Capitolo Dodici

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La nausea, attaccata al palato, rese inquieto Kang Jo

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La nausea, attaccata al palato, rese inquieto Kang Jo. Lo stomaco aveva iniziato a dare problemi ancora una volta. Era stato inutile infilare fra le labbra un dattero dopo l'altro. La loro dolcezza diventava amara, persino velenosa. Aveva smesso di ingurgitarli, lasciandoli nella manica della jeogori.

Si affacciò sul ponte di pietra sollevato sullo stagno. Il tramonto si era sciolto in specchi amaranto. I rami dei salici piangevano sulle acque. Il vento soffiava sui fiori di loto bianchi, acquistati al di là della Vita della Seta. Danzavano in cerchi di increspature.

Le guance erano diventate secche, dopo tante lacrime. Si era nascosto in giardino quando aveva udito i lamenti del Generale Kim. Era stato impossibile sopportare la vista della carne ustionata. Impossibile sostenere lo sguardo di Seung Hyun che, di certo, lo aveva visto fuggire.

«Dovresti andare da lui.»

Sospirò non appena riconobbe la voce di suo padre. Una lama gelida. Adocchiò la veste viola, spuntata insieme al suo passo silenzioso. Non osò guardare occhi che avrebbe potuto odiare.

«A quale scopo?»

Che era accaduto alla sua voce? Così rauca, aveva grattato la gola. Ne uscì un sapore terribile. Si strinse fra le spalle, tirando fuori dalla manica il dattero rimasto. Lo tenne strette in pugno.

«La medicina più efficace per un animo in tumulto è l'amicizia» rispose suo padre.

Kang Jo sorrise, e impedì a nuove lacrime di inghiottire le guance. Cosa poteva saperne, lui, di amicizia.

«Credete davvero, Abeoji[1], che dopo quanto avete fatto mi riterrà suo amico? Non vorrà più avere nulla a che fare con me, che sono vostro figlio. E non potrei biasimarlo.»

Il dattero divenne molle fra le dita. Le unghie lo graffiarono fino a spellarlo. Il Ministro Choi lo affiancò, portando le mani dietro la schiena.

«I torti che riceviamo, Kang Jo, ci rendono forti. Kim Seung Hyun non ha nessuno, oltre te, e la solitudine è stancante persino per le persone più solitarie.»

La rabbia lo avvolse. Tirò ciò che rimaneva del dattero fra le acque dello stagno. Il respiro si affannò a tal punto che Kang Jo dovette battere una mano sul petto. Strinse la stoffa con una tale forza da poterla rompere. Si voltò verso suo padre e trovò occhi liquidi, grigi come la pioggia d'inverno.

«Non l'ho già ingannato abbastanza, volete che lo faccia ancora?»

«Non lo hai ingannato, non ancora. I tuoi sentimenti verso di lui non sono forse reali? Nutri simpatia verso quel ragazzino e non spetta a me ostacolarne l'affetto. Ciò che importa è che tu sia consapevole che un giorno potresti rompere questo legame, e allora non dovrai esitare. Puoi essere il suo guardiano. Proteggilo da se stesso, fai in modo che non si ribelli alla mia volontà, e avrà salva la vita.»

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