Capitolo Ventidue

82 20 75
                                    

Una lacrima di sangue scese lungo la tempia

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Una lacrima di sangue scese lungo la tempia. Il dolore alla testa divenne tanto forte che Seung Hyun dovette sbarrare le palpebre e controllare gli spasmi. Non trovò luce davanti a sé, ma ombre che si sollevavano lungo pareti di pietra.

Non ricordava nulla: la testa doleva troppo e improvvisi lampi di luce bruciarono gli occhi. Solo muovendo il corpo si rese conto di essere legato ad una sedia. Gli abiti intimi erano insozzati di macchie rosse e ora che era diventato più cosciente tornò a sentire la carne martoriata. Era stato sottoposto a una lunga tortura e la sua mente doveva essersi annullata.

Tutto divenne più limpido, poco a poco. Vi era qualcosa che stava bruciando in quella che era la prigione del Palazzo Reale. Doveva essere una sostanza di grado di confondere i pensieri. Tornato a Seorabeol si era recato alla casa dei Hwarang ma qualcuno lo aveva colpito alla testa per poi trascinato fin lì.

La porta della cella schioccò alla sua sinitra. Al di là delle sbarre Seung Hyun riconobbe un lungo abito nero dalle rifiniture dorate. Il viso della Principessa di Gaya, nebuloso, scomparve per far spazio a quello del Ministro Choi. L'uomo entrò, con la sua corporatura alta che svettava con prepotenza fino al soffitto.

«Da quanto tempo sono chiuso qui?» gli domandò Seung Hyun, sollevando il mento con estrema fatica.

«Solo tre giorni. Hai deciso di rendere le cose complicate e il tuo corpo sta andando in pezzi.»

Ed era vero. I muscoli erano intorpiditi, quasi non riusciva a sentirli sotto gli strati di carne bruciata. Le gambe tremavano, nonostante fosse seduto.

«Hai resistito ad ogni tipo di tortura, hai anche rischiato di spezzarti le gambe. Saresti rimasto storpio per sempre, se non avessi avuto pietà di te» continuò il Ministro Choi, tenendo le mani dietro la veste d'ufficio. Indicò le lastre di pietra che si usavano per far pressione sulle ginocchia: alcuni ne sopportavano solo due, altri, più forti, perdevano le gambe alla quarta.

Non aveva importanza cosa avrebbe subito il suo corpo. Ciò che temeva era di non riuscire a governare la mente. Quella sostanza che in reticoli di fumo si disperdeva nella cella non lo avrebbe aiutato a rimanere lucido. Doveva essere servita anche a nascondere il dolore. Se il Minsitro Choi lo avesse voluto davvero spezzare, non avrebbe impiegato tutto quel tempo.

«Manipolare la mente attraverso il dolore rende la mente più forte, per quanto mi riguarda» sogghignò, leccando una riga di sangue che pendeva dal labbro. «Cosa vi affannate tanto a estorcermi?»

Il Ministro Choi si voltò di spalle e posò una mano sul bordo del tavolo di legno. Come se tutto il peso del corpo fosse crollato. Dopotutto, anche lui era umano, sotto lo strato di pura ambizione che condiva il suo sangue.

«Mio figlio» disse, lasciandosi sfuggire una risata amara. «Mio figlio, giorni or sono, ha fatto arrivare a Seorabeol un messaggio contenente la posizione dei Ribelli di Gaya, ma pur seguendo quelle indicazioni, i miei uomini sono stati portati altrove. In più, di lui non ci sono tracce.»

Il Crisantemo d'AutunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora