Capitolo Due

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Il campo d'addestramento in cui il Generale Kim aveva trascinato Seung Hyun per più di un mese era ormai diventato una seconda casa. Trascorreva lì l'intera giornata, dall'alba al tramonto, senza mai prendere in mano un'arma. Riempiva i secchi d'acqua pulita e li distribuiva ai soldati madidi di sudore, che si rinfrescavano e si riempivano lo stomaco – talvolta così tanto da appesantirli – per poi tornare indietro e ricominciare lo stesso giro. A volte passava le frecce ai giovani arcieri, ammirando la loro capacità nel mirare e arrivare dritti al centro del bersaglio. Altre, si soffermava a studiare il modo in cui alcuni uomini, incredibilmente abili, scoccassero frecce al galoppo, su destrieri che si impennavano di continuo.

Era come un luogo sacro. Un regno costruito su basi di fango, ma difeso con spade di metallo. La disciplina era intoccabile, chiunque contravvenisse agli ordini era destinato a ricevere la severa punizione del Generale. Ciononostante i suoi uomini erano fedeli e devoti. Non ubbidienti, come un servo con il proprio padrone, ma come un allievo col proprio maestro.

Seung Hyun, con il secchio pesante fra le mani, mentre lo trascinava verso il centro del campo, teneva d'occhio il Generale vestito con l'armatura pesante e col mantello grigio, su cui correva una tigre rampante, si allenava insieme a tre fra i migliori soldati del campo. Armato di una lunga lancia non seguiva alcuna logica nella difesa. I suoi movimenti erano schiacciati verso il basso, con le ginocchia piegate, i suoi occhi stretti giacevano nella furia di una battaglia che non c'era. Persino durante un allenamento, il Generale lottava con tutte le sue forze. Forse aveva ragione: doveva amare davvero il fango, la polvere e il sangue.

Arrestò il passo e abbandonò il secchio colmo d'acqua a terra. Incrociò le braccia al petto e tirò il mento in alto. La coda di capelli accarezzò la nuca e un refolo d'aria fresca si introdusse nelle orecchie scoperte. I tre uomini attaccarono il Generale con le lunghe sciabole, roteavano su se stessi come se avessero avuto le ali ai piedi, ma non potevano nulla contro quell'ira che si ripercuoteva sin sotto la terra. Era come un vulcano pronto a esplodere.

«Che mi venga un colpo: finirà per ucciderli davvero!»

Una voce serena, di come Seung Hyun non ne aveva mai sentite, lo scosse. Accanto a sé si era materializzato un ragazzo, non poteva avere più di quattordici anni. Era vestito come uno dei pescatori del suo villaggio e dall'odore non poteva essere altrimenti. Si era portato dietro il fiume. Seung Hyun aveva cercato di dimenticarlo, invece era tornato a scuotere le narici tutto in una volta. Storse il naso e aggrottò la fronte.

«Non lo farà. Tre uomini abili, da morti, non serviranno a molto e il Generale è un uomo che non tollera gli sprechi» rispose, senza mascherare la stizza.

Il ragazzo, che teneva stretta una sacca sulla spalla, si accorse solo allora di lui. Abbassò la testa e quando lo vide esplose in una risata. Avrebbe dovuto trovarla sgradevole, ma sembrava sincera, non impressa di derisione.

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