Capitolo Ventiquattro

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Qualunque malattia lo avesse afflitto, qualunque dolore lo avesse spezzato, nulla equivaleva a ciò che Seung Hyun aveva provato nel vedere Kang Jo precipitare dalla grande porta

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Qualunque malattia lo avesse afflitto, qualunque dolore lo avesse spezzato, nulla equivaleva a ciò che Seung Hyun aveva provato nel vedere Kang Jo precipitare dalla grande porta. Nonostante avesse compreso le sue intenzioni, non era riuscito a fermarlo. Era piombato giù con una tale leggerezza che il tempo si era come fermato. Non era nemmeno riuscito a comunicargli quanto fosse stato importante per lui, quanto fosse legato a lui, quante inutili scuse avrebbe voluto pronunciare. E aveva oltrepassato quella vita come un amico sincero, tutto a causa sua, di una debolezza che non aveva saputo superare.

Non aveva permesso a nessuna mano indegna di sollevarlo dalla morte. Lo aveva raccolto lui dalla pozza di sangue in cui era annegato. I capelli neri, scomposti, si erano insozzati di polvere rossa. Caricandolo fra le braccia, il mento esangue di Kang Jo cadde sulla sua spalla e Seung Hyun ebbe la sensazione che respirasse ancora. Non era che la sua immaginazione, il desiderio di vederlo sorridere, di udire la sua voce.

Lo trascinò per tutta Seorabeol, nonostante avesse le gambe appesantite dai dolori della tortura. Si fermò più volte per sistemare il corpo del proprio amico, perché non risentisse di quel viaggio funebre. Quando giunse davanti alla dimora del Ministro Choi, le guardie lo fissarono con le labbra schiuse. Si inchinarono davanti al loro Doryeonim, mostrando un rispetto che avevano sempre avuto.

«Choi Kwan Go!»

Seung Hyun lo chiamò a gran voce una volta subentrato nel piazzale principale. Così tante volte che la saliva si seccò. Le lacrime avevano smesso di scendere, i piedi affondarono con più forza nella terra per sostenere un corpo sempre più pesante, persino le braccia avevano preso a tremare.

Sulla veranda comparve il Ministro, come fosse stato richiamato da un cattivo auspicio. Indossava una veste normale, i capelli non erano ancora stati acconciati secondo la consuetudine e ricadevano molli sulle spalle. Dal viso ancora giovane, ovale, guizzò uno sguardo terribile. Mentre Seung Hyun si inginocchiava a terra, tenendo ancora Kang Jo fra le braccia, quel padre che aveva rigettato il proprio figlio gli crollò accanto. Per la prima volta vide nel Ministro insicurezza, tensione, malinconia. Le mani tremarono quando raccolsero Kang Jo, per portarlo stretto al petto. La veste si insozzò di sangue che era fluito via dalla nuca.

«Non avevo ordinato di ucciderlo, ma di catturarlo. Solo di catturarlo!» gridò il Ministro, in un abbraccio che lo lasciò tremare.

Seung Hyun chinò la testa e strinse i pugni sulle ginocchia immerse nella terra.

«Se lo aveste catturato sarebbe rimasto imprigionato in una gabbia eterna, perché nonostante fosse contrario a voi, non avrebbe mai tentato di uccidervi. Il solo modo che aveva per uscire indenne era andarsene così. E siete stavo voi a spingerlo giù» grugnì Seung Hyun, trattenendo le lacrime.

Il Ministro non osò dire nulla. Continuò a cullare un corpo morto, che non aveva più calore da restituire. In quella vita così difficile era ancora più difficile ricordarsi di essere padre, anziché un uomo di stato.

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