Capitolo Sedici

103 19 55
                                    

Min Rin coprì il volto con un fazzoletto nero

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Min Rin coprì il volto con un fazzoletto nero. I capelli sciolti sulle spalle si accordavano al buio della notte. Poteva anche non aver acquisito la padronanza in tutte le arti femminili, ma nascondersi e intrufolarsi nei posti più improbabili le era sempre riuscito bene.

Dopo l'ultimo incendio le strade di Seorabeol erano vuote. Fatta eccezione per i bevitori assidui che vagavano senza meta, e i soldati che passavano durante le ronde.

Costeggiò gli empori e le case costruite al limitare della città, fino ad arrivare alle Porte Sud. Una locanda si innalzava su un piano solo, un pino ombreggiava su di essa. Min Rin vi girò attorno ed entrò nella latrina costruita lì accanto. Nonostante il fazzoletto che le copriva il naso, odori nauseabondi la intorpidirono. Picchiò la parete di fondo con un pugno e questa si aprì a metà. Si fiondò nell'anticamera e chiuse l'anta per allontanare il terribile olezzo. Raccolse una lanterna posta sulla parete e illuminò scale in pietra che attraversavano il buio.

Min Rin scese con lenta attenzione. Prima di posare il piede fuori dall'ultimo scalino un paio di mani la strattonarono per le spalle. La lanterna cadde a terra e illuminò il pavimento roccioso. Mugugnò, si ribellò fra le braccia che la trascinavano via, ma non riuscì a liberarsi. I due uomini che la tenevano ferma la gettarono in ginocchio in una stanza in penombra.

«Abbiamo catturato un'intrusa, Ahjusshi[1]!» esclamò uno di loro.

Min Rin sollevò il mento verso un tavolo rotondo. Lì seduto vi era Goo Myung. I capelli corvini coprivano la fronte, fili bianchi scendevano fino alle orecchie e macchie nere, trucco sfumato, circondavano la linea degli occhi.

«Avete catturato qualcuno che conoscete bene.»

Uno dei due uomini increspò le labbra. Si piegò alla sua altezza e tirò in basso il fazzoletto nero. Min Rin digrignò i denti.

«Buddha misericordioso!» strepitarono entrambi e si inginocchiarono «non vi abbiamo riconosciuta, Agasshi[2]!»

Non diede retta a nessuno dei due. Dopo che la aiutarono a rimettersi in piedi Min Rin si avvicinò al tavolo. Gli occhi scuri di Goo Myung divennero più visibili sotto le luci delle lanterne. Non vi era stato un momento, uno solo, in tutti quegli anni in cui non lo avesse odiato. Non le importava quali ideali lo muovessero, tollerare la sua presenza era impensabile. La sua sola esistenza metteva a rischio la tranquillità dei Park.

«A cosa devo l'onore?» le domandò, rimanendo seduto.

Min Rin si avvicinò e batté i pugni sul tavolo. Le labbra tremarono, cariche di furore.

«Sono qui per farvi una richiesta. Desidero che andiate via, voi e tutti i Ribelli. Lasciate Seorabeol e tornate nei territori che mio padre ha predisposto per la vostra gente.»

«Altrimenti?»

La domanda di Goo Myung, accompagnata dal suo fare impassibile, la infastidì. E la mise alle strette. Era piombata lì, con la sola forza di volontà, pensando di poter rovesciare ideali di un uomo nutriti per anni in un solo respiro. Era stata avventata, come suo solito.

Il Crisantemo d'AutunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora