i ragazzi improvvisarono una partita a calcio o qualcosa del genere visto che erano solo in 3.
<sembri una ragazza in gamba...>accennò lei dopo minuti di silenzio imbarazzante.
<anche tu> ero sincera, durante il tragitto Ron non smetteva di parlare sul fatto che lei era arrivata da 9 mesi dopo essere stata molto tempo da sola, e nonostante lei gli chiedesse di smettere visto che erano cose private lui continuava irritando anche me.
<senti posso chiederti una cosa? Che però non deve uscire da qui okay?> mi voltai verso di lei, volevo che il messaggio fosse chiaro il più possibile.
<certamente, puoi fidarti, chiedi pure> si voltò anche lei, ci coprimmo dagli sguardi interrogativi dei ragazzi che si erano fermati un attimo.
<c'è un modo per uscire di qui? Senza passare dai cancelli d'ingresso ovviamente>
<vuoi andartene vero?> era dispiaciuta...mi sentivo in colpa a vederla così, non so il perché.
<no credo di voler restare... però ho una cosa da fare là fuori e non potrò vivere qui dentro se non sono sicura di aver posto fine a questa storia> sospirò rassegnata, forse aveva capito cosa volessi fare.
<puoi scavalcare la recinzione, le lastre di ferro hanno dei buchi, fai passare un cacciavite in uno di essi e usalo come piolo. Fai attenzione però> prese dallo zaino un cacciavite e me lo porse.
<grazie> le sorrisi, per conoscermi da così poco aveva fatto davvero un gesto enorme per me.
Mi sentii osservata, guardai verso i ragazzi e mentre due di loro continuavano a rincorrere quel pallone, Carl era fermo e mi fissava, uno sguardo penetrante e intenso che mi fece rabbrividire.
Quel ragazzo mi faceva paura.
Nascosi nello zaino il cacciavite e tornai a parlare del più e del meno con Enid, era molto simpatica e mi capiva essendo stata così tanto fuori da sola anche lei.
Dopo una buona ora in cui Ron prese a spallate Carl e Mickey per vincere una cavolo di partita, sguardi glaciali da parte di Carl e occhiatacce da parte di gente che passava e li sentiva schiamazzare, alla fine decisero di calmarsi e si sedettero con noi.
<posso farti una domanda?> parlò timidamente Mickey rivolto a me.
<dipende che tipo di domanda> gli diedi la mia più totale attenzione.
<ho visto che hai un porta pistola ma è vuoto...si insomma, come sei sopravvissuta là fuori da sola?> era teso, forse un po' intimorito dal mio sguardo.
<mi sono adattata. Dormivo sugli alberi, cacciavo e uccidevo, non mi fanno impazzire le armi da fuoco e la mia l'ho...persa> mentii portando una mano dove fino al giorno prima c'era un proiettile incastonato nella mia carne.
<wow> mi guardò impressionato.
<ci siamo stati tutti là fuori, ognuno di noi è sopravvissuto a modo suo>
Presi a giocherellare con un sassolino davanti alle mie scarpe.
Passai un pomeriggio normale dopo così tanto tempo, però anche se sapevo di essere in un posto sicuro ad ogni singolo rumore o screpitio reagivo spaventata, poi tornavo 'normale'.
Mi feci raccontare da loro come si stava lì e molte cose della loro vita, non che mi importasse particolarmente però almeno non dovevo parlare e non mi sentivo più così tanto osservata.
Il sole iniziò a calare, si era fatto davvero tardi, presi le mie cose per andarmene ma mi resi conto di non ricordare la strada.
<sai come tornare a casa di Carol?> chiese Enid, si alzò pure lei.
<in realtà no...> mi guardai attorno cercando di ricordare quali vie attraversare, cosa assolutamente inutile.
<vai con Carl, abitate vicino no? Noi stiamo dall'altra parte d'Alexandria> la guardai per capire se fosse seria o meno e purtroppo lo era.
Carl mi superò di qualche passo, non capivo, poi si voltò e impassibile si rivolse a me.
<non vieni?>
Aprii bocca per parlare ma le parole mi morirono in gola, lo seguii e basta senza dire nulla.
Perché mi metteva così in soggezione? Ogni volta che mi guardava sentivo la paura crescermi dentro, prendere il controllo senza farmi ragionare.
Lo raggiunsi e camminammo in silenzio uno a fianco all'altra.
Sentivo che stava per fare qualcosa dal modo in cui mi teneva d'occhio, il suo sguardo ricadeva spesso su di me.
<quella notte nel bosco> fece una pausa, mi voltai verso di lui, sapevo a cosa si stesse riferendo.
<non mi hai dato il tempo di ringraziarti, hai salvato Judith e me, ti devo la vita>
<non mi devi niente, lo avresti fatto anche tu>
<se avessi perso Judith, cazzo sarei uscito di testa> si tolse il cappello passandosi una mano fra i capelli già scompigliati non migliorando la situazione.
<anche tu mi hai salvata, sarei morta se non mi avessi trovata, ora sono io a doverti la vita> abbassai lo sguardo perché quelle cose le pensavo davvero, mi sentivo incredibilmente debole ad ammetterlo.
Arrivammo davanti a casa, mi accompagnò fino in veranda, nessuno dei due sapeva come salutare l'altro.
Bussai e Carol venne ad aprirmi subito.
<ci vediamo allora...> lo salutai guardandomi le scarpe.
<sai l'ho conservata...la freccia> si voltò e andò verso casa sua, lasciandomi pietrifica.
L'aveva conservata, perché?
<di cosa stava parlando?> domandò subito Carol appena entrai.
<niente, non era niente> risposi nervosamente, se ne accorse e intuì che fosse successo qualcosa.
Salii in camera chiudendo la porta come d'abitudine, mi buttai di faccia sul letto non curante ne della ferita nel dell'avere ancora le scarpe.
Volevo davvero rimanere? Di tutte le persone che ho conosciuto riuscivo a fidarmi solo di Enid e Carol, le altre mi mettevano inquietudine, quasi paura.
Poi Carl aveva tenuto la mia freccia, perché? Non mi avrebbe mai più rivista se non mi avessero sparato e non fossi capitata di lì per caso. Anche questo era davvero strano... su tutte le possibilità del mondo ci eravamo ritrovati, sta volta ero io in pericolo, sta volta mi aveva salvata lui, sta volta ero io a dovergli la vita e non mi piaceva avere questo tipo di conti in sospeso.
Rimasi sdraiata per un bel po', abbracciando uno dei tanti cuscini sul letto, cercando una soluzione a tutto.
Far finta che tutto quello che avevo passato fosse stato solo un incubo da dimenticare, che tutte le persone che avevo perso in realtà fossero soltanto morte e che ora stessero riposando in pace? Non era una soluzione.
Sarei dovuta restare?
O meglio, mi sarei dovuta fidare?

Humans Scare Me//Carl Grimes Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora