Era una giornata tranquilla a Ftia, mentre il Re dei Mirmidoni si allenava già da diverse ore nel cortile Sud Est del palazzo. Con lui c'era l'amico Patroclo, che sin dai tempi della Guerra Sacra lo seguiva in battaglia.
Una sensazione improvvisa, pervase il Pelìde, che si fermò a fissare il vuoto, o almeno così sembrò al compagno. Era da tanto tempo che non percepiva qualcosa del genere.
Patroclo lo fissava confuso, finché non percepì, egli stesso, la medesima cosa.
Due guerrieri con Cosmi eccezionali si stavano battendo, nella direzione del Tempio di Atena.
«Ma è Equos?» – chiese Patroclo, riconoscendo il cosmo del Cavaliere della Bilancia – «L'altro però non lo conosco!»
«L'altro è Aiace, mio cugino!» – rispose Achille.
«Tuo cugino? Ma che avete nella vostra famiglia? Avete tutti Cosmi del genere?»
«Più o meno!»
«Ma che sta succedendo? Perché tuo cugino si sta battendo con Equos?»
«A quanto pare, i Re si stanno muovendo!»
«Si ma perché attaccare il Tempio?»
«Probabilmente Agamennone punta a uccidere tutti i Cavalieri che aiuterebbero Troia»
«E osa spingersi a tanto?» – chiese Patroclo, quasi sconcertato dalle ipotesi di Achille
«Si, però credo proprio che sia rimasto deluso! Nessuno dei suoi bersagli è al Tempio»
«Come fai a dirlo?»
«Perché Sarpedonte sarebbe stato uno dei primi, se non il primo obiettivo! Come degno figlio di Zeus non avrebbe mai permesso che qualcuno di estraneo alle vicende della guerra, lottasse al suo posto contro un nemico di Troia. Non si sarebbe trattato di combattere come Aldebaran, ma come Re della Licia, di Ilio alleato... è probabile, quindi, che Atena abbia rimandato in patria i Cavalieri Troiani e alleati»
«Ma il Tempio rimane esposto a possibili attacchi! Così il numero di Cavalieri è più esiguo che mai!»
«Non ti preoccupare, anche se in pochi, Neven e gli altri daranno battaglia a qualunque nemico!»
Seguirono momenti di silenzio, durante i quali, entrambi i guerrieri rifletterono sui cambiamenti di forze degli ultimi giorni.
«... Certo che però è strano» – rifletteva il Pelìde, ma fu interrotto da un servo.
«Mio Re, abbiamo visite!»
Achille fissò il servo, incuriosito per un momento, poi levò lo sguardo verso la strada che conduceva al palazzo, ben visibile dal cortile. Vide una quarantina di soldati a cavallo, che si dirigevano proprio verso la sua dimora, ben armati e di fretta.
«Ah! Non mi aspettavo una visita così presto!» – commentò il Pelìde
«Si vede che Agamennone non perde tempo!» – rispose l'amico
«Vieni, Patroclo, andiamo a dare il benvenuto ai nostri ospiti»
Achille si diresse quindi verso l'entrata della reggia, seguito dall'amico e alcuni servi. Nel frattempo i soldati erano ormai arrivati e scesi dai Cavalli stavano entrando nei giardini del palazzo.
Achille puntò verso di loro armato di spada e lancia, e, senza che nessuno avesse il tempo di reagire, si fiondò sul primo di loro, che rimase fermo, immobile, quasi pietrificato. La punta della sua spada premeva sul collo dell'impavido Ulisse, mentre la lancia aveva trapassato il suolo proprio accanto al suo piede.
«Sei sempre molto ospitale! Comunque neanche per un momento ho creduto che facessi sul serio!»
«Ah davvero?» – rispose Achille – «I tuoi soldati non sembrano dello stesso avviso!»
Giratosi il Re di Itaca, vide i suoi uomini indietreggiati e impauriti a tal punto che non capirono lo scherzo, non che fosse facile capirlo.
«Beh, immagino sia lecito ai comuni mortali avere paura, qualora il leggendario Achille andasse incontro loro, armato di spada e lancia, con aria minacciosa, non credi, amico mio?... Sai, ora che ci penso in battaglia può essere davvero utile anche avere solo il potere di incutere un tal timore nei nemici!»
«Vedo che non hai perso il tuo smalto! Amico mio, spero che vada tutto bene» – disse salutando il Re di Itaca.
«Si tutto bene! Ah Patroclo, immaginavo di trovare anche te qui! Come stai?»
«Non c'è male!» – rispose Patroclo rimasto indietro.
«È Agamennone che ti manda?» – chiese Achille, senza girarci troppo intorno.
«Sempre molto coinciso, amico mio. Dobbiamo parlare!» – rispose Ulisse, con tono improvvisamente più serio.
Achille allora invitò Ulisse e i suoi soldati ad entrare nel palazzo, per rifocillarsi. Entrambi sapevano il motivo della visita, ma, in quanto Re, preferivano non parlarne davanti ai soldati. I soldati andarono a rifocillarsi perché stanchi dal viaggio, mentre Achille e Ulisse seguiti da Patroclo, passeggiavano per il cortile. L'unico ostacolo agli scopi di Ulisse era l'orgoglio e l'odio per Agamennone che il Pelìde nutriva profondamente. Passeggiando per il cortile del palazzo notò che stavano facendo molti lavori di ricostruzione intuendone il motivo.
«Vedo che ti tieni sempre in forma, anche se a farne le spese è il tuo palazzo!»
«Eh si!» – rispose Achille – «Io e Patroclo ci alleniamo ogni giorno... e ogni tanto perdiamo il controllo della situazione... distruggiamo qualcosa... come ad esempio quel muro»
«Capisco! Sei sempre il solito sbadato, ma veniamo al dunque...»
«Non combatterò per lui!» – lo interruppe Achille
«Allora dimmi, il Pelìde a chi concederà l'onore della sua forza? Ai Troiani?»
«Nessuno se non me stesso! Non combatterò questa guerra! I Troiani non mi hanno fatto nulla. L'unica colpa che hanno è aver uno stupido principe infilatosi nel letto sbagliato! È assurdo che l'intera Grecia debba battersi solo perché un Troiano ha insultato un Greco. Greco con un fratello avido di potere, oltre ogni immaginazione!»
«Si vede che era il Greco sbagliato da insultare! E poi Agamennone non è un semplice pazzo con manie di grandezza!»
«Quell'Atride è senza onore!» – urlò l'eroe adiratosi improvvisamente. Prese qualche secondo per calmarsi e continuò – «Abbiamo percepito uno scontro tra due Cosmi! Erano...»
«Equos e Aiace, sì lo so» – lo interruppe Ulisse – «Ma, anche se non condividi i metodi di Agamennone... e a ragione... qui non si tratta di combattere per lui. E guardati intorno, Achille, guarda questo posto. Ogni notte ti stendi a letto accanto a tua moglie, solo per alzarti al mattino e combattere ancora! Combattere è la tua vita! Sarà la più grande guerra che il mondo abbia mai visto e deve essere combattuta dai guerrieri più grandi!»
«E tu combatteresti per questo?»
«Sai benissimo perché combatto! Itaca non può permettersi un nemico come Agamennone, né economicamente né militarmente. Anche se siamo forti, non siamo onnipotenti.»
«Fai male a sottovalutarli, un disegno degli Dei muove gli Atridi. Da entrambi i genitori discendono da più di una divinità, quali Zeus, Dione e Ares. Che ruolo giocano nella divina scacchiera? Te lo sei mai chiesto almeno?»
«Quindi cosa dovrei fare? Combattere solo perché è la guerra più grande? O perché gli Dei vogliono così, o perché hanno scelto gli Atridi come condottieri della Grecia?»
«Achille, amico mio! Non lasciare che il tuo odio verso Agamennone offuschi il tuo giudizio! Neanch'io condivido le sue azioni, e m'inorridisce che stia attaccando il Tempio, cosa che ti giuro sulla vita di mio figlio, non sapevo. Ho capito, quando ho percepito combattere Equos e Aiace»
«Non dubitiamo del tuo onore!» – intervenne Patroclo che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
«Lo so Patroclo»
Il silenzio scese fra i tre finché Ulisse non concluse, dicendo:
«Questa guerra segnerà la storia dei secoli a venire, e i nomi degli eroi che la combatteranno diventeranno leggenda, come leggenda diventerà la guerra stessa. Amico mio... sei nato per combattere questa guerra. È una verità che non puoi negare a chi ti conosce, e soprattutto, non puoi continuare a negarla a te stesso!»
Detto ciò, Ulisse si allontanò dai due rimasti in silenzio, e mentre camminava aggiunse:
«Salpiamo fra tre giorni! Ci vediamo alle navi!» – sorrise mentre raggiungeva i suoi soldati, e montato in sella al suo cavallo si rimise in viaggio.
I due rimasero in silenzio per qualche minuto, finché da dietro i cespugli si intravide una figura femminile. I lunghi capelli biondi si poggiavano delicatamente al petto fino alla vita, curvati dalla forma di una futura nascita. Era la principessa di Sciro, figlia di Licomede e moglie del Pelìde.
«Partirai?» – chiese Deidamia al marito a qualche metro di distanza.
«Ancora, non ho deciso»
«Io va...do!» – intervenne Patroclo, un poco imbarazzato, senza ben sapere come continuare. Voleva solo lasciarli soli e si allontanò senza pensarci troppo. Deidamia che aveva assistito, di nascosto, alla discussione con Ulisse, si avvicinò al marito. Poggiò la fronte sul suo petto, e lui rispose stringendola tra le braccia e baciandola ripetutamente sulla fronte. Allora sul punto di scoppiare in lacrime disse:
«Tieni tra le braccia, i più importanti motivi per non partire! Mi chiedo, amor mio, perché non ti bastino... Non vuoi veder crescere tuo figlio?... educarlo... gioire per i suoi successi... consolarlo per i suoi dispiaceri... punirlo per i suoi sbagli e vederlo diventare un uomo migliore di quanto possa essere nelle nostre speranze? Non vuoi rimanere con me e condividere il nostro amore insieme a tutto ciò?»
Achille indugiò qualche secondo nel rispondere, finché sua moglie non si accorse della realtà.
«Lui ha ragione... Hai già deciso! Non ricordi le parole di tua madre? È questo che vuoi? Vai incontro a morte certa, solo per essere ricordato nei prossimi secoli?»
«Ti ripeto che non ho ancora deciso!»
«Bene! Allora ti risolvo io il problema!» – adirata perché il marito non le dava le risposte che voleva sentire, si allontanò in fretta andando nelle sue stanze. Achille raggiunse Patroclo nell'altro cortile, dove era seduto a fissare l'orizzonte.
«Ti ha fatto una bella sfuriata eh?»
«Eh si... Si aspettava che le dicessi che rimarrò con lei senza riflettere sulla possibilità di partire!»
«E le dai torto? Ti conosce... sa che già il fatto stesso che ci stai pensando significa che partirai!»
Achille non rispose, ma rimase pensieroso.
«Dai... Lo sappiamo entrambi. Vuoi partire, ma da una parte odi Agamennone e preferiresti che i Greci perdano questa guerra, piuttosto di vederlo vincitore, dall'altra ti senti obbligato a rimanere per lei e il tuo futuro bambino. Ma credo proprio che quest'ultima parte stia per andarsene!»
«Cosa?» – disse confuso, poi guardò dove Patroclo gli indicò e vide i servi che caricavano diversi carri, diretti da sua moglie. La raggiunse quindi per chiederle spiegazioni.
«E questo che intendevi con "ti risolvo io il problema!" ? Cosa pensi di risolvere così?»
«Probabilmente niente! Ma se non ci sei, non ho motivo di rimanere qui, per cui preparo i carri per Sciro... in caso tu domani scelga di partire e non di rimanere.»
«Perché dai per scontato che parta?»
