IX - Attacco al Tempio

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Erano passate diverse ore e ancora il ragazzo riportato in vita dal Cavaliere dell'Ofiuco non si svegliava. Era riuscito nell'impossibile? Solo il tempo avrebbe potuto dare risposta a tale quesito che sia Kitalpha sia Asclepio si ponevano. Il dorato andò a riposarsi nell'altra stanza lasciando Equuleus ad occuparsi del ragazzo. Nel frattempo Athena dopo la discussione con Neven riguardo le vie di accesso a Rodorio, decise di andare lei stessa al villaggio per comunicare la decisione di distruggere il sentiero principale, cosa che avrebbe reso più difficile entrare o uscire dal villaggio. Il Cavaliere dell'Ariete, stavolta, era rimasto al Tempio per dirigere altri lavori per rinforzare le difese, inviando però Polluce a sostituirlo nella scorta. Così sempre quattro dorati erano intorno alla Dea, sempre al centro del cerchio formato da loro. La gente del villaggio andò in subbuglio alla notizia ma le guardie e alcuni Cavalieri riuscirono a mantenere la situazione sotto controllo. Gyon si era recato a Rodorio per aiutare a sedare eventuali malcontenti, ma nessuno lo ascoltava: nonostante fossero passati solo alcuni mesi, nessuno lo considerava più come uno di loro. Alcuni tentarono addirittura di aggredirlo, lasciandolo in lui solamente inquietudine e tristezza. Eiren, rammaricata vedendo gli inutili tentativi di Gyon, uscì dal cerchio della sua scorta dorata e si avvicinò alle spalle del Cavaliere prendendogli la mano.
«Basta!» – gli sussurrò all'orecchio, toccandolo sulla spalla con l'altra mano.
Al solo avvicinarsi della Dea, il giovane Pegaso sentì un brivido scorrere in tutto il corpo. Uno strano calore lo pervase. Erano anni che non provava quella sensazione, ma non sembrava cambiata, era esattamente come la ricordava. Restarono entrambi immobili per lunghi istanti finché non intervenne Polluce.
«Forza Cavaliere, torna al Tempio, non puoi più fare niente per convincere questa gente!» – disse dandogli una pacca sulla spalla, mentre Athena non appena si avvicinò il dorato indietreggiò tornando al centro della sua scorta.
«No! Non posso lasciarli andare così!»
«Invece devi, Cavaliere!» – intervenne Keren puntandogli contro il dito.
Meno di un secondo dopo Gyon era sparito.
«Dove l'hai mandato?» – chiese Polluce, anticipando Giasone.
«Al Tempio!»
«Carina questa tua abilità!» – commentò Polluce, guardando il parigrado con uno sguardo stranamente ghiotto.
«Che c'è?» – chiese il Cavaliere del Cancro
«Niente!» – rispose sorridendo il semidio.
Athena poco dopo fu riportata al Tempio mentre solo qualche centinaio di persone era rimasta al villaggio, tutti gli altri decisero di lasciarlo. Alcune migliaia stavano già percorrendo il sentiero sorvegliato dai Cavalieri, sentiero che di lì a poco sarebbe stato distrutto.

Intanto Asclepio si era destato dal suo riposo, ma ancora il ragazzo era privo di sensi. Kitalpha instancabile era rimasto al suo capezzale per tutto il tempo.
«Hai dormito un po'?» – chiese il dorato
«No! Non riesco a prendere sonno!»
«Beh vai! Tanto adesso né tu né io possiamo fare niente! È solo questione di tempo prima che si svegli, quindi vai tranquillo... e se proprio non vuoi riposare c'è un'orda di ragazzini che aspetta con ansia di essere allenata da te!»
Kitalpha si era proprio dimenticato di andare allenare i ragazzi, ma in quel momento il dubbio sulla correttezza del compito affidatogli occupò i suoi pensieri.
«Come posso allenare quei ragazzi sapendo che affronteranno tali atrocità?»
«Non è una tua scelta, è loro almeno in parte, per il resto è del Destino! Tutto dipende in parte da esso e da noi! Ovviamente tu puoi scegliere di non allenarli ma se è nel loro Destino, farai solo in modo che lo affrontino impreparati. Se invece li alleni saranno in grado di affrontare ciò che li attende! Non ti fare bloccare da queste tragedie, siamo ancora all'inizio!»
«Ha ragione!» – disse il Cavaliere alzandosi.
«Penso che andrò proprio ad allenarli!» – aggiunse poi sul punto di uscire dall'abitazione.
Si diresse quindi verso l'arena, dove ormai i ragazzi lo stavano aspettando da un po'.
Era quasi arrivato, quando una strana, ma alquanto familiare, sensazione lo pervase, perciò si fermò proprio davanti l'ingresso dell'arena. Subito dopo un'esplosione gigantesca scosse la terra facendo crollare parte dell'arena, quanta era la forza di quell'onda d'urto. Si voltò in direzione del Tempio, mentre i ragazzi dentro l'arena lo raggiunsero fuori per vedere cosa fosse successo.
«Il Tempio...» – esclamò sgomento – «Restate qui ragazzi!» – aggiunse infine.
Corse immediatamente in direzione dell'esplosione cercando di capire il punto esatto, ma la nube di polvere e terra era talmente grande e fitta che anche dall'esterno era difficile determinare il punto esatto. Si addentrò nella coltre fuligginosa, riuscendo a stento a respirare, continuando ad avanzare seppur alla cieca. A memoria si diresse verso l'abitazione dell'Ofiuco, ma in tutta quella confusione non era certo di essere nella giusta direzione. Sentì ad un certo punto urlare qualcuno che cercava Athena. Sembrava una voce familiare.
«Divina Athena, dove siete?» – urlava, mentre Kitalpha cercava di capire chi fosse.
Avvicinandosi non ebbe dubbi: era il Cavaliere dell'Ariete.
La nube si stava diradando e finalmente ritornava a vedere, ma forse sarebbe stato meglio non assistere a quello spettacolo: era desolante, il Tempio di Athena era caduto, niente se non macerie ricopriva ciò che prima era un luogo sacro. Le abitazioni dei Cavalieri erano anch'esse ormai cumuli di macerie.
"Chissà se Asclepio e quel ragazzo sono riusciti a cavarsela! Sicuramente! È un Dorato dopotutto!" pensò tra sé Kitalpha. Appena diradata la coltre di polvere subito individuò il generale che cercava la Dea scomparsa nel caos.
«Nobile Neven, che è successo?»
«Ah Kitalpha! Beh non saprei, ero nella mia stanza mentre stavo pianificando le prossime modifiche per il Tempio, poi all'improvviso qualcosa, anzi qualcuno, ci ha colpito... con un colpo così devastante che ha spazzato via tutti i dintorni. Comunque adesso la nostra massima priorità è trovare la Divina Athena! Aiutami a cercarla!
«Sissignore!»
I due si misero a cercare spostando macerie e urlando il nome della Dea, nella speranza di ritrovarla.
Kitalpha riconobbe le tende del balcone della Dea ormai strappate e logore per terra, si fermò un attimo ricordando la prima volta che le vide, mentre Neven dall'altra parte ancora cercava la Dea.
«È inutile che cerchiate! Athena non è più in questi luoghi!» – una voce prese di sorpresa il Cavaliere intento a ricordare eventi passati.
«Chi va là?» – rispose Kitalpha
Da sotto le macerie sbucarono decine e decine di uomini che si disposero dietro ad un ragazzo candido, biondo e di regali lineamenti.
"Un momento! Conosco quel ragazzo! Non posso dimenticare quegli occhi! Azzurri come il più profondo dei mari!" pensava Kitalpha che fu raggiunto immediatamente da Neven.
«Chi siete?» – chiese il Dorato.
«Il mio nome è Ippolito, figlio di Teseo e loro sono Berserkers miei sottoposti!»
«Quindi era tutta una farsa? Che fine ha fatto Asclepio?» – chiese Kitalpha infuriato per l'inganno.
«Beh direi che è all'altro mondo, ormai! Ironico non trovi? Ha salvato me ma non è riuscito a salvare sé stesso! Ahahahah!»
Kitalpha non resistette molto e così si scagliò sull'avversario senza minimamente pensarci.
«Fermo Kitalpha!» – urlò Neven
Un gigantesco mostro vermiforme apparve davanti al Cavaliere inghiottendolo completamente.
«No, Kitalphaaa!» – urlo ancora il dorato.
Il mostro scomparve e di Equuleus non rimase alcuna traccia.
«Dov'è finito?» – chiese quindi Neven.
«Nello stomaco di Cariddi!» – esclamò con tranquillità il giovane.
I Berserkers dietro di lui ridevano alle sue parole, mentre Neven pensava disperatamente ad un modo per ritrovare Athena e sconfiggere tanti nemici dalle sconosciute abilità.
«Preparati Cavaliere!» – disse Ippolito tendendo il braccio verso di lui – «Charybdis Gorge!» – esclamò infine.
Ancora lo stesso mostro che aveva risucchiato Kitalpha apparve e il dorato generale anche ergendo il suo muro di cristallo non riuscì a resistere al vortice che l'inghiottì.

Tutto era diventato buio, mentre si sentiva immerso in acqua anche se l'odore era completamente diverso. La pelle scoperta gli bruciava come fosse a contatto con delle fiamme. Cercò di espandere il suo udito riuscendo a sentire solamente un rumore simile a quello delle onde che s'infrangano su una scogliera. D'un tratto colpì qualcosa tanto repellente quanto viscido. Erano le pareti di quel posto, ricoperte di una melma maledettamente puzzolente, così come l'acqua nel qual era immerso. Alzò l'indice sulla cui punta si accese una luce.
"In che razza di posto sono finito?" – pensò il dorato, esplorando con la vista il luogo tenebroso nel quale era stato scagliato.
In lontananza intravide una serie di figure ammassate una sull'altra. Si avvicinò, quindi per capire cosa fossero, ma arrivato abbastanza vicino rimpianse di averlo fatto. Erano scheletri umani privi della carne che solitamente li ricopre. Tuttavia non sembravano completi, ne mancavano parti consistenti, poi vide un teschio con l'elmo delle guardie del Tempio e capì.
"È così che sono finiti a pezzi! Kitalpha paragonando i resti delle guardie ai rigurgiti di Cariddi ci ha proprio azzeccato!" "A proposito dovrebbe essere da queste parti!"
«Kitalpha» – urlò ripetutamente senza ricevere alcun segno di risposta.
"Che sia già morto? No non può essere!" – pensò, continuando a cercare.

Al Tempio la situazione precipitava, i Cavalieri sopravvissuti avevano ingaggiato una battaglia contro la legione di Berserkers comandata da Ippolito, mentre il giovane ragazzo sembrava sparito dopo aver usato quella tecnica su Neven.
"Dove sono il Nobile Polluce e gli altri dorati? Perché non tornano al Tempio?" si chiedevano i Cavalieri in difficoltà affrontando la furia dei Berserkers.
Dopo pochi minuti una figura coperta da un mantello con cappuccio arrivò al Tempio e non appena i Berserkers se né accorsero, si bloccarono all'istante. I Cavalieri quasi esausti e increduli ne approfittarono attaccandoli, ma una forza improvvisa li schiacciò a terra.
«Se volete continuare a vivere, state lì!»
I Berserkers scoppiarono in grasse risate e noncuranti dei Cavalieri al suolo si allontanarono. La figura incappucciata rimase lì, ferma per qualche minuto, ignorando le varie domande dei Cavalieri, poi scomparve.
Dissolta nel nulla, un'altra esplosione colpì, spazzando via tutto ciò che era rimasto dalla precedente.

Nei pressi di Rodorio, Equos, svenuto sul sentiero principale si stava riprendendo, accudito da un vecchio signore del villaggio che molto spesso era stato aiutato dal Cavaliere della Bilancia.
«Bene... Ti sei ripreso! Che è successo?»
«Mmh... non ricordo bene!» – rispose Equos ancora parzialmente stordito.
«Tieni, bevi!» – disse il vecchio porgendo dell'acqua al Cavaliere logoro in volto, sporco di terra.
«Keren e Amida? Dove sono?» – chiese di soprassalto dopo aver bevuto
«Non saprei nobile Equos... abbiamo sentito delle urla dal villaggio e siamo venuti qui a controllare ma c'era soltanto lei privo di sensi al suolo... poi ci sono state le esplosioni al Tempio e alcune guardie rimaste al villaggio sono andate a controllare...
«Aspetta... aspetta un secondo!» – lo interruppe bruscamente Equos – «Esplosioni al Tempio?»
«Si, gigantesche ahimè! La terra ha tremato per diversi istanti e la coltre di polvere, alta in cielo, era ben visibile anche da qui!»
Equos si girò all'istante vedendo ancora i residui di polvere alti in cielo sovrastare il Tempio.
«Per Zeus!» – esclamò atterrito il dorato, restando poi diversi secondi in silenzio.
«Grazie di tutto!» – disse mentre si alzava
Equos, quindi, si mise a correre velocemente verso il Tempio.
"Cos'è successo? Chi mi ha colpito alle spalle? È stato Polluce? Era l'unico che avessi alle spalle, che abbia tradito?" "Che fina ha fatto? E Amida e Keren? Gli abitanti di Rodorio che stavano lasciando il villaggio sono riusciti a salvarsi?" "Chi o cosa ha causato quelle forti esplosioni? E dove sono finiti tutti i Cavalieri?"
Queste erano le domande, senza risposta, che affliggevano il Cavaliere della Bilancia mentre correva veloce quanto la luce verso il Tempio o almeno quel che ne restava.
Era appena arrivato e lo sconforto l'assalì nel vedere tutta la devastazione delle esplosioni. Alcune guardie cercavano di aiutare alcuni Cavalieri feriti. Erano davvero pochi, visibilmente amareggiati, per non dire sconfitti nell'animo. I giovani aspiranti Cavalieri cercavano di mettere in piedi dei rifugi, utilizzando le macerie.
Alla vista di Equos tutti i sopravvissuti tirarono un sospiro di sollievo, ma la situazione, anche con il dorato, non era per niente migliore.
«Nobile Equos!» – esclamarono in coro
«Che è successo?» – chiese il dorato
«Il nemico è apparso dal nulla...» – rispose Kleiros di Altar, mentre una guardia gli ricuciva le ferite riportate sulla schiena – «subito dopo l'esplosione sono apparsi... all'improvviso... da sotto le macerie... mentre Kitalpha e Neven cercavano la divina Athena, dispersa, li abbiamo visti venire inghiottiti da una mostruosità che alcuni affermano essere Cariddi!»
«È colpa nostra! È colpa nostra!»
«Che vuoi dire Kleiros?»
«Abbiamo invitato i lupi a cena! Quel ragazzo... quello salvato da Kitalpha... lui era il nemico! E noi lo abbiamo portato quanto più vicino Athena fosse possibile!» – disse l'argenteo visibilmente sopraffatto dal dolore, quasi in lacrime per gli eventi appena successi
«Abbiamo fallito!» – continuava a ripetere.
«Kleiros!» – lo interruppe il dorato – «La Divina Athena?!
«Rapita, probabilmente!»
Equos già lo sospettava: Nessuno dei Berserkers avrebbe potuto uccidere Athena, nemmeno qualora ella non si fosse difesa, quindi, nel peggior dei casi, l'avevano rapita, per portarla da Ares, affinché nel peggiore dei casi la uccidesse, ma anche il Dio della guerra in persona non poteva uccidere la Dea con leggerezza, per quanto pazzo si racconti che fosse.
Equos allora si recò dinanzi la statua della Dea, l'unica cosa rimasta in piedi, spostò le macerie cercando il vecchio sigillo che Neven voleva che tutti i dorati sorvegliassero. Non sapeva cosa ci fosse sotto la statua, ma sapeva che quel sigillo era stato creato da Zeus in persona. Fortunatamente il sigillo era intatto, come intatta era la statua della Dea e quindi la sua Armatura.
«Non disperate, Cavalieri! Non siamo ancora sconfitti!» – disse Equos con un'espressione agguerrita e determinata, mentre aveva una mano poggiata sulla statua di Athena.
Delle urla da lontano chiamavano il Cavaliere 
«Nobile Equos!» – urlavano Delios e Kiros mentre di corsa raggiungevano il Cavaliere.
«Ha visto Gyon?» – chiesero i fratelli appena tornati dalle ricerche.
«All'appello a parte i Cavalieri d'Oro, escluso lei, mancano Eiren e Gyon!» – aggiunse Delios.
«No mi dispiace non so dove sia!»
«Che abbiano rapito anche il fratellone?» – chiese Kiros.
Equos non rispose, mentre Kleiros si alzò andando poi verso il dorato.
«I nobili Polluce, Amida, Keren e Giasone sa dove sono?»
«No... non so che fine abbiano fatto!» – rispose il dorato. Poi ad alta voce si rivolse a tutti.
«Allora ascoltate tutti! Oggi Ares ci ha sferrato un colpo micidiale! Athena probabilmente è stata rapita! Molti valorosi Cavalieri sono morti o scomparsi, ma non dobbiamo abbatterci! Il nostro compito è proteggere Athena e combatteremo per lei fino a quando l'ultimo di noi avrà fiato in corpo per combattere! E anche dall'Ade non ci daremo per vinti, se la nostra Dea è in pericolo! Cavalieri, guardie e giovani aspiranti noi riporteremo Athena al Tempio e sconfiggeremo Ares e i suoi Berserkers una volta per tutte!»
Tutti acclamarono le parole del dorato, che era riuscito a riaccendere il fuoco della lotta in tutti Cavalieri, guardie e aspiranti rimasti. Fece un gesto con le mani per sedare il clamore facendo intendere di aver ancora qualcosa da dire.
«Per prima cosa dobbiamo allestire un accampamento! Continuate a usare le macerie e tutto ciò che trovate! Facciamo un riepilogo dei morti e degli scomparsi e contiamo quanti siamo rimasti! Forza ci aspetta una durissima battaglia per riportare Athena sana e salva!»
«Sissignore! – risposero in coro.

Nel buio rischiarato dalla luce del Cosmo di Neven, il dorato cercava insistentemente Kitalpha. Immerso in quella melma acquosa logorante, nuotava tra detriti di ogni genere: pezzi di navi, di abitazioni, resti umani... mentre ancora veniva ustionato da quella melma acquosa che bruciava dappertutto dove non ci fosse l'armatura.
Nuotando, si trovò una nave intera di fronte e volendo evitare di immergersi completamente per scansarla decise di distruggerla lanciando un colpo. Dalla nave in frantumi saltò Kitalpha gridando.
«Chi è là?»
«Kitalpha, sono io!» – rispose il generale, mentre il Cavaliere di bronzo ricadeva dopo aver schivato il colpo del dorato.
Ricaduto nell'acidume Kitalpha risalì velocemente a galla.
«Dobbiamo uscire in fretta da qui o questa melma ci digerirà vivi!»
«Non c'è fretta!» – Esclamò Neven poi concentrando il suo Cosmo creò una semibarriera di cristallo che avvolse i due Cavalieri, proteggendoli dall'acido, fungendo da galleggiante.
I due si guardarono per qualche minuti senza proferir parola fin quando Neven interruppe il silenzio.
«Che devi dirmi Kitalpha? Vedo che sei combattuto... che ti stai torturando l'animo se dirmi qualcosa oppure no! Che c'è? Parla tranquillamente!»
«Signore l'esplosione che ha distrutto il Tempio... anche se mi strappassero gli occhi riconoscerei quell'attacco! Era la Galaxian Explosion!»

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