I - Nebbia di guerra

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L'alba rischiarò, come ogni giorno, il fiorente villaggio di Rodorio, a quell'epoca meta di pellegrinaggio di tutta la Grecia, vista la vicinanza con il Tempio di Athena. Il giovane Gyon svegliato dalla crescente luce, si alzò e come ogni mattina controllò i suoi fratellini, Kyros e Delios. Sciacquatosi il viso, indossò la sua collana conservata gelosamente, col cui ciondolo giochicchiava in continuazione fin da quando ne aveva memoria.

I suoi fratelli ancora piccoli, non sapevano nulla che lo potesse aiutare a ricordare.
Furono trovati sul ciglio del sentiero principale che conduceva a Rodorio, sepolti dalle macerie. Evidentemente qualunque cosa li avesse colpiti, aveva distrutto il loro carro, facendolo andare fuori strada e ucciso i loro genitori.
I tre fanciulli furono trovati da una bambina, Eiren, che insieme alla gente del villaggio si era presa cura di loro. Scelse lei, difatti, il nome di Gyon da quel ciondolo. Su di esso vi era inciso un nome su ogni lato. "Gyon" e "Seiya".
Da quel giorno ormai erano passati una decina di anni e non passava momento che Gyon non si sforzasse di ricordare. Nonostante l'amnesia, a Rodorio vivevano una vita tranquilla e felice, seppure non estranea alle difficoltà, soprattutto quando iniziò la guerra tra Athena e Poseidon. Eiren era stata portata via qualche tempo prima da un guerriero di Athena, in modo che diventasse una delle ancelle della Dea. Solo quando Gyon si intrufolò per la prima volta al Tempio scoprì che in realtà Eiren stessa era Athena.

