Capitolo Quattordici

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Cinque anni dopo ; Seorabeol - Regno di Silla

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Cinque anni dopo ; Seorabeol - Regno di Silla

Per quanto Kang Jo provasse a masticare i datteri, non ne riconosceva più il sapore. Erano amari, dolci, pieni, vuoti. Non avevano più importanza, se non come rito rimasto dalla sua infanzia. L'unica cosa ancora viva, appartenuta a un bambino colmo di speranze. La serenità posseduta si era persa insieme al vento, e al tempo.

Seduto sugli spalti che circondavano l'arena della Casa dei Hwarang, mangiò l'ultimo dattero. Curvò la schiena e i capelli lunghi avvolsero le spalle. Sistemò i gomiti sulle ginocchia e socchiuse gli occhi quando un filo d'aria attraversò la fascia di seta azzurra attorno alla fronte.

Le vesti che indossava, che aveva sognato di ottenere, ora pesavano. Poteva anche esser diventato un Hwarang, ma il giuramento prestato al Re era condito di menzogna. Suo padre, il Ministro Choi, aveva spinto la Corte a farlo entrare nei ranghi. Solo così poteva permettersi di essere chiamato Cavaliere in Fiore. La sua bellezza, le sue qualità, non contavano nulla. Era una pedina dorata.

Del sogno che aveva avuto non era rimasto che l'incubo.

Un sorriso amaro solcò le labbra. La pietà filiale lo aveva reso un abietto. Eppure ci aveva provato, con tutto se stesso. Non era stato sufficiente fingere di non apprendere velocemente, di non essere un abile guerriero. Si era ricamato addosso la mediocrità affinché suo padre non lo trovasse utile ai suoi scopi, ma alla fine, non era stato nemmeno in grado di essere mediocre.

Spostò i capelli e seguì una striscia di sole che bagnava l'arena. Come ogni giorno, alla stessa ora, Kim Seung Hyun con i suoi colori viola di Hwarang si allenava al centro del campo. La sua fisionomia era mutata. Del ragazzino che aveva conosciuto era rimasta solo la coda di capelli legata sulla testa. Gli occhi si erano allungati a formare mezzelune e le labbra erano diventate appena più grandi.

Molti Hwarang, e persino i suoi Nangdo, lo ritenevano silenzioso e il silenzio era pericoloso. Erravano. Kang Jo, in fondo, lo aveva conosciuto bene. Seung Hyun non era riservato, o timido: guardava il mondo in modo diverso. Era in grado di annullare se stesso, e di sradicare qualunque verità nascosta. Nessuno si era mai chiesto perché evitasse di guardarsi allo specchio, persino durante le celebrazioni sacre, quando ai Hwarang era richiesto di vestirsi e truccarsi con impegno. Kang Jo sì, se l'era chiesto. Seung Hyun evitava il suo riflesso per timore di disprezzarsi.

«Se continuerete a guardarlo in quel modo, temo alimenterete i pettegolezzi.»

La voce di Baek Soo lo richiamò alla sua destra. Da quando era diventato un Nangdo - oltre che guardia personale di Seung Hyun – non faceva che girargli attorno. Forse anche più di prima.

«Quali pettegolezzi?»

Baek Soo scoppiò a ridere. Talvolta quell'uomo non sapeva davvero fare altro. Si sedette accanto a lui, spolverando la jeogori viola.

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