«Non lo faccio... Anzi spero fermamente che tu non lo faccia... però ti conosco e so che vuoi farlo... sei il solo che ancora si dà tempo per ammetterlo!»
Deidamia continuò a dare ordini ai servi su cosa portare, mentre Achille pensieroso si ritirò nelle sue stanze. Le parole che la madre Teti, gli rivolse dopo che ebbe in visione il giorno in cui Agamennone iniziò a prepararsi alla guerra, risuonavano nella sua mente:
"Verranno a cercarti figlio mio... Un tuo caro amico manderanno... vogliono che tu combatta Troia! Se rimarrai, troverai la pace... Vivrai felice... avrai figli e figlie che ne avranno a loro volta... E tutti ti ameranno... E ti ricorderanno quando morirai... Ma dopo loro il tuo nome sarà disperso. Se invece vai a Troia, verrai ricoperto di gloria... Il tuo nome verrà scolpito nella storia e si parlerà di te finché gli uomini avranno fiato per proferir parola. Ma non tornerai... né il figlio che aspetti, né tua moglie, né io ti rivedremo più. Gloria e morte, separate entrambe non potrai aver! Così la tua prole subirà la stessa sorte!"
La mattina dopo, Patroclo rimasto in piedi tutta la notte andò in cortile, semidistrutto dagli allenamenti, si sedette sotto un albero per riposare, alzò lo sguardo e vide che sul balcone che affacciava al cortile c'era Achille che fissava l'alba.
«Non hai dormito?» – gli chiese.
«Splendidamente!» – rispose Achille.
«Ma come fai? Io non ho chiuso occhio!»
«Peccato! Non penso che avrai occasione di farlo oggi!»
«Cioè?» – chiese Patroclo confuso sul perché non potesse riposare.
«Preparati! Partiamo fra due ore!»
Mentre Achille rientrava nel palazzo, Patroclo, assonnato, gli urlava:
«E non potevi restare indeciso fino a oggi pomeriggio... ?»
«... almeno così avrei potuto dormire!» – aggiunse poi a più bassa voce.
«Non ti lamentare» – gli rispose Achille da dentro il palazzo.
«Non lo sopporto quando fa così!» – commentò fra sé e sé mentre si alzava. Si diresse poi verso le sue stanze per prepararsi alla partenza. Rientrato, vide Deidamia dire addio al marito.
«Non voglio crescere mio figlio, dove non mi sento amata e se non accanto a te, l'unico posto dove sono in grado di farlo è a casa mia! Ma ti supplico, amor mio, resta con me! Oppure seguimi a Sciro, lì non riuscirebbero a trovarti!
«Mi dispiace amor mio, non posso! È quello che sono... un guerriero! Alle più grandi guerre sono sopravvissuto, e a questa, che è la più grande in assoluto, sopravvivrò, in un modo o in un altro, riuscirò a tornare da te... e qualora non ci riuscissi, sappi che l'ultima cosa che vedrò sarà il tuo dolce sorriso... l'ultima cosa che udirò sarà il suono delicato della tua voce... l'ultima che sentirò sarà il calore meraviglioso del tuo bacio!»Fissò, per lunghi istanti, il volto della moglie singhiozzante, chinandosi verso di lei solo per darle un ultimo e lungo bacio. S'inginocchiò toccandole il gravido grembo, per rivolgere le prime e ultime parole alla sua futura prole.
«La cosa più importante che i genitori possono insegnare ai loro figli è come andare avanti senza di loro e spero figlio mio, che questa lezione io possa insegnarti, ma se così non fosse sappi che tuo padre ti vuole bene più di ogni altra cosa. Non lasciarti sopraffare dal peso della mia assenza. Un addio è necessario prima che ci si possa ritrovare e, in una vita o nell'altra, ti prometto che ci ritroveremo!»

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Saint Seiya - Origins
FanfictionAi tempi dell'antica Grecia, era di grandi eroi e di epiche battaglie, l'equilibrio tra le divinità iniziò ad incrinarsi quando la custodia della Terra e della sorte degli esseri umani venne affidata ad Athena. Da sempre quel dominio allettava molt...