Il Sole era sorto da poco quando uscì di casa per andare a cercare qualcosa per la colazione. Giunto in strada vide diversi carri entrare al villaggio, scortati da soldati a cavallo. Non gli ci volle molto per capire che si dirigevano al Tempio. Prese quindi un cavallo e li seguì incuriosito.
Arrivati lì, dopo pochi minuti a cavallo, si nascose per non farsi vedere dalle guardie, che ormai lo conoscevano per i ripetuti tentativi di intrufolarsi. Dal suo nascondiglio, riuscì a vedere un uomo di media altezza molto robusto, appena sceso dal primo carro, che per come veniva trattato, doveva essere il capo. Insieme a lui, vi erano altri due uomini, uno che gli somigliava anche se alto, e l'altro più vecchio e magro. Dagli altri carri scesero altri uomini, sempre serviti e riveriti dai soldati come se fossero re, che raggiunsero l'inizio della scalinata, dove erano i primi tre uomini.
All'entrata del Tempio, alla fine della scalinata, c'era Neven dell'Ariete fedelissimo Generale di Atena. Alla sua destra e un passo indietro c'era lei, Eiren, o meglio Atena, con un vestito bianco e una coroncina d'oro poggiata sui lunghi capelli lilla. Teneva in mano il suo scettro, e al polso sinistro quattro braccialetti, ognuno con un nome inciso. Un'espressione agguerrita nascondeva il suo solito volto trasparente di dolcezza, quasi fosse adirata per qualcosa, ma dietro quella facciata Gyon riusciva a vedere quanto era in realtà nervosa e preoccupata. Non ne sapeva i motivi, ma di lì a poco li avrebbe scoperti. Ai suoi lati c'erano altri due Cavalieri d'oro, che Gyon non aveva mai visto. Dalle Armature dedusse che erano i Cavaliere del Cancro e della Vergine.
Il primo uomo sceso dalle carrozze, s'inginocchiò, e di seguito tutti quelli radunatisi dinanzi alla scalinata, dietro di lui.
Allora Neven disse: "Quale evento porta il Re dei Re dinanzi ad Atena?".
«La guerra... Cavaliere dell'Ariete... solo la più grande guerra che il mondo abbia visto da quando né ha memoria!» – rispose Agamennone e continuò rivolgendosi alla fanciulla
«Mia Dea, ho portato qui dinanzi a te quasi tutti i re di Grecia, per chiedere la benevolenza degli Dei per il viaggio e la guerra che stiamo per affrontare! Ti preghiamo di fare in modo che il minor numero possibile di soldati perisca in questa epocale impresa. Fa che il sacrificio di ogni soldato, perito in battaglia, sia assolutamente necessario per la vittoria. Fa che i soldati ritornino presto, sani e salvi, dalle famiglie!»
Senza far passare neanche un secondo, rispose:
«Dovrei forse essere impressionata dall'avere quasi tutti i Re di Grecia inchinati davanti a me? Non è devozione la vostra, ma convenienza piuttosto!»
«Oh Re dei Re, non chiedere a me di realizzare queste tue "nobili" speranze quando tu stesso hai il potere di realizzarle. Stai iniziando tu questa guerra. Migliaia di uomini, sia Greci che Troiani, periranno e nessun Dio potrà impedirlo e tutto ciò solo per la cieca ambizione di un Re e il disonore del fratello. Non prendermi per sciocca! Vuoi solo usare i miei Cavalieri per conquistare Troia. In ogni caso non posso impedire a nessun Cavaliere di combattere per la patria, sia essa un regno di Grecia o Troia, ma potranno farlo come uomini liberi e non come miei Cavalieri. Per questo le Armature rimarranno qui al Tempio. Se hai altre cose da chiedere prima di partire per Troia rivolgiti a un Dio più adatto, ora lasciate queste terre!»
Il silenzio perdurò qualche secondo fino a quando Agamennone si alzò, prontamente seguito dai i Re dietro di lui, dopodiché:
«Mia Dea voi mi stupite! Non per niente siete la Dea della saggezza! Tuttavia, non posso ancora andarmene! Sono qui anche per chiedervi di consegnarmi, i Cavalieri Troiani, e le loro Armature, oltre che le Armature ancora libere. Già i miei migliori soldati stanno setacciando Rodorio, e le abitazioni nei dintorni del Tempio!»
«Come osi rivolgerti ad Atena in questo modo? Con quali diritti avanzi tali pretese?»
Replicò un non molto calmo Neven, che, quando ancora non aveva finito di parlare, si trovò già alle spalle di Agamennone.
«Un capello! Persino un fiore fuori posto qui al Tempio o a Rodorio e ...»
Subito i soldati accorsero per attaccare il Cavaliere dell'Ariete che rimase immobile. Decine di spade e lance si spezzarono, infrante da un muro, fatto come di cristallo, che avvolgeva il Cavaliere dorato.
«Ora Basta Neven!» – gridò Atena – «Non vi è ragione di combattere. Re di Grecia! Mi rivolgo a tutti voi, nessuno dei Cavalieri Troiani è al Tempio, sono tutti rimpatriati, non avete motivo di stare qui! Lasciate in pace la gente innocente del villaggio e andatevene!»
Dopo neanche un secondo il muro cristallino attorno a Neven scomparve, e insieme ad esso il Cavaliere stesso, riapparso di nuovo al fianco di Atena.
Gyon non appena sentì, che i soldati erano a Rodorio, prese il suo cavallo e tornò al villaggio sperando che non fosse successo nulla ai suoi fratelli, ma arrivato a metà strada, vide del fumo alzarsi in cielo, perciò si affrettò, ma era già troppo tardi. La gente scappava mentre le fiamme dilagavano in tutto il villaggio. L'aria era irrespirabile. Tutte le case andavano a fuoco mentre lui cercava, disperatamente, tra la folla i volti dei fratelli gridando a squarciagola i loro nomi.
«Delioos! Kiroos!»
Arrivato difronte casa assistette ad uno spettacolo raccapricciante. Il tetto era crollato e la porta era bloccata cercò, invano, di liberare un passaggio, e disperato dal fallimento, chiese aiuto senza ottenerlo. La gente era spaventata e nella confusione pensava solo a mettersi in salvo.
«Gyooon, Gyooon!» – urlavano i due giovani intrappolati dentro la casa crollata.
Erano vivi, ma non riuscivano a liberarsi,  né tantomeno ad uscire spostando i massi che bloccavano la porta.
«Delios, Kiros! Calmatevi, andrà tutto bene, ora proverò a sfondare la porta e vi tiro fuori. Dovete solo restate svegli il più possibile!»
Gyon provava e riprovava a sfondare la porta ma era bloccata dai detriti. In lacrime, disperato e spaventato ripeteva ai fratelli di restare svegli, ma già da un po' non li sentiva più, né parlare né tossire.
«No! No! Dovete svegliarvi!» – ripeteva gridando.
Il senso di impotenza e la rabbia crescevano in lui fino ad esplodere in urlo di disperazione.
Con tutta la sua forza, colpì la porta con pugno che sembrò emanare un lampo di luce. La porta e i detriti che la bloccavano vennero disintegrati. Senza nemmeno chiedersi come tutto ciò fosse possibile, Gyon entrò nella casa in fiamme sperando di riuscire a salvare i fratelli. Delios era intrappolato fra due massi, accanto al tavolo che andava a fuoco, mentre Kiros era, parzialmente, sepolto dalle macerie. Riuscì a liberarli e a portali fuori ma erano privi di sensi e non si risvegliavano. Dalla strada principale arrivò un uomo, dai capelli castani e dai lineamenti bizzarri che colpirono molto il giovane, in particolari gli occhi destarono la sua curiosità, non aveva mai visto qualcuno con simili lineamenti. Il ragazzo si avvicinò a lui, si chinò sui fratelli di Gyon privi di sensi e mise le mani sui loro petti. Un bagliore dorato li avvolse per qualche secondo, fin quando i due si risvegliarono.

«Grazie!» – ripeté più volte – «A chi devo la vita dei miei fratelli?»
«Il mio nome è Equos della Bilancia, Cavaliere di Atena. Ragazzo non mi devi niente, hai salvato tu i tuoi fratelli...»
«Tu sei il Cavaliere della Bilancia?»
«Si! Ma a dopo i convenevoli, ora devo andare! Voi riuscite a muovervi?» – chiese a Delios e Kyros
«Si» – risposero, vistosamente provati dalla situazione
«Ok, ragazzo, porta i tuoi fratelli fuori dal villaggio e dì a tutti gli abitanti di fare lo stesso» - disse quindi rivolgendosi a Gyon, prima di allontanarsi per aiutare gli altri abitanti.
«Grazie!» – gli urlarono i ragazzi 
Gyon, condusse quindi i fratellini fuori dal villaggio, e desideroso di dare una mano, raggiunse Equos aiutandolo a salvare quanta più gente possibile.
Una volta fatti uscire tutti, il nobile Cavaliere, arse il suo cosmo e lanciò un attacco che assunta la forma di un tornado risucchiò l'aria dal villaggio, spingendola verso l'alto. Così spense l'incendio con un sol colpo.
«Wow!! Ma perché non l'hai fatto prima??» – chiesero stupiti gli abitanti del villaggio
«Non potevo rischiare che durante l'attacco l'eventuale crollo di case potesse uccidere chi vi era intrappolato o si trovava nelle vicinanza»
Estinto l'incendio, iniziò a costruire, aiutato dagli sfollati e da altri Cavalieri accorsi in aiuto, un accampamento di fortuna poco fuori il villaggio e una volta finito il grosso del lavoro si diresse verso il Tempio con molte donne e bambini, per offrir loro un riparo più adeguato. Insistette, per portare Gyon con sé, che desideroso da tempo di essere un Cavaliere, non fece tanta resistenza, dopo essersi assicurato che i suoi fratelli stessero bene.

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